Radicali fuori dal Parlamento.
Questo potrebbe essere lo scenario che attende il partito fondato da
Marco Pannella se non riuscirà a raccogliere le circa 160 mila firme
necessarie per presentare la lista alle elezioni politiche. Per il
segretario, Mario Staderini, "siamo sotto gli standard minimi della
democrazia".
Staderini,
veniamo subito al punto: il problema è che non avete trovato un accordo
con un grande partito, come nel 2008 con il Pd?
Non siamo mica dei panda. Noi non vogliamo sopravvivere a tutti i costi, chiediamo uno Stato di diritto.
Perché adesso non c'è?
L'intero
processo elettorale non è democratico. Non si sa ancora quale sarà la
data delle elezioni né con quale legge elettorale voteremo.
Il Porcellum è vivo e vegeto e se un governo cade durante la legislatura, dopo due mesi si va al voto.
D'accordo, ma questo momento è davvero particolare.
Come mai?
Perché
le firme vanno raccolte in tutti i collegi, e se non hai autenticatoci
sul territorio il ministero non te li concede. Di più, nel Lazio e in
Lombardia, dove si vota anche per le elezioni regionali, non ci sono
proprio i moduli a disposizione. Le istituzioni se ne fregano. La
raccolta delle firme si è trasformata in uno strumento per non far
accedere al gioco chi è fuori dalla partita.
Ovvero solo chi ha un gruppo in parlamento è esente.
Quindi
potrebbe essere un problema anche per il Movimento 5 stelle. Esatto. E
noi, a differenza loro, non ci concentriamo solo sul nostro risultato
elettorale ma cerchiamo di garantire un diritto. Per non parlare degli
spazi negati in tv e le tribune politiche cancellate.
Quindi cosa farete?
Porremo
la questione a Giorgio Napolitano, perché si impegni a far partecipare
tutti nel rispetto delle regole, ora il pallino è nelle sue mani. Oggi è
presidente di una Repubblica senza diritto, di uno Stato in flagranza
criminale, e noi non vogliamo giocare una partita truccata.
Sta dicendo che preferite non presentarvi?
Non
ci saremo se non possiamo usare il nostro simbolo (ndr.) all'interno di
una coalizione. Nel 2008 siamo stati vittime di un ricatto: o
entravamo nel Pd o stavamo fuori del tutto. Poi però avete agito
autonomamente in molte occasioni. Il Pd in questi anni ha preferito
evitare il dialogo con noi, ma hanno il dovere di rispondere ai loro
stessi elettori. Se ci fosse una vittoria del centrosinistra senza il
patrimonio radicale sui temi etici e della giustizia sarebbe una
vittoria monca.
Suona come un appello a Bersani.
Al
segretario del Pd, come anche a Vendola o alle forze del centrodestra,
mi appello perché intervengano sulla democraticità delle elezioni, a
supporto della nostra lotta che è per il diritto di tutti. Chi non si
batte è complice.
Non avete pensato di discutere con il quarto polo arancione, fortemente schierato sui temi etici e sulla giustizia?
Dialoghiamo con tutti, ma bisogna capire cosa si intende per giustizia. Quella "alla Di Pietro" non ci interessa.
Insomma, Bersani o morte.
A
Bersani importa qualcosa della nostra situazione? Se qualcuno si
facesse carico di questa lotta, che è la stessa di quella per la
giustizia e l'amnistia, sarebbe un fatto politicamente rilevante.
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