venerdì 13 luglio 2012

Denuncia dalle Carceri: nessuna risposta per la prevenzione rischi autolesionismo e suicidi


I fondi per la copertura dei servizi sanitari penitenziari non sono sufficienti per le necessità operative

di Andrea Maori
 da Umbria settegiorni del 13 luglio 2012

Nei giorni scorsi presso la Casa penale di Maiano di Spoleto si è tenuto un seminario sulla salute in carcere organizzato dal forum per il Diritto alla Salute in Carcere.
In un documento finale, una copia del quale radicaliperugia è venuto in possesso, viene denunciato un quadro problematico: in generale al di là delle intenzioni espresse attraverso protocolli di intesa, mancano risposte concrete agli accordi della Conferenza Stato-Regioni relativi all'istituzione di un gruppo di lavoro, composto da operatori sanitari e penitenziari, per prevenire il disagio psichico ed i rischi autolesivo e suicidario. Se si fa eccezione per il carcere di Perugia, vi è scarsa integrazione tra area sanitaria e le altre aree all'interno degli istituti, che rende frammentato e quindi poco efficace l'intervento sull'utente. Il servizio per i detenuti tossicodipendenti è carente, mentre per gli altri detenuti l'assistenza psicologica è addirittura assente. E' da sottolineare che tali servizi rappresentano risposte a problematiche specifiche degli utenti e sono necessari sia sotto il profilo della prevenzione del disagio psichico che della elaborazione dell'esperienza di vita, compresa la revisione critica di trascorsi devianti, richiesta dalla magistratura per la concessione di benefici. L’iniziativa ha evidenziato in maniera inequivocabile come alcune necessità non trovino risposta a causa di difficoltà, per chi oggi è responsabile della Salute in carcere, ad entrare nelle problematiche di un contesto così delicato e complesso, in parte fisiologiche ad ogni processo che si avvia. Ci pare particolarmente interessante notare che nel documento finale è' stata rilevata come la carenza di risorse economiche renda difficoltoso declinare il concetto di salute nei termini stabiliti dall'organizzazione mondiale della sanità e come questo, in un ambiente come il carcere - dove le domande di salute sono prevalentemente di carattere psicologico e sociale - costituisca un ostacolo ulteriore nel rispondere ai bisogni di salute degli utenti.
Una forte denuncia riguarda la nuova gestione della Sanità Penitenziaria: come da più parti sottolineato i fondi necessari per la copertura dei servizi sanitari penitenziari non sono sufficienti per le necessità.  Addirittura è emerso che i fondi destinati alla salute siano stati utilizzati per la copertura di alcuni “buchi” nel budget delle ASL. Molti operatori hanno fatto capire come che il passaggio al Servizio sanitario nazionale con la legge 230/99 non abbia sostanzialmente cambiato una cultura che colloca il detenuto, in quanto responsabile di azioni con le quali tutta la sua persona tende ad essere identificata, in una posizione subalterna. Cultura che risponde più ad un pregiudizio che ad evidenze scientifiche, le quali mostrano come la mente umana non è statica. Le cellule neuronali stesse si rigenerano, a condizione che vengano offerte esperienze in grado di modificare il comportamento, espressione esteriore della personalità. Tali presupposti marcano la differenza tra una punizione come vendetta sociale ed una pena giusta, in quanto retributiva ma anche strumento riparativo e di recupero della persona.

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