giovedì 23 marzo 2017

Contro l’omotransfobia è #TempoDiLegge in Umbria come in Italia.

Federica Frasconi
La Regione Umbria plachi l’inarrestabile creatività di scuse atte a rimandare la votazione della legge regionale contro l’omotransfobia; è #TempoDiLegge in Umbria come in Italia.
Il 28 marzo 2017 attendiamo risposte dal Consiglio regionale e non un ennesimo rinvio.
di Federica Frasconi

È tempo di legge contro l'omotransfobia; sì, è proprio questo che dovremmo sentire dentro, comprendere perché fino ad oggi non siamo riusciti ad approvare una legge che tuteli la persona e la sua realtà così varia e non statica, realtà così reale che permea ogni vissuto che incontra, vissuto che irrimediabilmente si scontra con quanto la persona ha da sempre sostenuto reputandolo l'unico giusto modo per esistere.
Il campo giuridico è un ambito imprescindibile affinché le parole di noi attivisti non risultino vane e sole o fisse e dimenticate durante le tante manifestazioni in ogni piazza sociale, virtuale o di striscioni.

Vorrei non essere retorica in questo intervento ma credo che irrimediabilmente lo sarò e lo sarò per bisogno, lo stesso bisogno che ci accomuna tutti.
La Regione Umbria, dopo ben 10 anni dall’inizio della discussione, ha continuato a sorvolare il cuore di questa battaglia, il cuore di ogni persona che apertamente o meno ha sostenuto, nella speranza e nelle azioni, questo cambiamento che include la realtà nell'assetto sociale.
Non chiedetemi di credere al fatto che nessuno, prima d'ora, si era accorto della non attualizzazione della riforma finanziaria; cavillo che ha costretto questa legge a subire un iter travagliato, rischiando di tornare in Commissione.
Non credo alle troppe scuse, al troppo do ut des, alle troppe coscienze in subbuglio; troppo di tutto.
I diritti non devono risentire di certi convenevoli di Palazzo, i diritti sono dati dall'esistenza e tali debbono restare, nel divenire; inviolabili nella percezione interna della società e non devono essere in balia di una contropartita, una contropartita che offende tutte le persone, tutti i cittadini e che inconsapevolmente offende anche tutti gli omofobi legittimati a mantenere, nei confronti delle persone che rivendicano la loro fluidità e la loro realtà, un comportamento discriminatorio e violento.
La persona non è un binarismo socio-economico corretto e moralmente accettabile, la persona è come un grande arcobaleno ed ancora oltre, la persona non è il peccato né l'incarnazione di quest'ultimo, la persona è un bianco inafferrabile ed incancellabile; il bianco è come la luce, ha bisogno di spazio per splendere e per avere in sé la libertà di vivere tutte le sfumature che sente, oltre ogni sopraffazione morale, sopraffazione maschilista, femminista, capitalista e religiosa.
Sopraffazioni che offendono e violano la persona.
La violenza omotransfobica e la violenza sul genere includono in sé una realtà pericolosa, una realtà che più viene legittimata dalla non presa di posizioni da parte delle istituzioni e più viene esercitata con un velato assenso e forse compiacimento da parte di tutti coloro che considerano la femmina una donna e il maschio un uomo; da parte di tutti coloro che considerano una coppia lesbica il prototipo perfetto per la virilità maschile, da parte di tutti quelli che vedono in una coppia gay lo scempio delle pratiche sessuali messe in atto e non l'amore che questi ultimi vivono.
Finché vedremo due donne come il prototipo del piacere mentale del maschio per eccellenza e la loro sessualità una richiesta di aiuto all’uomo per soddisfarle, finché vedremo che il sesso tra due uomini è un errore mentale, magari giustificandoci anche con le parole di Papa Francesco; finché vedremo questo non potremo di certo lamentarci dell'insoddisfazione generale in cui viviamo, non potremmo lamentarci della violenza, perché non la conosciamo, davvero.
La violenza silenziosa che imprigiona il corpo di una femmina ed il corpo di un maschio a determinati canoni estetici di comportamento, la violenza ostetrica che sventra la donna deturpandole o la pancia o la vagina per far nascere un essere umano, la violenza ideologica e “amorevole” dei genitori nel decidere se il/la loro figlio/a dovrà avere una vagina o un pene dal momento che alla nascita presenta entrambi gli organi sessuali (intersessualità).
La violenza è trasversale, è silenziosa e fa rumore come quella delle sentinelle in piedi che manifestano per contrastare l'uguaglianza, per contrastare la lotta all’omotransfobia; la violenza che loro perpetrano è forte e ben radicata nel comune sentire, radicata nel buon costume come repressione delle emozioni, emozioni definite istinti.
Dicono che una legge contro l'omotransfobia limiti la libertà di espressione loro, affermando tacitamente che la laicità, in generale, limiterebbe la loro libertà di espressione.
Credo piuttosto che queste persone temono di non avere più un fondamento interno che riesca a tenerle silenziose con sé stesse, che riesca a farle, legittimamente, rinnegare in ideali religiosi o socialmente utili, credo che queste persone stiano lì a chiedere aiuto; perché se sono così convinte che una legge che contrasta le discriminazioni sociali possa ledere la loro libertà di espressione, credo che la loro non è tanto una questione di fede ma l’esempio tipico di un costrutto sociale basato sul sentimentalismo religioso, tipico di tutti gli estremismi.
La colpa è delle istituzioni che le hanno appoggiate sostenendole nell’utilità e convenienza di certi ideali, le istituzioni che le hanno formate ad essere buone donne  e buoni uomini utili alla demografia del paese e all'ordine sociale: “Io non ho paura” questo dovrebbero dire in piazza, come anche noi diciamo “Noi non abbiamo paura” di esistere, di ascoltarci, di cercare il consenso dentro di noi e non all'esterno e pretendendo che lo Stato riconosca i diritti in egual misura per tutti, affinché nessuno sia indotto da niente e da nessuno a sentirsi inferiore né costretto dalla situazione economica ed emotiva a scegliere il buio rispetto alla sua luce.
Il buio in questa società settaria, un sgabuzzino dove si è accesa una luce elettrica unica per tutti, dimenticando che dentro quello stanzino ci sono delle candele e che bastava guardare meglio per accorgersi della luce sprigionata dalla realtà e della libertà di espressione che, essendo dentro ognuno di noi, ci legittima ad esistere per come siamo e ci tutela nell'amore vero; amare noi stessi per poter amare davvero gli altri.
Noi tutti non temiamo che qualcuno ci tolga l'amore ed i sentimenti ma temiamo che la società, nella sua ricercata ignoranza, continui a discriminarci nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nei luoghi pubblici; temiamo di essere offesi e di non poterci difendere con l'ausilio di una legge.
Ricordo una frase che mi auguro si ricordino tutti i Consiglieri regionali umbri il 28 marzo: “Non avete giurato sul Vangelo ma sulla Costituzione”, non siete appartenenti alla milizia di un Cristo idolatrato, né siete fascisti con la Balilla, non siete stimatori di un totalitarismo, non siete liberi di portare la storia indietro seppur quest'ultima va avanti lo stesso, siete lì per rendere questa Regione migliore e più aperta e più uguale per tutti e lo stesso appello è rivolto ai Parlamentari, affinché si trovi un modo per approvare una legge nazionale contro l'omotransfobia, riesumando la legge Scalfarotto dalla caterva di emendamenti che l’hanno bloccata da anni o in alternativa concentrarsi su una nuova legge cercando di discuterla, successivamente, in minor tempo e con più responsabilità.
Non è un'opinione l'omotransfobia, discriminare non è un'opinione; la sessualità è tutto per la persona, liberare i corpi, liberare la sessualità dalle imposizioni statali polideologico-religiose, liberarci tutti dalla maschera di noi stessi.
Prima di etichettare “gaystapo” noi attivist* e noi semplici cittadin* che combattiamo le discriminazioni e rivendichiamo la libertà della persona al di là del genere, riflettete e pensate un po' di più; il vostro silenzio è il vostro rumore interno, quello che sapete esternare solo negando la dignità a chi vive in modo diverso dal vostro.
La nostra voce è il silenzio che voi non osate pronunciare e se fa “rumore”, di certo non lo fa per sentirsi più forte in delle convinzioni ma lo fa per unirsi ai tanti rumori dell’animo umano, del corpo umano per dar loro voce mantenendo un silenzio che rivendica l'intimità di un sentimento.
Accettarsi non è arrendersi all'evidenza della realtà, accettarsi è riconoscere la propria bellezza ed accettarsi ed amarsi per poter amare gli altri e prevenire ogni forma di violenza contro noi stessi e agli altri; violenza di ogni genere, appunto, verbale e comportamentale, fisica, intima, da quella pubblica a quella privata ed accettare e comprendere la varietà di realtà che animano la società.
Accettare non è rinnegare il proprio passato né tantomeno sé stessi, accettare è comprendere; parlare di genere e della persona non è indottrinamento né un'educazione perché l’azione di “educare”, come ci insegna l'attuale società sessista, si traduce in imposizione di valori rispetto ad altri ma se rivalutiamo e ridiamo il giusto valore all’azione di “educazione”, potremmo includere al suo interno una vasta gamma di realtà che renderebbero l’educazione un’attenta riflessione sulle variabili della realtà e non una tabellina di preconcetti moralistici.
L'animo ed il corpo umano liberi di esprimersi; conoscere e conoscersi per conoscere, per conoscersi. Nessuno vuole creare una “religione gay”; questo concetto di recludere la realtà all’interno di un'unica realtà, creando un sistema totalitario distinto che porti a rinnegare determinati valori rispetto ad altri, è un pensiero tipicamente religioso e politico di sopraffazione sugli altri e sulle minoranze attuali o passate.
Se le persone sono rispettate nel loro genere, nessuno toglie niente a coloro che pensano che le persone hanno solo due generi; si toglie loro la “libertà” incostituzionale e disumana di poter offendere chi vive diversamente e si toglie loro la forza d’imporre a tutti un'unica religione.
La variabile genitrice dell'esistenza; l'essere umano che conosce sé stesso attraverso le sue emozioni, cresce e si forma libero e sano dal suo cuore, dai suoi interessi, dal suo orientamento al piacere dei sensi, tutti.
L'essere umano cresce e nasce libero e non ha bisogno d'esser messo in mostra nei sondaggi demografici, tra quanti maschi e quanti femmine ci siano in un Paese, per sentirsi utile, non ha bisogno di avere con sé un padre o di avere con sé colei che lo ha partorito come madre; il bisogno indotto nell'essere umano, spinge alla negazione della realtà. È un bisogno eterosessiata ed eteronormativo quello che il bambino percepisce ed a questo dovremo pensare.
Ognuno è libero di educare i figli come meglio crede ma educarli alla discriminazione degli altri, facendo loro credere che è il Sole a girare attorno alla Terra, solo per timore della mancanza di presunte fondamenta etico-morali reputate corrette, non è educare un essere umano alla libertà di conoscenza. I figli sono di sé stessi non dei genitori; e prima o poi la loro realtà la conosceranno, comunque.

La sacralità dell'utero e della sua "funzione generatrice"; la laicità reputata saggia e la laicità reputata ignorante.
Un cordone ombelicale su cui appendere un dovere-bisogno indotto per metterlo in mostra ed auto convincersi che tale è la funzione della donna...quella materna di accudire l'essere umano generato;
quell'istinto preannunciato dalle favole e dai libri del sistema, criminalizzando coloro che mostrano non la maschera sociale ma la realtà dell'essere umano, essere umano che ha bisogno d'amore e non di credere all'amore (come qualcosa di inarrivabile per mera conservazione dell'ordine sociale e per questo destinato a poco tempo ed a pochi eletti) come continuano a stendere le femministe laiche sui cordoni ombelicali delle altre.
La forza della vita ci fa conoscere tutti con noi stessi il problema è quando prevale con noi stessi la paura e l'odio; lì potrebbero esser inutili tutte le maschere sociali.
Per evitare che altre persone muoiano dentro o si suicidino a causa delle discriminazioni omotransfobiche sociali ed interiorizzate, una legge può essere campo fertile affinché almeno le istituzioni inizino a cambiare il clima culturale economico-conveniente in cui viviamo.

Federica Frasconi


Nessun commento:

Posta un commento