domenica 2 ottobre 2011

Se la scuola rinuncia alla storia dell'arte


Radicaliperugia ha ricevuto nei giorni scorsi una lettera che pubblichiamo:
vale la pena fare una premessa. in seguito ai mancati incarichi del personale docente precario per la classe di concorso –A061 storia dell’arte- e alla forzata mobilità di docenti di ruolo nella stessa disciplina che hanno perso la loro titolarità  è emersa in tutta la sua gravità una delle molteplici situazioni paradossali di questo paese: l’insegnamento di questa materia è stato fortemente penalizzato dalla riforma Gelmini che ne ha cancellato definitivamente lo studio da tutti i corsi professionali e tecnici. In un paese che vanta l’85% del patrimonio storico artistico mondiale questo fatto è del tutto scandaloso Nei giorni scorsi il dibattito sulla questione è divampato sulla stampa: anche in seguito a notizie parziali e infondate divulgate dal Ministero dell’Istruzione che smentiva lo stato delle cose di fronte a dati numerici oggettivi, illustri intellettuali dal critico Bertelli alla presidente onoraria del FAI Crespi hanno espresso chiaramente il loro pensiero in proposito. Il paese non può che rimetterci se non si provvede ad impartire una adeguata conoscenza dei beni storico artistici , insegnando ad analizzare e riflettere con spirito critico per garantirne la valorizzazione e la conservazione.

Di seguito la lettera ricevuta:Mi preme evidenziare una situazione che non deve passare inosservata.Il caso mi tocca personalmente come insegnante precaria, ma quanto si sta verificando non può essere sottovalutato da chiunque abbia a cuore le sorti di questo paese. Il fatto è che nella patria di Giotto e di Michelangelo la riforma della scuola superiore ha cancellato da molti indirizzi scolastici, soprattutto negli istituti professionali, lo studio della storia dell’arte.

Un primo controsenso appare lampante: il turismo è una risorsa fondamentale del paese, un settore che va potenziato, ma è evidente che l’obiettivo è l’indotto, non la qualifica degli operatori.

In altri ambiti della formazione il fatto è più sottile: il designer o il grafico, il cui talento creativo trae ispirazione dal passato e dalle tradizioni come dall’originalità delle idee del presente, può sfuggire al controllo di chi è interessato a omologare i gusti e le tendenze della gente per motivi speculativi, economici e ideologici. L’arte “degenerata” sobilla le masse e spaventa i regimi .

In sintesi: meglio non insegnare a pensare e ad avere senso critico.

Questo è quanto accade e nessuno si è mosso. Penso ad enti quali il FAI, alle Sovrintendenze ai beni culturali che, sebbene dipendenze periferiche del ministero, mantengono comunque qualche autonomia: nessuna voce di protesta.

Sono convinta che il discorso sia strettamente connesso con un disegno politico più ampio volto ad annientare la possibilità di una formazione culturale che può essere di disturbo.

Lucia Mazzuccato

3 commenti:

  1. Marco Filippa02/10/11, 17:46

    Carissima Lucia,
    sottoscrivo integralmente il tuo pensiero. Insegno discipline grafiche in quello che ora è diventato un Istituto Tecnico e che prima era un Istituto Professionale. Ho due abilitazioni (A007 e A061) ma credo finiro' per avvalermi soltanto della prima per le ragioni che tu ben chiarisci sugli effetti di questa (contro)riforma Gelminiana. La Storia dell'Arte e la cultura artistica in Italia sono prossime alla rottamazione e il problema temo non sia neppure strategico ma semplicemente frutto di una drammatica ignoranza che è la medesima, per metodi e sostanza, che (non)governa questo nostro "bel paese" da troppi anni... il Berlusconi è la punta di questo iceberg dopo, con lo scioglimento dei ghiacciai, possiamo solo aspettarci il deserto e augurarci che qualche stilita ci illumini...
    grazie Lucia (un compagno Radicale del piemonte)

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  2. Carissimi,
    io non sono del parere del cosiddetto taglio della Storia dell'Arte.
    Per me è una questione di maturità culturale e professonale del corpo docente e dei Dirigenti. Questa maturità non c'è mai stata di fatto e non c'è neppure con il mantenimento formale della disciplina.
    Nella sostanza, le competenze culturali e storiche del nostro patrimonio artistico sono palesemente dichiarate quali esiti obiettivo degli istituti professionali ad indirizzo commerciale. Rimangono due libere vie per gli Istituti:
    a)continuare a tenere gli occhi chiusi e contestare il disimpegno per la storia dell'arte
    b)rivedere i piani di lavoro, aggiornarsi e integrare la storia della'arte con ciò che si insegna.
    Cosa dire di coloro che non hanno mai voluto integrare la propia disciplina, compresi coloro che insegnano Storia dell'Arte?
    Formalmente la sopravvivenza della discipina, con la sua autonomia, dipende esclusivamente dal Collegio docenti e dal Dirigente. Sempre una questione culturale, ma soprattutto una questione di strategia formativa territoriale!
    La centralità è lo studente e le risorse territoriali, non più la disciplina e le esigenze di stipendio del docente. Se si integrano centralità dello studente, risorse culturali e artistiche territoriali da comunicare e valorizzare si rende necessario lo stipendio del docente di Storia dell'arte.

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  3. Volevo segnalare il mio blog: alacchi.blogspot.com sull'insegnamento negli Istituti Professionali

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