venerdì 7 ottobre 2016

«Lo studio è una forma di corruzione: la peggiore, se lo si prende sul serio» di Federica Frasconi

«Lo studio è una forma di corruzione: la peggiore, se lo si prende sul serio.
La delicatezza della vita che si scontra con un Darwin quasi eterno».

 di Federica Frasconi

Di pochi giorni fa la notizia di un professore dell'università di Bologna, che è lodevole citare, Lucio Picci (docente di politica economica) il quale, sentendosi in torto moralmente nei confronti degli studenti, ha detto loro che sarebbero stati liberi di copiare se l’avessero ritenuto utile.
Liberi di copiare sì, ma con una premessa molto educativa e realistica la quale include l'apparente gesto immorale ed anti etico del professore nella correttezza morale, come un gesto leale e di giustizia sociale e non di oppressione dei ruoli; Se tra professori accade che molti copiano i lavori degli altri, restando impuniti dietro un accondiscendente omertà, (“La segretezza e una fitta rete di connivenze assicurano il mancato accertamento dei casi di plagio” ha scritto il professore) è giusto che anche gli studenti possano copiare se lo vogliono e possano farlo senza subirne conseguenze accademiche.
La lettera scritta dal professore agli studenti ed ai colleghi compreso il rettore “magnifico”, riporta anche un fatto che parla di una studentessa sospesa per tre mesi perché beccata a copiare e riporta anche casi di plagio accademico come quello presunto (ancora da accertare dopo 16 anni dall’accusa) di Enrico Lorenzini, incoronato professore emerito. Il plagio non essendo quasi mai riconosciuto come reato, è tranquillamente libero di esserci ed operare assurdamente su idee di altri mettendole sotto il nome di chi se ne appropria.

La stessa cosa, a quanto sento dire, accade a tutti i laureandi od agli stessi studenti nel momento della stesura della tesi; o lavori per i professori agevolando loro le pubblicazioni o scrivi per far trovar uno spunto di ripresa alle datate uscite editoriali.
La reputazione sta in quante pubblicazioni riescono a fare e ad aggiungere al curriculum che spesso si trova allegato ai numerosi siti internet esposto come un medagliere che al posto dei numeri di matricola ha i numeri dei libri scritti.
La reputazione accademica non è reputazione personale. Oppure è qui che dovremmo tutti fermarci ed anche professori e studenti e rettori. La reputazione accademica è più importante di quella personale? É più importante della reputazione che si ha sulla persona e che la persona ha su sé stessa con sé stessa?
La reputazione accademica sovrascrive quella personale?
Ecco il punto, o meglio uno dei tanti seppur uno dei principi fondanti.
Ho avuto l'impressione, non da sempre ma fino a quando ho ben capito la realtà di certe convenevoli modalità di esposizione sia del corpo strutturate che di quei luoghi in dislivello che degli argomenti trattati, che l'università è una macchina di produzione congeniale all'adattamento ed al modellamento per non dire alla manipolazione delle menti.
Le stesse lezioni di storia come di politica come di etica possono essere totalmente diverse da altre seppur riguardanti le stesse materie non tanto per le modalità di insegnamento, ben venga la capacità di trasporto e creazione di interesse da parte dei professori, quanto per gli stessi contenuti. L'imparzialità dell'esposizione dovrebbe essere garantita salvaguardando sempre la discrezione creatrice ed espressiva del singolo insegnante.
Qui non si tratta di mettere i grembiuli o la casacca per appartenere ad un rigore infallibile, qui si tratta di riconoscere che il rigore deve essere nell'imparzialità, imparzialità che ha in sé un grande rispetto della mente e della coscienza propria e dell'altro. Invece, spesso, gli studenti si trovano a dover comperare i libri (originali e non fotocopie di testo, espressamente vietate dalla legge su copy right) dei professori del corso per potersi preparare all’esame, cosicché si garantisca solo il rialzo delle vendite di tutte quelle dovute pubblicazioni che schiavizzano l'intelligenza degli uni e degli altri.
L'aria che si respira in quelle stanze è la stessa che si respira nel mondo del lavoro, dell'arrampicatore sociale interno ed esterno alla persona: ma non in tutto il mondo del lavoro funziona allo stesso modo per tutti. C’è chi subisce questo meccanismo e chi ci guadagna, pur essendo uguale a chi subisce.
Se i professori scrivono pubblicazioni per essere sempre aggiornati e considerati più competenti, allo stesso modo dovremmo comprendere come questa costruzione, seppur in minima parte, porti ognuno di noi ad una scelta costretta: certe imposizioni fisicamente riprodotte lì dentro sono utili a chi segue ogni organizzazione convenzionata o con la struttura universitaria o con chi, strumentalizzando la realtà, affilia a sé quelli reputati migliori non tanto per le qualità quanto per la facilità e la certezza con cui verrebbe mantenuto il segreto di ingaggio altrove ed aumentare così il prestigio dell’ateneo nelle classifiche nazionali ed internazionali.
Ci sono studenti con il 30 e lode che nessuno vuole tra i piedi ed altri che invece sono lì a collaborare. Ci sono studenti che hanno 18 o altri voti rispetto al 30 o al 30 e lode e che, allo stesso modo dei precedenti, nessuno vuole tra i piedi o al contrario collaborano tra ente ed ente
Gli studenti sono numeri di matricole ed i professori sono numeri di pubblicazione: la più grande fucina di omologazione differente, non è un paradosso: si formano persone ad esser apparentemente diverse ed originali esternamente facendo di questa espressione una clausola di salvaguardia dalla personalità vera mentre si formano internamente tutti soggetti allo stesso modo più controllabili e quindi più in dovere di tacere. Un'omologazione dall'esterno da parte del corpo docente che va all'interno dell'inferiorità rappresentativa degli studenti.
Ruoli e ruoli; questo imporre falsamente idee ed etiche alquanto delicate e profonde per pulire la latrina del corridoio che connette lo studente al lavoro d'ingaggio è un percorso che è stipulato nella società da sempre!
Non sono i ruoli il problema, il problema è imporli come unica visione ed unica realtà accettabile e questo lo intendo anche in tante altre questioni sociali.
La stessa violenza psicologica imposta da questi meccanismi che fa sì che lo studente, sentendosi sbagliato o non competente in quanto non nel livello di gara ottimale contro l'altro collega, si senta sempre in continua negazione delle sue fantasie e creazioni.
La stessa violenza psicologica e fisica che spesso viene poi riperpetuata all'esterno in una società piccola o grande come le relazioni.
Spesso sentiamo dire che la violenza è di genere: Non è così! La violenza non parte da un preconcetto o da un stereotipo, la violenza è trasversale ed è sul genere e non di genere e non appartiene ad alcune classi sociali rispetto ad altre, ma a tutte.
La donna può essere violenta fisicamente o/e psicologicamente con un’altra donna o/e con un uomo.
Un uomo può essere violento psicologicamente e/o fisicamente con un altro uomo o/e con una donna.
Questo bisogna comprendere!
Cosa c'entra con il professore che permette agli studenti di copiare, per protesta contro il plagio nelle università?
C'entra eccome, perché anche lì il fattore scatenante è la constatazione reale che c’è chi può e chi non può, chi è dato per scontato che può e chi è dato per scontato che non può.
Se gli stereotipi sono così fradici di irrealtà, figuriamoci i pregiudizi!
Non è ordine sociale né ordine mentale stabilire chi può per una presunta teoria e chi non può per una evidente carenza di fogli stracci da mettere nella cartella allegata al curriculum, illusi di poter contare qualcosa in base a quante competenze acquisiscono o peggio illusi di contare in base alle competenze personali innate.
Ci speravo anche io cari studenti, da studente e da persona prima ancora, che esistesse la correttezza nelle istituzioni: mi sono ricreduta perché non ho mai chiuso gli occhi ne ho mai fatto finta di non vedere o non sentire, per questo vi dico, io che ancora devo prendermelo questo pezzetto di carta, perché richiesto dentro il curriculum, vi dico: non tralasciate la vita!
Se un giorno dovete studiare più dell'altro e sentite che dovete ma non volete in fondo, uscite e fate quello che sentite: se vi dicono di studiare e non lavorare, non credeteci! Studiate e lavorate se lo volete, prendete il lavoro come tutti lo prendono e arriverà il giorno in cui sarete premiati per la vostra fatica pulita e solo vostra. Con questo non voglio dire di non ascoltare un consiglio ma sappiate bene ascoltare e decidere da soli ciò che reputate meglio dentro voi. Tutti siamo dentro questo meccanismo e tutti dobbiamo viverci restando noi stessi: Questa è la vera guerra che tutti vogliono nasconderci!
Noi stessi, ognuno sé stesso, solo così si ama e si conosce l'altro: quando si conosce ininterrottamente se stessi nell'altro e con l'altro. Siate voi stessi e non una mascherina con lo stesso busto e diverso accento.
Impegnatevi in quello in cui credete. lo studio è una gara, una lotta che serve per il curriculum ma sappiate di non tralasciare la vostra scoperta; il cuore, l'amore, l'altro, il dolore, la sconfitta, la fatica della vittoria che sognavate non la vittoria dovuta al sistema socio economico.
Molti sostengono che lo studio aiuti a comprendere queste realtà: non ho mai visto un analfabeta privo di emozioni ne ho mai visto un analfabeta privo della capacità di vivere le sue emozioni.
Non è delle classi sociali l’amore e la sua dignità, ne è delle classi sociali la capacità umana di viverlo. Non lasciatevi ingannare!

Siate artisti, artisti cosicché proteggiate la vostra natura sempre da ogni attacco, siate artisti come ognuno di noi è, siate artisti anonimi come quegli artisti, ghost writers, che magari neppure consociamo e che stanno dietro tante teorie che studiamo: Artisti che, forse, non avendo l’autorità giusta e le giuste competenze rappresentative sono stati spogliati delle loro opere per affibbiarle a chi poteva permettersi di renderle pubbliche per non sconvolgere l’irreale assetto sociale.
La laurea serve, il curriculum serve per il lavoro in questa società, sempre più veloce. Di per sé la velocità non è un disvalore, si può essere veloci per correre verso ciò che ci fa star bene o si può esser veloci per fuggire e non pensare: come gli orari di lavoro o di studio che alienano la persona da sé stessa.
Studiate per prenderli tutti in giro, correte nella scala sociale per prenderli in giro ma restate voi stessi sempre.
Sappiate vivere e trarre dal marcio, che inevitabilmente calpestiamo e calpesteremo, il meglio e fatene tesoro, quello è l'unico diamante da far splendere nel ricordo.
Lo studio è una forma di corruzione: la peggiore, se lo si prende sul serio.

Il lavoro deve servire per essere noi stessi non per essere altro da noi stessi.
Fate ciò che potete e non ciò che è facile e sempre migliore alle comodità di chi vuole privarci della libertà principale: noi.
Non scrivete per lavorare ma lavorate per poter scrivere quello che volete:
anche se dovrebbe essere sempre garantita a tutti libertà di espressione, così deve essere, voi e tutti noi lottiamo perché il lavoro porti il cibo e paghi il tetto mentre la testa ed il cuore costantemente ci portino ad esistere nella libertà.
La mente o il corpo non muoiono se un giorno digiuniamo, noi stessi se ci dimentichiamo per un giorno di ascoltare e vivere, moriamo.
Arte dell’amore e forza a tutti, sia studenti che professori, forza a tutti noi: persone.

Federica Frasconi



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