martedì 7 agosto 2007

Referendum, il ricorso!

Pubblichiamo il ricorso presentato da Maria Antonietta Spaccini, presidente del comitato referendario umbro al tribunale di Perugia in merito al referendum regionale sulle indennità dei Consiglieri.


La procedura di ricorso verrà discussa il 13 agosto 2007, presso il tribunale civile di Perugia.


Se si supera la paura della lettura derivante dall'uso di un linguaggio giuridico, si possono scoprire cose molto interessanti in merito alla mancanza di democrazia in questa regione.
E' possibile scaricare l'originale in formato pdf.



TRIBUNALE CIVILE DI PERUGIA
      RICORSO EX ART. 700 C.P.C.

          Per


Comitato Referendario Umbro, in persona del Presidente pro-tempore Sig.ra Maria Antonietta Spaccini, con sede in Perugia, Via E. Ricci n. 10, ed elettivamente domiciliato in Perugia, Via del Sole n. 8, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Caforio, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del presente atto;




                Contro



- Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro-tempore;
- Consiglio Regionale dell’Umbria, in persona del legale rappresentante pro-tempore.

*  *  *  *  *
FATTO


A seguito di una richiesta di Referendum popolare abrogativo dell’art. 1 della Legge Regionale n. 15 del 1 Agosto 1972 recante “Indennità dei Consiglieri Regionali Umbri” (All. 1), proposta dal Comitato Referendario Umbro e da oltre 13.800 cittadini/elettori umbri sottoscrittori del quesito referendario, l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale riconosceva con delibera n. 327 del 24/09/2004 l’ammissibilità del quesito referendario e con successiva delibera n. 332 del 29/10/2004 la regolarità delle firme raccolte.
 La Presidente della Giunta  Regionale, Sig.ra Maria Rita Lorenzetti, in linea con le delibere di cui sopra, convocava i Comizi elettorali referendari regionali per ben tre volte: una prima volta con Decreto n. 12 del 25/01/2005 (All. 2) per il voto del successivo 05/06/2005, revocandolo poi con Delibera della Giunta Regionale n. 605 del 30/03/2005 (All. 3), a causa della concomitanza con le elezioni regionali dell’Aprile 2005; una seconda volta con Decreto n. 270 dell’11/10/2005 (All. 4) per il voto del successivo 11/06/2006, sospeso anch’esso con Decreto del Presidente della Corte d’Appello di Perugia a causa della concomitanza con le ultime elezioni parlamentari; infine, con Decreto n. 229 del 13/12/2006 (All. 5), la Presidente della Giunta Regionale  riconvocava i Comizi elettorali referendari per il giorno 10/06/2007 e puntualmente arrivava la nuova sospensione con Delibera n. 564 del 16/04/2007 (All. 6) e riconvocazione dei Comizi elettorali stessi con Decreto n. 58 del 19/04/2007 (All. 7) all’11/11/2007, per la concomitanza con le elezioni amministrative parziali del 27/05/2007.

Pertanto, ognuna delle tre date indicate per l’espressione del voto referendario veniva sistematicamente sospesa, revocata e rinviata per sopravvenuta concorrenza con tornate elettorali ai sensi dell’art. 9 della L.R. 22/1997; tale disposizione riportando come “il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all’atto della pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali per lo svolgimento di elezioni politiche, nazionali o amministrative nel primo semestre dell’anno” contraddiceva sia con l’art. 22 dello Statuto Regionale dell’Umbria, laddove afferma che “la Regione riconosce il Referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce l’utilizzazione”, sia con il Parere n. 742 della 1^ Sez. del Consiglio di Stato in cui chiaramente si esprime dichiarando che “nel bilanciamento dei contrapposti valori, l’ordinamento privilegia pur sempre gli istituti rappresentativi rispetto a quelli di democrazia diretta che tutela in via primaria, sia pur entro un arco temporale che deve essere ragionevolmente definito.”
Da ultimo, con una nuova Legge Regionale, la  n. 17 dell’8 maggio 2007 (All. 8), il Consiglio Regionale ha abrogato e sostituito la Legge regionale n. 15/1972, oggetto del Referendum, approvando, il 19 Giugno 2007, la Delibera n. 164 di Inefficacia del Referendum (All. 9), con la quale decreta la decadenza e nullità del Referendum stesso ai sensi dell’art. 10 della L.R. n. 22/1997 (All. 10), per essere stata, a suo parere, accolta la sostanza della richiesta referendaria, pur essendo essa abrogativa e non certo modificativa in relazione alla disciplina.
Nella summenzionata Legge sostitutiva, l’indennità dei Consiglieri Regionali è stata sganciata da quella dei Parlamentari, come previsto dall’art. 1 della abrogata L.R. n. 15/1972, per assimilarla a quella dei Magistrati di Cassazione, come stabilito dall’art. 1 della nuova L.R. n. 17/2007; in riferimento a ciò, è noto che l’indennità dei parlamentari è connessa proprio a quella dei Magistrati di Cassazione.
Appare, dunque, assolutamente palese la volontà antidemocratica del Consiglio Regionale dell’Umbria, in prima battuta dilatoria, rinviando il referendum per la presenza di elezioni parziali in soli nove Comuni dell’Umbria, in seconda battuta addirittura censoria ed ostativa all’esercizio democratico referendario, in evidente violazione dell’art. 123 della Costituzione che determina il diritto dei cittadini “di iniziativa e del  referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione”, sia dello Statuto Regionale che all’art. 22 sancisce che “la Regione riconosce il referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce l’utilizzazione.”
Ritenuta del tutto erronea ed irragionevole la supposta inefficacia del Referendum, il Comitato Referendario Umbro, per mezzo dello scrivente legale, diffidò in via stragiudiziale gli odierni convenuti (All. 11) affinchè procedessero ad aggiornare il quesito referendario proposto, per cui era stata fissata la convocazione dei Comizi elettorali l’11 Novembre 2007, estendendo l'istanza abrogativa alla L.R. 16 maggio 2007, pubblicata nel Bollettino Ufficiale il 23/05/2007.
Non avendo provveduto in tal senso, pur rappresentando la modifica del  quesito referendario un atto dovuto al fine di garantire un regolare e partecipato coinvolgimento della comunità regionale al Referendum e, comunque, risultando prematura la Delibera di invalidazione del suddetto in conseguenza di una Legge Regionale seppur votata, ancora sottoposta alla eventuale valutazione di illegittimità costituzionale da parte del Governo, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, si appalesa l’illegittimità della delibera del Consiglio Regionale n. 164/2007 per la presenza di molteplici vizi di seguito illustrati.
            DIRITTO
Illegittimità della deliberazione consiliare per violazione degli artt. 22 comma 1, 24 comma 10, 82 comma 1 dello Statuto Regionale dell'Umbria
In prima analisi, si rileva l'illegittimità della delibera del Consiglio Regionale dell'Umbria n. 164 del 19/06/2007, relativa alla supposta  inefficacia del Referendum popolare indetto per l'abrogazione dell'art. 1 della L.R. n. 15/1972, atteso che l'organo consiliare nel sospendere il corso delle operazioni referendarie, a fronte della pretesa abrogazione nonché integrale sostituzione della  citata Legge, oggetto del quesito referendario, ad opera della nuova Legge Regionale n. 17 del 16 Maggio 2007, è incorsa in gravi violazioni normative.
Senza nulla togliere al diritto-dovere del Consiglio Regionale di determinare l'entità della relativa indennità di servizio, ai sensi dell'art. 122 della Costituzione e dell'art. 58 dello Statuto Regionale, non si può fare a meno di rilevare il macroscopico contrasto intercorrente tra  l'art. 10 della L.R. n. 22/1997, legittimante la sospensione della consultazione popolare, per cui “se prima della data di svolgimento del referendum gli atti o le singole disposizioni cui il referendum si riferisce siano abrogati, modificati o dichiarati incostituzionali, il Consiglio regionale delibera che le relative operazioni non hanno più corso”, e svariate disposizioni previste dallo Statuto Regionale dell'Umbria, in  relazione a tale strumento di democrazia diretta.
Invero, l'art. 22, comma 1 dello Statuto Regionale stabilisce che “la regione riconosce il referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce l'utilizzazione”, l'art. 24, comma 10 dichiara che “la Legge regionale determina le modalità di attuazione del referendum abrogativo, disciplinando il procedimento per la verifica  della regolarità e dell'ammissibilità delle richieste  di referendum e ne garantisce l'imparzialità”  e l'art. 82, comma 1 afferma testualmente che “la Commissione di Garanzia Statutaria esprime pareri sulla conformità allo Statuto delle Leggi e dei Regolamenti regionali, sulle questioni interpretative delle norme statutarie e sull'ammissibilità dei Referendum.”
La garanzia di imparzialità prevista dal nuovo Statuto era, tra l'altro, già sancita dal precedente Statuto all'art. 72, comma 11, recante “la legge regionale determina le ulteriori modalità di attuazione del referendum, disciplinando anche, in forme che garantiscono l'imparzialità, il procedimento per la verifica della regolarità e dell'ammissibilità delle richieste di referendum”.
Essendo lo Statuto normativa sovraordinata alle Leggi Regionali, pur vigenti, è pacifica la circostanza che le disapplica consequenzialmente; anche volendo prescindere dall'interesse che i Consiglieri nutrono in relazione ad una questione che riguarda le loro indennità, ovvero i loro interessi economici personali, pensare che il Consiglio possa essere ritenuto imparziale rispetto ad una delibera di decadenza di un qualsiasi Referendum che riguarda leggi dal Consiglio stesso votate appare del tutto irragionevole!
Il Consiglio Regionale è in ogni caso controparte in tutti i procedimenti referendari rispetto ai Comitati che chiedono l'abrogazione delle leggi da questo emanate: ipoteticamente potrebbe essere ritenuta parte terza la Giunta Regionale, ma mai il Consiglio medesimo.
Si configurano quali Organi imparziali della Regione solo il Difensore Civico, previsto dall'art. 83 dello Statuto, o la Commissione di Garanzia Statutaria, prevista, invece, dall'art. 81: in conformità al vigente Statuto, è ragionevole affermare che solo tra i due Organi citati si possa eventualmente individuare quello imparziale, potenzialmente in grado di decidere sull'ammissibilità o sulla decadenza dei Referendum in maniera equa e senza cedere a favoritismi.
Non si può fare a meno di ribadire la sussistenza di un evidente “conflitto d'interessi”  tra il Consiglio Regionale e l'emessa delibera di nullità del Referendum proposto. 
Malgrado la L.R. n. 22/1997 affidi la predetta funzione di giudizio al Consiglio Regionale, dal tenore della disposizione Statutaria appare evidente come, invece, proprio la citata Commissione di Garanzia avrebbe dovuto esprimersi in merito all'ipotizzata decadenza del Referendum medesimo, in quanto la Legge Regionale, essendo precedente allo Statuto, approvato con L.R. n. 21/2005, andrebbe disapplicata dalla norma Statutaria, sia perchè successiva, sia perchè lo Statuto, in quanto tale, è sovraordinato a quella che è una Legge Ordinaria.
L'illegittimità della valutazione formulata dal Consiglio Regionale è avvallata  dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale che con Sentenza n. 43 del 1982  prevede l'obbligo delle Regioni di fornirsi di un loro Organo imparziale, terzo rispetto alle parti, al fine di valutare l'ammissibilità o la eventuale decadenza dei Referendum regionali e tale imparzialità non può certo appartenere al Consiglio Regionale, in ordine ad una propria legge ed in particolare relativa agli emolumenti dei propri stessi Consiglieri.
Ci troviamo, pertanto, al cospetto di una Legge Regionale contrastante la giurisprudenza Costituzionale, ma soprattutto due volte contrastante la norma Statutaria sovraordinata, ovverosia la volontà politica della comunità regionale intesa nella sua forma più alta; per l'effetto, si configura come necessaria conseguenza l'immediata disapplicazione dell'art. 10 della L.R. n. 22/1997.Illegittimità della delibera consiliare per omesso aggiornamento del quesito referendario
La Delibera Consiliare impugnata decreta la sospensione delle operazioni referendarie stante l'abrogazione nonché integrale sostituzione della L.R. n. 15/1972, oggetto del quesito referendario, realizzata con l'approvazione della nuova L.R. n. 17/2007.
Ebbene, la determinazione raggiunta dal Consiglio appare illegittima da un ulteriore versante in quanto un corretto procedere dell'Organo Consiliare avrebbe richiesto la debita modifica del quesito referendario, aggiornato alla nuova disciplina introdotta dal Consiglio Regionale.
Invero, come supportato da autorevole giurisprudenza Costituzionale, in particolare con Sentenza n. 68 del 1978, “se l'abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il Referendum viene accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente, né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il Referendum si effettua sulle nuove disposizioni normative”.
La fattispecie sottoposta all'attenzione del Giudicante rispecchia esattamente il caso sopra descritto, per cui in ipotesi di modifica di una legge già sottoposta a Referendum, se la ratio della nuova norma rimane sostanzialmente identica ed invariata, la richiesta di Referendum si estende alle modificazioni di legge sopraggiunte.
Il principio ispiratore nella norma inizialmente sottoposta a Referendum risulta quello di individuare l'indennità di servizio dei Consiglieri Comunali come una percentuale dell'indennità dei Parlamentari, a sua volta calcolata come una percentuale degli stipendi dei Magistrati di Cassazione; nella nuova norma appare, invece, l'identificazione dell'indennità di cui trattasi come una percentuale calcolata direttamente sugli stipendi dei Magistrati di Cassazione, scavalcando in tal modo le indennità dei Parlamentari, così da semplificare probabilmente la normativa, ma non certo da modificarne i “principi ispiratori” né, tanto meno, da alterarne i contenuti normativi essenziali.
E' necessario precisare, a tale proposito, che la L.R. n. 17/2007, nel tentativo di modificare la ratio della norma, così da soddisfare la giurisprudenza Costituzionale innanzi citata, scardina le indennità dei Consiglieri Regionali Umbri da quelle dei Parlamentari e le ancora direttamente a quelle dei Magistrati di Cassazione (  attuale art. 1 recante “l'indennità spettante ai membri del Consiglio Regionale....è regolata dalla presente legge ed è costituita da quote mensili il cui ammontare è pari ad un ventesimo del trattamento complessivo annuo lordo dei Magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate”).
Si tratta chiaramente di una vera e propria “partita di giro”, atteso che è nota la circostanza per cui le indennità dei Parlamentari erano già agganciate a quelle dei Magistrati di Cassazione ed appare quindi ancora più palese la volontà elusiva della nuova Legge Regionale e conseguentemente la sua inaccettabilità non solo democratica, ma anche giuridica.
Invero, dall'art. 1 della Legge 31 Ottobre 1965 n. 1216 (All. 12), determinante l'indennità spettante ai membri del Parlamento, emerge come “gli Uffici di Presidenza delle due Camere determinano l'ammontare di dette quote in misura tale che non superino il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate.”
L'interpretazione in merito all'estensione del quesito referendario alle modifiche di legge in seguito apportate dall'Organo Consiliare era già stata  in passato condivisa dalla stessa Regione Umbria la quale con Atto Amministrativo n. 83 del 27 Giugno 2006 (All. 13) provvedeva a prendere atto della nuova legge dei Consorzi di Bonifica Umbri, modificativa della precedente legge e, contestualmente, modificava il quesito referendario, aggiornandolo alla nuova disciplina introdotta dal Consiglio Regionale.
Francamente non si capisce perchè, a così poca distanza di tempo, in situazioni analoghe, si debbano adottare due pesi e due misure!
L'unica ragione plausibile è quella per cui, nel caso in oggetto, trattandosi delle indennità dei Consiglieri Regionali medesimi, questi ultimi non siano sufficientemente distaccati ed obbiettivi circa le questioni che personalmente li riguardano.
Estendendo, poi, il discorso a livello nazionale, si rende necessario menzionare un ulteriore paradigmatica pronuncia della Corte Costituzionale,  la n. 32 del 2000, confermativa delle precedenti Ordinanze del 7 – 13 Dicembre 1999 dell'Ufficio Centrale per il Referendum costituito presso la Corte di Cassazione, relativa al Referendum abrogativo del  finanziamento pubblico dei partiti del 1999, la quale confermò come, trattandosi di un Referendum abrogativo e non modificativo o riduttivo, in caso di modifica di una norma già sottoposta a Referendum, quest'ultimo si sposta dalla vecchia alla nuova legge, modificando d'autorità il quesito, ma non certo annullando il Referendum stesso.
Sia in quel caso, sia nella fattispecie in esame, una riduzione o modificazione della norma e quindi dell'emolumento stabilito non esclude affatto il Referendum, ma al contrario questo si trasferisce alla nuova previsione normativa: nel caso appena ricordato, invero, la legge venne modificata in seguito alla raccolta delle firme e la Cassazione, avvallata dalla Corte Costituzionale, debitamente riformulò il quesito, trasferendo il Referendum stesso dalla prima legge alla seconda.
Il Referendum, infatti, può considerarsi soddisfatto e quindi passibile di annullamento solo quando la nuova Legge emanata modifica sostanzialmente gli elementi fondativi della norma che va a sostituire.
Nella fattispecie, l'elemento fondativo della norma appare, oltre alla cifra degli emolumenti che resta in se praticamente invariata, il collegamento agli stipendi dei Parlamentari, a loro volta connessi ai compensi dei Magistrati di Cassazione.
Risulta con tutta evidenza dalla semplice lettura della L.R. neo approvata l'aggancio delle indennità dei Consiglieri Comunali direttamente alle retribuzioni dei Magistrati, con risultati contabili quasi identici: non si è realizzata, pertanto, una modifica fondamentale della norma sottoposta a Referendum e la nuova legge non ha affatto mutato i principi ispiratori della norma di cui si chiede l'abrogazione, tanto da produrre il superamento e l'inefficacia dell'azione di partecipazione popolare promossa con Referendum. 
Ma vi è di più.
Il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria del personale, Direzione generale del bilancio e della contabilità, Ufficio II – con nota prot. n. 1934/2007 rendeva noto che la L.R. n. 17/2007 all'art. 1, conteneva un'incongruenza allarmante: indicava, infatti, per l'aggancio delle indennità dei Consiglieri Umbri la qualifica HA08 (“l'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale delibera l'ammontare delle quote mensili in riferimento alla qualifica HA08, classe 8/16, relativa ai magistrati di cui al comma 1”), la quale risultava superiore a quella dei Presidenti di sezione di Cassazione, ottenendo,  invece della dichiarata diminuzione al solo scopo di evitare il Referendum, addirittura un aumento delle indennità stesse!
Per questa ragione, l'Organo Consiliare, in data 05/06/2007, con atto n. 156, deliberava una risoluzione di “Correzione di errore materiale” (All. 14), rettificando la norma e sostituendo nel testo la summenzionata qualifica con quella HH07, la quale, in effetti, riduce l'indennità di servizio nella misura dell'8% circa; ebbene, dai verbali del Consiglio Regionale dell'8 Maggio 2007 risulta come, in effetti, non si produsse alcun errore materiale degli uffici, ma l'emendamento introduttivo la qualifica errata per eccesso venne proposto dal Consigliere Sig. Paolo Baiardini esattamente nei termini poi riproposti nel Bollettino Ufficiale.
Non si può fare a meno di riconoscere in tale condotta la volontà politica tesa ad eludere, aggirare e “boicottare” il Referendum proposto, con una normativa che, invece di ridurre le indennità come richiesto, andava persino ad aumentarle!
Si tratta chiaramente di un episodio di mala politica che viene a verificarsi paradossalmente proprio in un momento in cui tutti auspicano una drastica riduzione dei costi della politica; ai cittadini viene impedito in maniera del tutto antidemocratica ed anticostituzionale di avvalersi del solo strumento garantito e  riconosciuto al fine di incidere sulle norme.
L'escamotage adottato dal Consiglio per evitare l'effettuazione del Referendum taglia-stipendi non è affatto passato inosservato: forte è stata la reazione sociale, numerosi i giudizi di disapprovazione dell'opinione pubblica e le critiche provenienti dai mass-media (All. 15) riguardo ad una condotta a dir poco discutibile, ambigua ed offensiva nei confronti dei quasi 14.000 cittadini umbri sottoscrittori la proposta di Referendum.
Dunque, la recentissima sedicente “autoriduzione” dell'8% delle indennità di servizio, finalizzata esclusivamente ad interrompere il corso del Referendum, è assolutamente insufficiente a tale scopo, soprattutto perchè il Referendum stesso è diretto a provocare una radicale riduzione delle indennità, abbassandole almeno della metà - dalle 12.000 Euro attuali alle 6.000 Euro prospettate – e non una minima riduzione, come quella a dir poco trascurabile dell'8%, decretata dai Consiglieri medesimi.

Tanto premesso
il Comitato Referendario Umbro, in persona del Presidente pro-tempore Sig.ra Maria Antonietta Spaccini, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

RICORRE
All.Ecc.mo Tribunale Adito affinchè voglia accogliere, contrariis reiectis, le seguenti
CONCLUSIONI


In via cautelare
Sussistendo i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, sospendere, per i motivi espressi in narrativa, l'efficacia esecutiva dell'impugnata Deliberazione del Consiglio Regionale del 19 Giugno 2007 n. 164 e di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o consequenziale;
      Nel merito
Acclarare, per le ragioni sopra enunciate, l'illegittimità dell'impugnata Deliberazione del Consiglio Regionale e, per l'effetto, annullare la stessa ed ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o consequenziale;
Ordinare, per le ragioni sopra enunciate, l'aggiornamento del quesito referendario del seguente tenore: “Approvate l'abrogazione dell'art. 1 della L.R. n. 15 del 1 Agosto 1972, come sostituito dagli artt. 1 e 2 della L.R. n. 17/2007 del 16 Maggio 2007, avente ad oggetto – Indennità ai Consiglieri Regionali – pubblicata nel Bollettino Ufficiale Regione Umbria del 23 Maggio 2007”;
Ordinare, per le ragioni sopra enunciate, la convocazione dei Comizi Elettorali per il giorno 11 Novembre 2007, ultima data fissata per il Referendum;
Con vittoria di spese ed onorari di causa.

Si allegano ai fini istruttori:
1) Art. 1  L.R. n. 15/1972
2) Decreto n. 12/2005
3) Delibera n. 605/2005
4) Decreto n. 270/2005
5) Decreto n. 229/2006
6) Delibera n. 564/2007
7) Decreto n. 58/2007
8) Art. 1  L.R. n. 17/2007
9) Delibera del 19 Giugno 2007   n. 164
10)  Art. 10  L.R. n. 22/1997
11)  Missiva Avv. Caforio del 26/05/2007
12)  Art. 1  L. 31/10/1965 n. 1261
13)  Atto Amministrativo n. 83/2006
14)  Atto Amministrativo n. 156/2007
15)   Articoli di giornale

Perugia, lì 09/07/2007

Avv. Giuseppe Caforio

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