sabato 28 aprile 2007

Ratzinger e la figlia del parroco

Il buon Bordin ha citato l'articolo nella sua rassegna stampa quotidiana.
Lo riportiamo integralmente (siamo sicuri che non troverà ospitalità nei quotidiani), non tanto per la notizia, ma casomai ve ne fosse ancora bisogno, per l'ennesima conferma della considerazione che le gerarchie vaticane hanno dell'universo maschile e femminile.
Mentre il Parlamento Europeo si è impegnato in importanti dichiarazioni contro l'omofobia, mi preme puntualizzare che l'intolleranza è un fenomeno omnicomprensivo che riguarda tutti i rapporti sociali e che tocca l'idea stessa di rapporto e convinvenza, sia civile che affettiva.


Ratzinger e la figlia del parroco


Cos’è la libertà d’informazione? Se ne scrive e se ne parla, si dibatte, si polemizza, escono articoli, saggi: è il grande tema della società mediatica, un nodo fondamentale della democrazia e della partecipazione. Noi per spiegare di che si tratta facciamo due esempi. Il primo riguarda La Stampa e il secondo il Giornale. Vediamo: il giornale torinese racconta una storia bella e triste. Il titolo dell’articolo: “La figlia del parroco e il cardinale Ratzinger”. Sembra la pubblicità di un film. Invece è una storia vera, raccontata alla “ Sueddeutsche Zeitung” da una giovane donna, Veronika Egger, figlia di un prete. Faceva la prima elementare. La maestra durante l’ora di religione spiegava che nell’ostia c’è il Corpo di Cristo. Veronika alza la mano e dice che lei queste cose le sapeva perché suo padre era un sacerdote. Da quel momento la vita della bambina è stata un tormento. La madre era già stata richiamata subito dopo la nascita dall’arcivescovato di Monaco. Il cardinale era Ratzinger che attraverso il vicario le comunicò – riferisce La Stampa – che “doveva interrompere qualunque contatto con il padre della bambina, come donna, portava l’intera colpa del fattaccio e, se non voleva rovinare la carriera del sacerdote, era bene che non divulgasse la vicenda.” In effetti i rapporti tra il prete e la donna non furono mai interrotti, ogni tanto si vedevano ma Veronika soffriva terribilmente per questa situazione. Sentiva che non aveva una vera famiglia. Si ammalava, mal di testa, mal di schiena, infezioni, perdita di tutti i capelli. Non va più a scuola, scrive poesie dove parla di suicidio. Poi si ribella a se stessa. Dice alla “Sueddeutsche Zeitung” mi sono riappacificata con la mia storia. Lui si preoccupa di noi. Bada che non ci manchi nulla. Un giorno vivremo tutti insieme. Oggi abita con la madre in una casa al margine della foresta nera che il padre ha comprato per loro. Veronika, malgrado l’allora Cardinale Ratzinger, sente di avere una famiglia. Nessun commento. La storia parla da sé. E’ il prodotto della libertà di stampa. Anche se, speriamo di essere smentiti, non troverà, molta eco nel mondo dell’informazione. Di sicuro Bruno Vespa la ignorerà nel suo ‘Porta a Porta’. Il secondo esempio lo prendiamo dal ‘Giornale’. Il Parlamento europeo ha approvato una mozione antiomofobia che condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali”. Tre eurodeputati italiani di rifondazione e dei verdi avevano proposto che nel testo della mozione figurasse anche il presidente della Cei Monsignor Bagnasco. Però questo passaggio non è comparso nella mozione. Il “Giornale” titola “UE, la Sinistra scomunica Bagnasco”. La chiesa si scatena e il Giornale titola ancora “La rabbia della Chiesa: attacchi ignoranti. Ruini: pallottole di carta”. Nell’articolo si afferma fra l’altro “ anche il vecchio continente comunque è sembrato incamminarsi nella strada intrapresa in Messico, dove il mai sopito anticlericalismo radicale ha messo sotto accusa il papa e il cardinale primato per aver osato intervenire contro la legge sull’aborto approvata due giorni fa.” Sempre il Giornale si fa cassa di risonanza dell’agenzia Sir dei settimanali cattolici, del quotidiano della Cei, della radio vaticana. La Sir parla di falso, falsificazione, disinformazione, propaganda comunista. “Il rischio – scrive l’agenzia – è che la falsità generi odio”. Altro titolo del Giornale: “Deriva anticlericale che alimenta l’eversione”. Anche questa è libertà di travisare i fatti, libertà di disinformare i cittadini. Certo la professione giornalistica è altra cosa. C’è una deontologia che prevede in primo luogo il massimo dell’obiettività possibile nel raccontare i fatti. Ma questo non fa parte del Dna del Giornale.


Ratzinger e la figlia del parroco, venerdì 27 aprile 2007, Rosso di Sera


 


giovedì 26 aprile 2007

Liberi di poter scegliere

Sabato 21 aprile 2007 ha avuto luogo il secondo congresso provinciale di Arcigay Perugia che ha eletto il nuovo consiglio direttivo.


A due anni dalla riorganizzazione strutturale di Arcigay, questo congresso provinciale è un appuntamento che riveste particolare importanza per l’attenzione che l’agenda politica e la società civile hanno finalmente concesso alle questioni delle unioni civili e dei diritti delle persone omosessuali. In questi mesi di grande attesa, tutte le cittadine lesbiche ed i cittadini gay stanno vivendo con speranza e passione la battaglia in favore di una buona legge sulle unioni civili e di una legge contro le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, rivendicazioni che quest’associazione porta avanti da oltre vent’anni.


"Liberi di poter scegliere" è il titolo scelto per questo secondo congresso provinciale, perché le lesbiche ed i gay di questo paese vogliono essere finalmente liberi di potersi unire in matrimonio civile o scegliere di rimanere coppia di fatto, come fanno tutti gli altri cittadini eterosessuali. Perché in un paese democratico, laico e moderno deve essere concessa a tutti i cittadini, senza distinzione di genere, la possibilità di scegliere come vivere i propri rapporti di coppia. La tesi congressuale, con la quale il nuovo direttivo provinciale si candida a guidare l’associazione lgbt perugina, fissa un chiaro orizzonte per la futura azione politica:


"pari dignità, pari diritti", parole diventate ormai simbolo della lotta del movimento omosessuale italiano. Altri punti importanti, sui quali si concentra la tesi congressuale, sono la lotta alle discriminazioni e alle violenze omofobiche, l’incremento dei servizi e delle attività che l’associazione offre alla comunità lgbt e all’intera città e una rinnovata attenzione al problema della prevenzione delle MST (malattie sessualmente trasmissibili).


Tra gli ospiti che interverranno al congresso: l’assessore provinciale Riccardo Fioriti, l’assessore comunale Tiziana Capaldini, la consigliera comunale Maria Pia Serlupini, il segretario dei radicali perugini Tommaso Ciacca e il presidente dell’Arci Perugia Massimo Camerieri.


 




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lunedì 23 aprile 2007

In sciopero della fame per la moratoria della pena di morte

Dalla mezzanotte di domenica 22 aprile anche i radicali umbri Tommaso Ciacca e Francesco Pullia saranno in sciopero della fame a sostegno dell’iniziativa nonviolenta di Marco Pannella per la moratoria della pena di morte e il rispetto dei deliberati del Parlamento italiano e di quelli adottati con urgenza dal Parlamento europeo. Ciacca e Pullia sospenderanno la loro azione alla mezzanotte di martedì 24 aprile riservandosi la decisione di continuarla se non ci saranno concreti segnali positivi da parte del mondo politico e istituzionale. Con l’occasione i due militanti radicali rivolgono un appello ai Comuni, alle Province e alla Regione dell’Umbria affinché, nei modi che saranno ritenuti più opportuni e con gli strumenti più efficaci, sia un apporto al conseguimento dell’abolizione della pena di morte nel mondo.


Tommaso Ciaccia Centro d’iniziativa radicale, Perugia


Francesco Pullia Circolo radicale “Ernesto Rossi”, Terni


venerdì 20 aprile 2007

Comitato Referendario Umbro

Referendum sulle indennità dei Consiglieri Regionali dell'Umbria.


Grazie a Radio Radicale, puoi ascoltare la conferenza stampa del Comitato Referendario Umbro che si è tenuta giovedì 19 Aprile, nella sala Fiume della Regione.


In rappresentanza del C.I.R. era presente Andrea Maori.



martedì 10 aprile 2007

Il pelo nell'uovo

Sull'articolo di Stefano Zecchi, pubblicato domenica 8 aprile 2007 su ilGiornale.it, La festa triste dei figli del divorzio, c'è di tutto, c'è il Papa, il venerdì santo con i milioni d'italiani, la citazione sacra.
Ci sono i valori che non ci sono più e i bambini innocenti, le critiche ai tempi moderni e al consumismo,  la tradizione della famiglia che suona come un schiaffo a chi è divorziato, separato, diviso.
Non si fosse già impegnati nelle proprie riflessioni di genitori e di compagni, verrebbe proprio da incazzarsi a sentirsi tirare in ballo così prepotentemente.
Ma il professore di Estetica non si limita a fare moralismo domenicale, figurarsi, racconta l'aneddoto di una bambina di 7 anni, accompagnata da un hostess sul volo che la porterà a trascorrere le vacanze da suo padre, "appeso al collo un cartoncino con il nome e l'itinerario",
che le si siede accanto, e gli racconta come odia questa festa, ma che vorrebbe anche vedere papà senza lasciare mamma.
Piccolo accenno alle unioni di fatto e poi un tuffo nell'ordine naturale delle cose.
L'ultima trovata d'oltre-tevere, l'ordine naturale delle cose.
Si, viene proprio da incazzarsi, non fosse altro per l'insulto gratuito, quando chi è diviso e magari ha dei figli conosce già bene il daffare necessario per mantenere in piedi i legami e le responsabilità verso gli affetti più cari.
Poi finisco di leggere il pezzo, e penso che c'è di peggio.

Tipo quando ti girano come a quella bambina, e devi farti tutto il volo seduta accanto al professore.


 


domenica 8 aprile 2007

La chimera del giorno dopo

Come ci si può ritrovare incinta per un abuso di potere

 

Può capitare anche in una città come Perugia, che pullula di popolazione studentesca, dunque giovane e potenzialmente feconda, che nell’atto sessuale si rompa un preservativo proprio al momento e nel giorno sbagliato - di sabato sera - e nella giornata successiva non ci sia modo di porre rimedio. Nulla da fare se fosse accaduto dieci o venti anni fa, se non sperare, pregare, esorcizzare una gravidanza non voluta perché non potuta, perché si ha una intera vita dinanzi da affrontare e le esistenze di madre e figlio sarebbero ineluttabilmente compromesse, vittime di un evento che non si può più nei tempi moderni non protrarre per cause di forza maggiore - università e poi lavoro spesso precario e sottopagato.

È invece sconcertante che ancora oggi queste cose accadano: il punto di discrimine si chiama comunemente “pillola del giorno dopo” [1] , il farmaco che non permette l’ovulazione dell’embrione e quindi l’evolversi della gravidanza.

Martina - nome fittizio, storia ahimé verissima - è una studentessa fuori sede come tante e tanti altri a Perugia, ragazza riflessiva, ansiosa ed estremamente critica verso se stessa. L’inconveniente, come sopra descritto, avviene in una notte di un sabato di novembre. La preoccupazione e l’ansia, come è ovvio, prevalgono ed il primo pensiero corre già alla domenica mattina, a quella pillola, che pur avendo effetti collaterali non propriamente assimilabili ad una aspirina, può risolvere tutto senza che si generi una gravidanza dalla quale non rimane che l’invasività di un intervento chirurgico abortivo – con tutti i rischi psicofisici connessi.

La prima tappa, per chi non sa come agire nel caso specifico, è obbligata: la guardia medica. In quella sede Martina si vede rifiutare la propria richiesta; i dottori le dicono che non possono accollarsi la responsabilità, perché “non ginecologi”, di prescriverle un farmaco che, affermano, ha effetti collaterali spropositati. Alla faccia dell’autodeterminazione.

Via da lì, dunque per la prossima rotta: ospedale Monteluce, pronto soccorso. Magari qui l’assistenza nei suoi confronti, spera, sarà migliore. Invece, manco per niente. Tre medici le oppongono la prescrizione, “siamo obiettori” le dicono. Peccato per un fatto incontestabile: la pillola non ha nulla a che vedere con l’aborto, essendo, come la letteratura medica postula, un “contraccettivo di emergenza”. Di conseguenza l’obiezione non è nei confronti della propria coscienza - questo è il principio ben condivisibile della 194 - ma addirittura di quella altrui . Intollerabile.

Uno dei medici in particolare, racconta Martina con voce affranta, l’ha colpita per la scortesia, l’indifferenza e l’altezzosità palesate; “il suo atteggiamento nei miei confronti era quello di un giudice dinanzi all’accusato di un crimine ignobile”. “Tanto hai comunque 72 ore di tempo”, le dicono rassicurandola in modo pilatesco.

Svilita e vessata, Martina fa ritorno a casa, aspettando il lunedì per ottenere finalmente la agognata pillola al consultorio, che le viene puntualmente consegnata con un avvertimento che la costerna: “hai il 30 % di possibilità di rimanere incinta, sono trascorse già 36 ore”. “Ma come! - risponde lei – Televisioni, radio, giornali, perfino i medici di ieri, tutti parlano di 72 ore di tempo limite!”. Questo è il punto: “tempo limite” significa il termine ultimo oltre il quale non vale nemmeno la pena assumere la pillola. In realtà per ogni ora che scorre, il flebile filo che trattiene la spada di Damocle si assottiglia fino a rischiare la lacerazione, l’inatteso. Insomma, se la guardia medica e l’ospedale si fossero comportati come di dovere, allora avrebbero eluso ogni possibilità di gravidanza e, in ultima analisi, di aborto. È il mito delle 72 ore, che causa ogni giorno tante gravidanze evitabilissime.

L’apprensione la fa da padrone, in attesa che quella lapidaria percentuale non si verifichi.
Giorni di attesa e un ciclo mestruale che non ne vuole sapere di arrivare. Sarà una semplice autosuggestione che induce ad uno squilibrio fisiologico? Oppure è davvero incinta?

Non resta che il test di gravidanza: “positivo” è il responso. Sulla scia dell’incredulità e della costernazione Martina non accetta il risultato, che potrebbe in effetti essere fallace. Dunque riprova una seconda volta, poi una terza, una quarta e al quinto tentativo si rassegna alla forza dell’evidenza.

I giorni passano e alla rabbia per non aver evitato l’evitabile, si somma il crescente dilemma sul che fare: abortire o non abortire. Dunque attende, nel tepore che brucia l’anima del letto di casa, di prendere una decisione, alla luce di quello che sarà l’evolversi della gravidanza. Essendo, come detto, ragazza ansiosa e apprensiva le è stato detto che non è da escludere un aborto spontaneo; il fatto puntualmente avviene.
È l’aborto naturale, in definitiva, a esimerla dall’onere di una scelta così difficile quanto obbligata.

Ma, come Martina afferma, "ci tengo a mantenere l'anonimato, questa storia mi ha già traumatizzato troppo. Però ti do tutto il mio supporto per vincere una battaglia di civiltà, perchè non si ripeta più a nessun'altra ragazza ciò che è accaduto a me".

E' con il "testimone" che Martina ci ha passato di mano che noi chiediamo (a) che venga posta a questo punto una questione politica locale - escludendo la legge italiana casi di mala sanità e sopruso come questo - sul come superare situazioni paradossali come quella appena descritta. È nostro dovere morale chiedere se (b) la A.S.L. sia a conoscenza di questi fatti i quali, se accaduti ad una nostra amica, non devono essere poi così sporadici.
È nostro diritto (c) ottenere i nomi di quei medici che erano lì e che hanno posto l’obiezione di coscienza altrui; è nostro dovere, infine (d) sapere che cosa intenda fare l’A.S.L. nei loro confronti e in situazioni simili che si verificheranno in futuro.
Vogliamo altresì che (e) casi del genere siano verbalizzati dal pronto soccorso, in modo che si conoscano con certezza i numeri di questa piaga, perché venga fuori dalla sabbia sotto la quale è stata interrata.





[1] Per un compendio sintetico e non ideologico vedi www.it.wikipedia.org/wiki/Pillola_del_giorno_dopo

 





[2] Per un approfondimento vai su http://www.pilloladelgiornodopo.it/. Per, invece, verificare l’assurdità di determinate teorie “della vita”, cioè dell’aborto forzato dall’ideologia della sacralità dell’embrione, http://www.pilloladelgiornodopo.it







[3] Situazione giuridica in Italia, in breve:

La pillola del giorno dopo può essere venduta solo dietro prescrizione medica con ricetta non ripetibile, pertanto, nel caso sia stato effettuato un rapporto a rischio è necessario rivolgersi a un medico generico o a un ginecologo. Secondo un parere non vincolante (corsivo e sottolineatura nostri, ndr) del comitato nazionale di bioetica, poiché la contraccezione di emergenza ha come conseguenza l'interruzione del processo fecondativo, è un diritto del medico scegliere di non prescrivere la pillola del giorno dopo (obiezione di coscienza), pertanto è spesso complicato trovare in tempo utile un medico disposto a prescriverla. Va in ogni caso sottolineato che in Italia il diritto all'obiezione di coscienza è concesso per legge solo nella pratica chirurgica dell'aborto terapeutico, mentre manca una espressa indicazione per quanto riguarda la prescrizione della pillola del giorno dopo. (da www.it.wikipedia.org/wiki/Pillola_del_giorno_dopo).








PS: vedi articolo apparso su radioradicale.it di Simone Sapienza, collegato a questo tema.


martedì 3 aprile 2007

"Ridurre il numero della ASL in Umbria"

Pubblicato sul "Giornale dell'Umbria" il 25 Marzo 2007


E’ da tempo che va di moda, tra i politici regionali di maggioranza e opposizione , in riferimento al futuro dei due presidi ospedalieri di Spoleto e Foligno parlare di “integrazione”.
Il primo passo per una integrazione vera e proficua innanzitutto per i cittadini-utenti e che non distrugga quanto negli anni si è costruito passa per una riforma del numero delle ASL e delle Aziende Ospedaliere dell’Umbria. E’ irresponsabile o quanto meno molto rischioso modificare l’attuale assetto dell’emergenza/urgenza dell’ospedale di Spoleto e dell’area di riferimento (Valnerina) senza prima realizzare una fusione amministrativa, di dirigenza e di intenti arrivando alla ASL unica regionale (così come avvenuto nelle Marche) o al massimo alle due ASL che anche il sindaco Brunini chiese con forza in passato.
Questo consentirebbe di raggiungere due risultati: 1) maggior reperimento di risorse 2) miglior coordinamento dell’offerta sanitaria sul territorio regionale, con la valorizzazione di tutte le realtà.
Se Spoleto e Foligno, entrambi DEA, devono avere pari dignità così come affermato dall’assessore Rosi in più occasioni, l’integrazione di cui si parla nei corridoi e nelle stanze che contano, non va in quella direzione, ma verso un declassamento del S.Matteo degli infermi, che paradossalmente ha invece le dimensioni, le professionalità e le carte in regola per essere sempre di più quell’ospedale sicuro e a misura d’uomo di cui la comunità spoletina e non solo ha bisogno.
Sosteniamo quindi chi, come il comitato per l’autodeterminazione della città di Spoleto, ha rilanciato la proposta di riforma delle ASL regionali, feudi di potere spartitorio, ipotizzando anche il ricorso allo strumento referendario.

Tomaso Ciacca, segretario del Centro di Iniziativa Radicale di Perugia
Francesco Pullia, segretario del Circolo Ernesto Rossi di Terni , della Direzione Nazionale di Radicali Italiani