mercoledì 29 ottobre 2008

I Radicali nella distorsione all'Argentina della democrazia italiana

Camera dei DeputatiPannella al SenatoDi Marco Bazzichi, iscritto a Radicaliperugia.org


Tra molti simpatizzanti radicali, e anche tra qualche loro figura di rilievo, l’accordo col Partito Democratico non è mai andato giù. Tanto meno ora che, a detta di molti, sarebbe servito soltanto a far inglobare e quindi “anestetizzare” il virus radicale nel secondo partito italiano. All’interno di questa visione oltremodo pessimistica, non manca infine chi, ancora più nero d’umore, ritiene che questa sia l’inevitabile conseguenza del raggiunto bipartitismo all’americana tanto desiderato da Marco Pannella.(...)


Effettivamente, i radicali da sempre sostengono il bipartitismo, col maggioritario però. Mentre ora siamo in regime di bipartitismo col proporzionale. Fermo restando che non manca chi fa confusione tra il bipolarismo, che è quando vi sono due coalizioni contrapposte di più partiti, e appunto il bipartitismo, dove ci sono tendenzialmente due partiti. C’è il bipolarismo, che è una cosa, c’è il bipartitismo, che è cosa ben diversa, ma c’è anche bipartissimo e bipartitismo. Con la sua inarrivabile lungimiranza, Marco Pannella, già dalla metà degli anni Ottanta, metteva in guardia da quel sistema politico a cui è poi davvero approdata l’Italia: il famigerato “bipartitismo all’argentina”, dove c’è il proporzionale. Se in Argentina hai due partiti col proporzionale, questo vuol dire che non tutti i bipartitismi sono uguali. E qualsiasi paragone con l’Argentina è sempre ben calzante.


Il discorso però è più complesso e profondo, come più complessa e profonda è la realtà che ogni pensiero politico degno di questo nome cerchi, spesso vanamente, di afferrare.  Il problema di fondo, lo sappiamo bene, non può certamente essere l’accordo col PD. Di fondo, vi è, per usare un eufemismo, l’assoluta carenza di democrazia in Italia, che è speculare tra vertice e base. Purtroppo  i fini analisti, compresi i radicali, si concentrano sul funzionamento delle istituzioni,  e quindi sul vertice della società, quando ci pare di poter affermare, senza demagogia, che negli ultimi anni è venuta meno la tensione, e quindi l’attenzione, nei confronti della “cosa pubblica” da parte della base e dei vari elettorati. “Anagrafe degli eletti”: sì, ma qua ci vuole un anagrafe degli elettori, per dirla con una battuta.


A questa mancanza di attenzione dall’elettore all’eletto, si aggiunge, come dato antidemocratico in stile sudamericano, la iperspecializzazione delle lotte e delle rivendicazioni. Questo lo testimonia l’attuale movimento studentesco. Premesso che chi scrive è andato ben volentieri ad unirsi ai cortei studenteschi e ad ascoltare le lezioni in piazza, e pur condividendo le ragioni degli studenti e dei ricercatori, e premesso infine che un insegnante in Italia guadagna un terzo in meno dei suoi colleghi europei, è sbagliato dire, come ha tentato Epifani, che questo movimento studentesco è paragonabile, se non superiore, a quelli del Sessantotto e fine Settanta: non per ragioni numeriche, ma per una sostanza completamente diversa. Proprio in questa ottica di specializzazione della lotta, gli studenti scendono in piazza per rivendicare i propri diritti e solamente i propri. Quindi, contro le rette più basse e per maggiori fondi alle ricerche. Invece sappiamo bene che trent’anni fa si mischiavano in armonia la lotta operaia, col pacifismo e appunto i diritti degli studenti. Oggi invece abbiamo tutto separato.  In questo clima generale di tasso di democrazia azzerato, è chiaro che il ruolo anche dei radicali e di coloro che vogliono stare con un piedino e nulla più dentro il palazzo è ridotto da questa deriva. Se i radicali si sentono “anestetizzati” non possono davvero rifarsela col PD, né con Pannella che ha insistito per l’accordo, ma per la loro ridotta capacità di agire in una società dove è terribilmente complicato agire. In questo senso, è da sottolineare l’atteggiamento propositivo dei radicali perugini, molto sensibili alle questioni del proprio territorio e generalmente motivati da una voglia di fare che non si riscontra in altre importanti città.

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