domenica 20 ottobre 2013

45 anni fa, il 19 ottobre 1968, moriva Aldo Capitini, un nonviolento aperto, libero, religioso.

Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo.
a.m.
di Mao Valpiana presidente del Movimento Nonviolento.

L’ho visto solo nelle poche foto in bianco e nero. Mi ha sempre piacevolmente stupito il contrasto fra quell’aria austera dietro gli occhiali spessi e il suo indomabile spirito giovanile, aperto e innovativo, in perenne ricerca. Aldo Capitini muore il 19 ottobre 1968. Noi ultra cinquantenni di oggi non l’abbiamo conosciuto, eravamo ancora troppo piccoli. Di lui abbiamo sentito parlare solo qualche anno più tardi, ai tempi degli obiettori in carcere, della legge 772, delle prime esperienze di servizio civile. Abbiamo scoperto così che non siamo stati i pionieri ma che qualche decennio prima di noi un professore antifascista già difendeva l’obiezione di coscienza e organizzava le Marce per la pace. Incominciavamo a muovere i primi passi nel campo sociale e politico, e leggere «Teoria della nonviolenza» o «Le tecniche della nonviolenza» ci faceva intuire quanto è vasto l’orizzonte della nonviolenza e ci invogliava a correre in avanti, per vedere un po’ più in là. Molti nostri coetanei preferivano le barricate, sognavano la guerriglia e sceglievano simboli con i fucili. Noi ci siamo affezionati al fucile spezzato che spuntava dalle pagine della rivista «Azione nonviolenta». Ci sentivamo vicini alla voglia “rivoluzionaria” di cambiamento dei tanti movimenti giovanili di sinistra ma ci allontanava quel loro compiacimento della violenza, a volte “dolorosa ma necessaria”, altre volte “levatrice della storia”.

Il percorso culturale e politico di Aldo Capitini, che abbiamo approfondito leggendo i suoi libri, ci sarà di grande aiuto.

giovedì 17 ottobre 2013

La finta abolizione del finanziamento pubblico ai partiti

Contributo di Michele Guaitin, tesoriere di Radicaliperugia.orgi dal blog http://gattosilvestropg.blogspot.it/

E’ stata approvata dalla Camera la nuova legge che dovrà regolamentare il finanziamento dei partiti politici. Ora la palla passa al Senato per l’approvazione finale. Chi ha approvato la nuova disciplina, e cioè i partiti che sostengono questo Governo, ma anche la Lega, si riempie la bocca come al solito di belle parole, parla di svolta epocale e della fine del finanziamento pubblico dei partiti che d’ora in poi saranno invece finanziati dai privati. E’ lo stesso titolo dell’articolo 1 della nuova legge che sentenzia: “abolizione del finanziamento pubblico dei partiti”. E’ una bugia! Vediamo perché.
La riforma poggia su due ambiti:
1) Donazione dei privati (persone fisiche o società) entro un tetto massimo di 300 mila euro (sic!) che potranno godere di una detrazione irpef pari al 37% per importi fino a 20.000 euro e pari al 26% per importi da 20.001 a 70.000 euro. In più c’è una detrazione irpef pari al 75% (fino a un massimo di 750 euro) per “l’iscrizione a corsi o a scuole di formazione politica” (?!?).
Quindi se ad esempio uno dona 100 euro a un partito politico a sua scelta nel corso del 2014, in fase di dichiarazione dei redditi recupererà 37 euro in termini di minore irpef da versare (da notare che le donazioni per le Onlus entro il tetto massimo di circa 10 mila euro godono di una detrazione del 19% e che il Governo con la legge di stabilità appena presentata diminuisce le detrazioni irpef per le spese mediche, per scuola e università e per gli interessi sul mutuo prima casa dal 19% al 17%).

2) Il sistema del 2 per mille. In sostanza in fase di dichiarazione dei redditi, il contribuente può decidere di destinare il 2 per mille della sua irpef a uno specifico partito politico. Quindi supponiamo che un contribuente debba pagare 5 mila euro di irpef. In fase di dichiarazione dei redditi può decidere di destinare il 2 per mille della sua irpef, pari a 10 euro, a un partito politico a sua scelta. Oppure può decidere di lasciare i 10 euro alla fiscalità generale dello Stato non indicando nessun partito.
In entrambi gli ambiti è facile capire che sempre di finanziamento pubblico si parla
Nel primo caso dei 100 euro destinati al partito, 63 euro li mette il cittadino e37 li mette lo Stato in termini di minore irpef incassata per via delle detrazioni concesse.
Nel secondo caso tutte le quote di 2 per mille destinate dai contribuenti ai partiti vengono a tutti gli effetti messe sul piatto dallo Stato in quanto sottratte dall’irpef della fiscalità generale.
Forse un passo avanti rispetto al passato sperando che non si assista più a elargizioni statali oltre ogni limite di decenza, ma è sempre finanziamento pubblico. Quindi il referendum del 1993 (quasi il  94% di elettori che scelse l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti) resta inesorabilmente calpestato.
Quanto a discorsi più importanti come la trasparenza nei bilanci, la pubblicità degli elenchi dei donatori e le eventuali sanzioni per irregolarità nei bilanci dei partiti… beh lì siamo ancora a livelli preistorici.
Ma c’è un altro discorso importante che va considerato: questa riforma del finanziamento ai partiti rischia di essere una riforma iniqua e classista.
Nella disciplina attuale i partiti si spartiscono un bottino (esagerato) in base ai voti presi alle elezioni, quindi il PD prende un po’ più del M5S (che, va ricordato, in realtà non ha preso neanche un centesimo avendo coerentemente rifiutato il finanziamento pubblico ad esso spettante), che prende un po’ più del PDL e così via in proporzione alla percentuale dei voti delle ultime elezioni.
Un metodo forse discutibile ma oggettivo e “equo” perché ipotizzando una campagna elettorale dove tutti partono alla pari (e sappiamo che non è così) chi è più bravo e prende più voti, prende anche più quattrini.
Con la riforma invece cosa succede?
Mentre col vecchio sistema ogni persona vale nella stessa misura (1 voto),col nuovo sistema i partiti preferiti dai più “ricchi” avranno molti più soldi dei partiti preferiti dai più “poveri”.
Perché da un lato, è ovvio che una persona con maggiori disponibilità economiche ha più possibilità di fare donazioni cospicue ai partiti. Questo ovviamente è vero anche se si decidesse di adottare un sistema totalmente basato sulle donazioni dei privati ma con questa riforma il 26% o il 37% è comunque messo dallo Statocon le tasse di tutti i cittadini.
Dall’altro lato, il 2 per mille dell’irpef dei più facoltosi è molto più consistente del 2 per mille delle persone meno facoltose. Anzi, le fasce più povere della popolazione non pagano irpef, per cui il loro 2 per mille è esattamente pari a zero.
Quindi, enfatizzando il concetto, il maggior finanziamento non andrà al partito che ha preso più voti ma al partito i cui elettori sono i più ricchi e che presumibilmente tenderà a difendere gli interessi di questi gravando per la maggior parte sulle spalle di tutti.
E’ questo dunque un sistema equo? Ciascuno tragga le sue conclusioni.
La legge poi prevede anche un'altra "chicca": fino al 2017 rimarrà in piedi il vecchio regime (con una decurtazione media di circa il 50% dei fondi previsti) affiancato dal nuovo regime. Per cui potrebbe verificarsi anche il paradosso che nei prossimi 3 anni i partiti riescano a incamerare una cifra anche maggiore rispetto a quella prevista dalla legge attuale.
La mia idea è molto più semplice e aderente al risultato referendario: i partiti devono finanziarsi unicamente mediante contributi dei privati (sulle società ci andrei molto più cauto) mediante quote di iscrizione annuali e donazioni libere con un tetto massimo molto inferiore rispetto ai 300 mila euro di questa riforma (proprio per evitare sproporzioni forti nelle donazioni tra chi può molto e chi può di meno) e soprattutto senza alcuna agevolazione fiscale. Poi magari lo Stato può farsi carico di fornire ai partiti e ai movimenti una serie di servizi in condizioni paritarie come mettere a disposizione luoghi per assemblee e convegni, garantire un efficiente servizio di autenticatori per la raccolta di firme, dare modo di pubblicizzare le iniziative politiche, ecc. ecc.
Ad esempio non mi dispiace che in questa nuova legge (perché comunque non è tutta da butare) sia stata inserita la possibilità di fare le donazioni con un sms(tipo quelli solidali).
In questo modo tutti, ma veramente tutti, possono fare una piccola donazione di 1, 2 o 5 euro al proprio partito di riferimento e soprattutto i partiti possono abbinare l'sms a una particolare iniziativa (una raccolta di firme, un convegno, ecc. ecc.) in modo tale che chi la apprezza non avrà difficoltà a fare questa piccola donazione estemporanea. Un modo anche per stimolare i partiti a fare iniziative che vadano incontro alle reali esigenze della cittadinanza.

La lotta per i diritti umani nella paradossale realtà dei servizi per la salute mentale

Ancora crimini: i processi della dipendenza e invalidazione nel circuito della vecchia psichiatria clinica
di Eleonora Favaroni
 
Il volto della follia
 Il 13 maggio 1978 entrava in vigore la legge 180 , la cosiddetta Legge Basaglia  con la quale si stabiliva la definitiva chiusura dei grandi ospedali psichiatrici.
35 anni  sono passati da quel movimento che tanti salutarono come momento di svolta politica e sociale e  videro come profondamente rivoluzionario .
In realtà ancora prima del processo di deistituzionalizzazione , vi   era la forte consapevolezza e certezza che ci sarebbe voluta una battaglia ben più grande  per liberarsi   dal retaggio di un  passato ancora fortemente presente e vincolante.
Lo stesso Basaglia diceva  “ Il rapporto medico-paziente  sarà sempre istituzionalizzato . Questo è il pericolo cui può andare incontro il nostro futuro ospedale comunitario. Ci limitiamo a traslocare entro mura trasparenti la nostra struttura gerarchico-autoritaria”.  (Varese, 1966 Annali Neuropsichiatria ).
Difatti la legge 180 non ha fatto altro che riportare la vecchia  realtà e ideologia manicomiale frammentandola e legittimandola sul territorio tramite altrettante istituzioni totali quali sono oggi i Centri di salute mentale , le CTR e i Reparti di Diagnosi e Cura.

mercoledì 9 ottobre 2013

Giovedì 10 ottobre, ore 21 a Magione ricordo di Giovanni Moretti, studioso del dialetto, socialista, radicale

Giovedì 10 ottobre, ore 21, Teatro Mengoni, Magione
AUTORITÀ, COLLEGHI E AMICI RICORDANO
LA FIGURA POLITICA E CULTURALE DI GIOVANNI MORETTI
Docente universitario, studioso delle forme dialettali umbre, fu amministratore e promotore, a Magione, del Museo della pesca, della Cantina sociale, della Pro Loco

MAGIONE, 5 ottobre 2013 - Giovedì 10 ottobre a Magione pomeriggio dedicato al ricordo della figura del professor Giovanni Moretti. L’iniziativa è organizzata congiuntamente dal comitato di amici costituitosi nel giugno scorso, dal Comune di Magione e dalle associazioni più legate alla sua lunga e importante attività nei campi della politica, della cultura e del sociale.
Su iniziativa e stimolo di Giovanni Moretti, infatti, nasce la locale Pro Loco, la Cantina sociale di Magione, il Museo della pesca di San Feliciano. Al suo impegno si deve l'accordo con i postelegrafonici del Belgio che consentì l’arrivo di centinaia di turisti, tra cui molti giovani studenti, nel campeggio di Monte del Lago e nella Colonia di Torricella. A lui si devono due importanti pubblicazioni: l'Atlante linguistico dei laghi italiani e il Vocabolario del dialetto di Magione, del quale, per l’occasione, saranno messe in vendita le ultime copie.
Il programma prevede alle ore 16, presso il Cimitero di Magione, un omaggio alla tomba dell'illustre concittadino, venuto a mancare otto anni fa, con deposizione di una corona da parte dell’Amministrazione comunale, nella persona del Sindaco Massimo Alunni Proietti.
Alle ore 21, presso il Teatro Mengoni, serata dedicata al ricordo della figura di Moretti attraverso i racconti di chi lo ha conosciuto: autorità, amici, colleghi, collaboratori, ex allievi. Al giornalista Riccardo Marioni, magionese, è stato affidato il compito di intervistare i testimoni di un’importante capitolo della vita politica, sociale e culturale di Magione. Le testimonianze saranno precedute dalla proiezione di un filmato, realizzato per l'occasione, con immagini e documenti storici inediti tra cui spiccano, per il valore documentario, riprese del 1945 quando Giovanni Moretti, studente di soli 19 anni in accordo con l'amico Aldo Capitini, fondò a Magione il “Centro di rieducazione politica e sociale”; del 1960 quando in qualità di assessore all'istruzione e cultura del Comune di Magione indica, con sorprendente lungimiranza, la futura scuola dell'obbligo a 14 anni, unica, aperta a tutti i ceti sociali, dotata di servizi moderni come la refezione e il trasporto degli studenti.

«La serata di giovedì 10 - affermano gli organizzatori - si presenta sotto i migliori auspici per la sua piena riuscita, perché di fatto la commemorazione di Giovanni Moretti, iniziata in sordina due mesi fa con la vendita del Vocabolario del dialetto di Magione, ha dato risultati straordinari ed impensati. Del volume, considerato esaurito ma riemerso dai magazzini della Università di Perugia in un numero considerevole, sono già state vendute oltre quattrocento copie, acquistate prevalentemente da giovani coppie, molte delle quali del libro pubblicato 40 anni fa non conoscevano nemmeno l'esistenza».

Ecco il messaggio di Napolitano alle Camere: impossibile ridurlo ad un intervento pro Berlusconi

Da non credere che le dichiarazioni polemiche sul messaggio di Napolitano alle Camere riducono tutto ad un provvedimento pro o contro Berlusconi. Leggere per credere.
Testo tratto dal sito di Radio radicale

Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla questione carceraria

8 ottobre 2013
CarceriCarceri
Onorevoli Parlamentari,
nel corso del mandato conferitomi con l’elezione a Presidente il 10 maggio 2006 e conclusosi con la rielezione il 20 aprile 2013, ho colto numerose occasioni per rivolgermi direttamente al Parlamento al fine di richiamarne l’attenzione su questioni generali relative allo stato del paese e delle istituzioni repubblicane, al profilo storico e ideale della nazione. Ricordo, soprattutto, i discorsi dinanzi alle Camere riunite per il 60° anniversario della Costituzione e per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. E potrei citare anche altre occasioni, meno solenni, in cui mi sono rivolto al Parlamento. Non l’ho fatto, però, ricorrendo alla forma del messaggio di cui la Costituzione attribuisce la facoltà al Presidente.

martedì 8 ottobre 2013

La lotta per i diritti umani nella paradossale realtà dei servizi per la salute mentale

Dal sito psichiatriadiconsultazione.it
La nostra compagna Eleonora Favaroni ci ha inviato questo contributo che volentieri pubblichiamo
   
Il 13 maggio 1978 entrava in vigore la legge 180 , la cosiddetta Legge Basaglia  con la quale si stabiliva la definitiva chiusura dei grandi ospedali psichiatrici.
35 anni  sono passati da quel movimento che tanti salutarono come momento di svolta politica e sociale e  videro come profondamente rivoluzionario. In realtà ancora prima del processo di deistituzionalizzazione , vi   era la forte consapevolezza e certezza che ci sarebbe voluta una battaglia ben più grande  per liberarsi   dal retaggio di un  passato ancora fortemente presente e vincolante. Lo stesso Basaglia diceva  “ Il rapporto medico-paziente  sarà sempre istituzionalizzato . Questo è il pericolo cui può andare incontro il nostro futuro ospedale comunitario. Ci limitiamo a traslocare entro mura trasparenti la nostra struttura gerarchico-autoritaria”.  (Varese, 1966 Annali Neuropsichiatria ). Difatti la legge 180 non ha fatto altro che riportare la vecchia  realtà e ideologia manicomiale frammentandola e legittimandola sul territorio tramite altrettante istituzioni totali quali sono oggi i Centri di salute mentale , le CTR e i Reparti di Diagnosi e Cura.
Oggi nel Ventunesimo secolo  siamo tornati a una società controllante e normalizzante  . In ogni società  ci deve essere un consenso basato su una serie di norme  cui tutti devono adeguarsi  per assicurare legalità .
Alla luce dei tempi odierni si è assistito a un ristagno, regressione e peggio involuzione dei servizi psichiatrici  ove sopravvive la logica della vecchia psichiatria  classista  e coercitiva basata su contenimento, controllo, abuso di psicofarmaci. La vecchia psichiatria clinica  risulta ancorata saldamente a schemi del passato : diagnosi ed etichettature da manuale prive di fondamento e attendibilità scientifica ,  assenza di psicoterapia relazionale , ascolto e diritti. Soprattutto il diritto ad  avere diritti . Il corpo e la mente diventano oggetti da manipolare e strumentalizzare. In questo modo si perpetuano ancora oggi  abusi e violenze ; veri crimini  taciuti. Tanta psichiatria si arroga il diritto e il potere  di riconvertire  il bisogno in una forma di controllo e limitazione tralasciando la centralità della persona, la sua unicità e vissuto esperienziale.
Il circuito della psichiatrizzazione  alimenta i processi della  stigmatizzazione, generalizzazione ed inevitabilmente l’errore. Questo è uno dei maggiori inspiegabili paradossi dell’apparato psichiatrico, quello che Castel definiva la grande “ contraddizione psichiatrica”.
Si parla ancora di istituzione totale, essendo ben lontani dal progetto e idea di ospedale o struttura comunitaria di cui gli inglesi  ( Maxwell Jones, le Kingsey hall di Laing o l esperimento di Cooper , Villa 21) avevano già per primi dato esempio.
Da sottolineare  che l’80% delle risorse del Fondo monetario sanitario viene impiegato  nei ricoveri presso i reparti di diagnosi e cura .
Il TSO ,dichiarato come “trattamento straordinario”proprio dalla famosa Legge 833, si è rivelato invece mezzo abusato di medicina difensiva inutile e malsana .
Vengono prescritti TSO con troppa facilità  e senza consenso, la maggior parte  dei quali  fatti passare per trattamenti volontari .La maggior parte degli SPDC inoltre, come quello di Perugia ,sono ancora a porte chiuse e viene utilizzata la contenzione meccanica ; risultano difficoltosi gli scambi con l’esterno e con i familiari stessi ,  ambienti e stanze esigue, buie e spazi troppo ristretti e insufficienti.
In Umbria per il 2011 sono stati stanziati dal Fondo Monetario regionale , 578 milioni di euro  di cui  trenta milioni per l’assistenza  psichiatrica  che ha assorbito il 50% delle risorse.
Nonostante ciò, il servizio risulta vetusto, antiquato e ancora chiuso in un sistema poco efficace e aperto.
Sopravvivono condotte e linee terapeutiche impostate su strumenti sorpassati, diagnosi, comunicazione  e informazione superficiale, poco trasparente e mistificante.
Un vero atto terapeutico consiste nel voler cercare alternative  valide :. laddove non esiste alternativa non può esserci libertà e rispetto  ma solo sopruso e deprivazione .

  

Eleonora Favaroni