lunedì 30 ottobre 2006

Violenza sulle donne

Dopo il terribile caso della ragazza perugina, costretta dai suoi aggressori ad un’intera notte di abusi e brutalità, le cronache dei quotidiani tornano ad occuparsi della violenza sulle donne.
Dallo studio effettuato da “Telefono Donna” la struttura regionale del Centro per le Pari Opportunità (numero verde 800.86.11.26) emerge che ogni giorno, nella nostra regione vengono denunciati due casi di violenza, per un totale di 600 denunce l’anno.
Secondo l’Istat (annuari Conoscere l’Umbria) i delitti di violenza sessuale nella sola provincia di Perugia passano dai 27 casi del 2003 ai 42 del 2004, tuttavia l’aumento delle denunce non è necessariamente un dato negativo, in molti casi, la vittima vive il sopruso in un clima di solitudine, costretta a preoccuparsi più dei giudizi della sua sfera sociale e professionale, che dell’oltraggio riservatogli.
E mentre alla camera, il ministro per le pari opportunità Barbara Pollastrini, ha presentato il pacchetto anti-violenza, che tra le altre misure aumenta la pena minima perché l’attenuante generica non riduca il periodo di reclusione, e porta da 6 mesi, a 4 anni la pena per i reati di molestia, tentiamo una riflessione.
Prolungando la reclusione e aumentando il numero dei reati, potremo sconfiggere quest’inciviltà?
L’Onorevole Donatella Poretti, deputata della Rosa nel Pugno, ha elogiato l’iniziativa, dichiarando però che “non è solo inasprendo le pene e introducendo nuovi reati nel Codice Penale che si può combattere questa battaglia”.
Ci troviamo in perfetto accordo con lei, per contrastare il fenomeno è necessario operare una profonda inversione culturale che investa tutti i settori della società, a partire dai media che strumentalizzano la figura femminile relegandola a mero immaginario maschilista, a quella televisione generalista che mostra la donna come elemento d’arredo, umiliandone storia e dignità.
Come potrà la donna, ottenere rispetto e considerazione, quando il modello che indichiamo è “vince il più ignorante”?

5 commenti:

  1. Concordo pienamente con quanto scrivi. Aggiungerei solo un piccolo ma per me importantissimo particolare: finchè 'tutti i settori della società' lavoreranno ognuno per conto suo, senza far sapere alla sinistra quello che fa la destra e/o viceversa, i risultati non saranno quelli sperati. Occorrerebbe un lavoro di rete al di là delle logiche di partito e di potere, un lavoro che s'intrecci e collabori nel vero senso della parola. In caso contrario ogni trama potrà essere robusta finchè si vuole ma sarà sempre e solo isolata e non costituirà quel tessuto che occorre. Grazie per l'opportunità e...posso pubblicarlo sul mio blog per farlo conoscere a più persone?

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  2. Donna, la tua riflessione è corretta.
    Mi permetto il dissenso su di un aspetto, quello dell'implicita critica verso le organizzazioni politiche, rappresentate (più o meno efficacemente e sinceramente) dai "partiti".
    Una delle discussioni storiche Radicali verte proprio sul categorico rifiuto della forma partito tradizionale, che inevitabilmente finisce per confluire nell'attuale sistema oligarchico, un'anomalia di sistema che proprio nella logica di partito o schieramento, impedisce l'assunzione di responsabilità, tutta politica, necessaria per iniziare il cambiamento.
    Grazie per avercelo ricordato, spero, a breve, di poterti ritrovare su iniziative specifiche al tema che stiamo trattando.
    Pubblicalo pure, il blog è ancora parziale, e mancano le indicazioni di licenza aperta.
    Ciao.

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  3. Ciao Carlo,
    più che critica la mia è una constatazione. Comunque il riferimento non voleva essere rivolto solo alla politica, ai partiti. Credo che un lavoro di rete sia indispensabile in ogni campo. Vedi ad es la sanità o la scuola ecc. Se un soggetto ha un problema fisico, ha anche delle ripercussioni a livello psicologico che si rifaranno a loro volta di nuovo sul fisico e così via in un circolo vizioso senza fine. Se un ragazzo ha dei problemi a scuola, potrebbe manifestare con questi un disagio che potrebbe provenire dai rapporti coi compagni o dalla famiglia o da un malessere ecc. Quello che vorrei rendere esplicito è il concetto che forse dobbiamo smettere di considerare un sintomo solo a compartimenti stagni di cui si occupa uno specialista per volta. Finchè i vari specialisti non si mettono intorno a un tavolo per vagliare a 360° un unico sintomo, ognuno farà del suo meglio nel suo campo, ma il suo lavoro, essendo isolato da quello degli altri, non avrà la forza nè comprenderà le varie competenze che occorrono.

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  4. Vi inviamo il testo del saluto che Usciamo dal silenzio ha rivolto alle partecipanti e ai partecipanti alla manifestazione della sera de 25 novembre alla Stazione Centrale di Milano contro la violenza sulle donne:





    Stasera abbiamo scelto un luogo pubblico - questa stazione - perchè vogliamo rendere pubblico che dietro la violenza sulle donne c'è la qualità della relazione tra gli uomini e le donne .

    Stasera abbiamo chiesto con la nostra parola che altri -chi governa- prendano parola pubblica per dire basta alla violenza sulle donne ovunque essa si eserciti, nelle case e nelle strade, sul corpo e sulla mente delle donne.

    Stasera abbiamo chiesto un cambio di passo: a noi stesse, agli uomini che possono e devono esserci compagni, alle più giovani e ai più giovani, a chi è chiamato a rappresentarci.

    Stasera siamo arrivate qui - luogo di arrivi e partenze, di incontri e di solitudini- forti di una parola che ci siamo riprese, che abbiamo saputo - in questo ultimo anno - arricchire dei nostri saperi , intrecciare con altre donne, far valere nello spazio pubblico e sulla scena della politica come da tempo non succedeva.

    Non vogliamo essere vittime per sempre e vogliamo essere protagoniste di cambiamento: è il progetto che ci lega, ci impegna, ci fa forti da un anno in qua e da qui in avanti.

    Grazie e arrivederci a tutti e a tutte quelle che stasera l'hanno condiviso.



    Usciamo dal silenzio

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  5. Grazie della segnalazione, Cristina.

    C.

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