giovedì 11 marzo 2010

Testo dell’intervento di Elisabetta Chiacchella, di radicaliperugia.org, all’assemblea radicale del 9 marzo 2010 a Roma



L'intera conferenza si può riascoltare cliccando su http://www.radioradicale.it/scheda/299004/assemblea-nazionale-dei-radicali

Voglio innanzitutto ringraziare Marco Pannella per quanto sta facendo per far emergere la verità sull’inizio della guerra in Iraq. La sua tenacia nel non far scomparire questa questione dalle coscienze di noi europei nati in Italia, di noi occidentali mi sembra urgente, tanto più perché così impopolare.Sarebbe impossibile per un nonviolento non occuparsene perché tutti noi sappiamo che si è tornati a tempi fortemente militarizzati e questo ci preoccupa.

Sapere che lui non solo se ne preoccupa, ma se ne occupa volando a Londra e approfondendo la propria conoscenza del fatto per proporla all’attenzione nostra ora, e speriamo di molti altri d’ora in poi, è di grande conforto per me e immagino per tutti, qui tra noi.

Questa è  la priorità ai miei occhi, la più grande di tutte, perché  per carattere mi interessa il mondo, lavorando in una Istituzione, l’Università per stranieri di Perugia, in cui il mondo mi passa sotto gli occhi tutti i giorni. Ma non è che passa e va: rimane a lezione e ragioniamo insieme. Così, proprio perché ho visto e ragionato, so per certo che la mancanza di forza morale di quelli che come noi hanno avuto la buona ventura di vivere in paesi, almeno sulla carta, democratici, se lascia il campo e si unisce di fatto alla voglia di espansione dei paesi non democratici, potrà di nuovo come coazione a ripetere condurci a soluzioni tragiche con risposte belliche, e così alla dissoluzione di una civiltà.

Marco Pannella si impegna a scongiurare questa ipotesi, denunciando la nostra mancanza di forza morale, e io sento fin nel profondo che parla anche a mio nome. E con quel suo aspetto, bello, da enciclopedista settecentesco col codino, è un conforto saperlo in azione.

Detto questo, arrivo al motivo della nostra convocazione di oggi, alla questione delle elezioni regionali: decidere se sedersi o no al tavolo dei bari. E allora ora devo ringraziare Emma, il cui pensiero mi sembra (e senz’altro c’è una parte di illusione in questo) di poter scansionare in presa diretta, come se i suoi ragionamenti anticipassero di un ette i miei, dandogli voce e parole. Vediamo se stavolta invece potrò essere io ad essere in anticipo rispetto ai suoi ragionamenti ed opinioni, offrendole argomenti che siano di qualche utilità. Quanto meno, ho l’ardire di provarci.

Allora Emma, io penso di sì, che ci dobbiamo sedere a questo tavolo. Primo perché  adesso tutti sanno che c’è chi bara, e fino a dieci giorni fa non era così scontato. E mezzi di informazione, come il Corriere della sera, cominciano ad avere lo scrupolo, per convenienza se non per pudore, a farsi scoprire a sostenere i bari.

Secondo: questa non è la partita finale. Diciamo che è la tappa di un torneo, e stavolta giochiamo a squadre, soprattutto in regioni chiave come il Lazio e il Piemonte. Ciò è un indubitabile fatto, che è scritto in quelle carte piene di firme autenticate e timbri che abbiamo presentato nei tribunali piemontesi e romani sabato 27 febbraio. E che probabilmente potranno tirarci fuori dai nostri ghetti, per usare una figura pannelliana che mi è tanto piaciuta nel suo libro.

Questi sono i miei argomenti Emma, che ti offro anche come dono per il tuo compleanno, non so più se era ieri, oggi o l’altro ieri. E vorrei chiudere proprio con una nota di positiva indistinzione fra ieri, oggi e l’altro ieri, raccontando un aneddoto personale che mi è successo leggendo fino in fondo il libro per gli ottanta anni su Marco. Lo leggo tutto e scopro nelle ultime pagine che fra i sostenitori della candidatura a commissario europeo di Marco, se non ricordo male nel 1988, c’era anche mia madre, fra gli imprenditori: Giuseppina Antonelli, fondatrice dell’AIDDA in Umbria e già segretaria del PLI locale.

Così  la storia di generazioni ha davanti a sé la sfida morale di uscire dalla minorità non tanto per noi, ma per la nostra comunità, sfibrata da metodi che mai come oggi mostrano la corda della loro inservibilità.

Quindi vi rimbalzo l’interrogativo che è riecheggiato nella piazza sabato scorso: Marco e Emma, se non ora, quando?

Forza Emma, e buona scelta!

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