giovedì 19 gennaio 2012

Umbria, le clientele monocolore di Perugia

da il Sole 24 ore, di Mariano Maugeri e Giuseppe Oddo, 17 genaio 2012

Sono oltre sessant'anni che in Umbria è al potere lo stesso partito, una continuità che risale al primo dopoguerra. Il mondo nel frattempo è cambiato; l'Umbria decisamente meno. I discendenti del vecchio Pci, i democratici del Pd, somigliano poco e niente ai loro progenitori, ma ne conservano i retaggi culturali.

Traspare, dal fondo dei loro discorsi, l'ostentazione di quella diversità morta e sepolta con la stagione berlingueriana e la Prima Repubblica. Un'idea trasferita nella gestione di questa piccola Regione, considerata un modello di buona amministrazione; un vezzo simile a quello dell'Emilia-Romagna. In Umbria è un sentimento ancora più radicato per via della collocazione geografica: un'isola, chiusa, tagliata fuori dalle grandi direttrici di traffico e forse proprio per questo ancora più fiera della propria identità e delle proprie tradizioni.
Nella sua superiorità numerica, che si è progressivamente erosa a ogni consultazione, la sinistra è sempre scesa a patti con i suoi avversari. Spiega il rettore della settecentenaria Università di Perugia, il professor Francesco Bistoni, il cui mandato sta per scadere: «Da una parte c'erano i comunisti, che avevano in mano tutte le leve dell'amministrazione; dall'altra i democristiani, cui spettavano l'Università e le banche. Al di là delle lotte di facciata, il sistema di potere era fondato su una diarchia allargata alla chiesa e alla massoneria».



Oggi ex democristiani ed ex comunisti rappresentano le due anime di uno stesso partito, il Pd, ma la crisi finanziaria dello Stato e la contrazione della spesa pubblica rischiano di mettere in seria difficoltà questo compromesso storico ante litteram. Dice l'assessore al Bilancio, Gianluca Rossi, pidiessino di Terni: «L'impatto complessivo delle manovre di Governo sui conti della Regione è stimato in 243 milioni nel 2011, in 305 milioni nel 2012, in 330 milioni nel 2013 e di 375 milioni nel 2014». Sono circa 1,2 miliardi in meno in quattro anni su una spesa totale regionale di 2,1 miliardi nel 2011. La contrazione delle risorse significa molti argomenti in meno per coinvolgere le opposizioni interne ed esterne alla maggioranza.

«I comunisti, poi divenuti Democratici di sinistra, sono stati bravi a comprarsi i democristiani», commenta il capogruppo del Pdl in consiglio regionale, Raffaele Nevi. Che aggiunge: «Ormai i soldi sono finiti, e la componente diessina del Pd ha deciso di ritornare egemone, scatenando la lotta nel partito». Prova ne è che il rappresentante in consiglio dell'ex Margherita, Giampiero Bacci, è ai ferri corti con Catiuscia Marini, la presidente della Regione succeduta nel 2010 alla dalemiana Maria Rita Lorenzetti. Un tempo lo scontro non avrebbe varcato la soglia del partito. Oggi i due polemizzano in pubblico, attraverso la stampa locale. I colpi bassi non arrivano solo da Bacci. Alla ricerca di un suo spazio di potere, la Marini ha finito per trovarsi spesso in disaccordo anche con la Lorenzetti. Più volte la giunta è finita in minoranza su proposte importanti come quella per i criteri di selezione dei direttori delle aziende sanitarie.

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