ACCADDE A
PERUGIA, ANNO DOMINI 2015.
Una storia
di ordinaria omofobia.
Lei si chiama Maria. E’ una
ragazza di 25 anni, studentessa universitaria cui manca poco per laurearsi, la
quale si è trovata un lavoretto per finanziarsi gli studi. L’università dista
parecchi chilometri da casa per cui ha bisogno di una stanza nella città sede
della facoltà.
L’altra si chiama Susanna, una
signora che potremmo definire di medio alta borghesia, in pensione dopo aver
ricoperto un ruolo lavorativo di un certo prestigio e divenuta ora efficiente
affittacamere.
Maria trova l’annuncio per una
stanza in una casa, da condividere con altre ragazze vicino all’Università così
contatta Susanna. Si incontrano, parlano di tutto ciò di cui si parla durante
una normale trattativa per un affitto e trovano l’accordo su tutto, anche sul
prezzo. Trattativa liscia come l’olio, cui segue una richiesta di amicizia su
facebook da parte di Susanna.
Siamo in agosto, Maria lascia una
caparra di 50 euro con l’accordo che il 15 settembre avrebbe preso possesso
della stanza. Nel frattempo Susanna si mostra molto attiva su facebook nel
proporre a Maria offerte di lavoro, le più disparate e, soprattutto, lontano da
Perugia. Sollecita gentilezza.
Ci si avvicina al 15 settembre e
Maria, non avendo sentito più nulla da Susanna, la contatta per confermare il
suo arrivo nella casa e per mettersi d’accordo per la consegna delle chiavi.
È a quel punto che qualcosa
comincia a non quadrare. Susanna nicchia, si dimostra evasiva e davanti alle
richieste di chiarimento di Maria per quelle titubanze, le dice: “Meglio se ci
vediamo, vorrei parlarti a voce”.
Appena si incontrano, le cose non
dette al telefono prendono forma. Susanna fa: “Se vuoi, parliamo del tuo problema.”
Problema? Sì c’è un problema: Maria è lesbica. Susanna se n’è accorta ficcanasando nel suo profilo facebook.
Problema? Sì c’è un problema: Maria è lesbica. Susanna se n’è accorta ficcanasando nel suo profilo facebook.
“Sai, per quanto mi riguarda non
sarebbe un problema, figurati, ho tanti amici omosessuali. Però… cosa
potrebbero pensare le altre ragazze? Sai, vengono da famiglie bene del sud…
sono tradizionaliste e io devo pensare alla serenità della casa… Magari posso
provare a parlarci prima, vediamo come si mette la cosa…”
A quel punto Maria, che rivendica
il diritto di poter vivere la sua vita senza doversi vergognare o giustificare
i suoi orientamenti sessuali, rinuncia alla casa. Susanna le restituisce la
caparra facendole capire che 50 euro le potranno far comodo! Coscienza
sistemata.
Favola? No, una storia vera. Non
è accaduta a Teheran, non è accaduta nell’Italia bigotta di qualche decennio
fa.
E’ successo a Perugia, Anno
Domini 2015.
P.S.: Maria nel frattempo ha
trovato un’altra stanza, divide la casa con alcune studentesse, vivono in
armonia e non si è mai introdotta di soppiatto nel loro letto. Susanna
probabilmente avrà affittato la stanza ad una ragazza eterosessuale, o almeno
tale in apparenza, e nulla turberà la serenità della casa, delle altre
coinquiline, delle famiglie bene del sud, dell’Italia conformista e bacchettona
in cui ancora viviamo.
Michele Guaitini - segretario radicaliperugia.org
Andrea Maori - tesoriere radicaliperugia.org
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