venerdì 19 settembre 2008

Intervento integrale di Tommaso Ciacca alla Tavola rotonda “Gli anni del futuro regionalista: l’impegno delle forze politiche”

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Ringrazio innanzitutto per l’invito gli amici e i compagni di "lettereriformiste", Gianni Barro, Augusto Morosi, della associazione oggi intitolata ad Altiero Spinelli,che insieme ad Ernesto Rossi, tra i fondatori del partito più longevo in Italia, il Partito Radicale, scrisse il Manifesto di Ventotene. Vorrei ricordare anche in questa sede quel Manifesto per la sua attualità. In esso si prefiguravano gli Stati Uniti d’Europa, la necessità cioè del superamento dello stato nazionale, che da " tutelatore della libertà dei cittadini, si era trasformato in padrone di sudditi". Anche come premessa al tema di questa sessione pomeridiana "Il governo dell'Umbria del dopoguerra: passato e futuro, una continuità senza feticci", il contesto di riferimento per la nostra Regione, ente autonomo della Repubblica, credo debba rimanere quello europeo, garanzia verso elementi di degenerazione politica e istituzionale.

Ma proprio il titolo della nostra sessione "il governo dell’Umbria…una continuità senza feticci", pone immediatamente una serie di riflessioni. Innanzitutto non ci si può non domandare se sia fisiologico per il bene del processo democratico, che vi sia stata e vi sia una continuità di governo pluridecennale, senza una qualsiasi alternanza alla guida della Regione. Questo è un fatto storico e va analizzato come tale, scrupolosamente con metodo scientifico. Da qui l’importanza di convegni come quello di oggi, di seminari, approfondimenti sul tema, anche alla vigilia degli appuntamenti elettorali prossimi, con la possibilità di ascoltare più voci, non solo quelle che vengono dal "palazzo", come scriveva Pasolini, ma anche da fuori dello stesso, dove è possibile trovare, "ciò che è infinitamente più nuovo, spaventosamente più avanzato". Il nostro apporto di militanti radicali, ma non radicati sul territorio, senza strutture classiche di partito, senza aver mai ricoperto incarichi amministrativi, di assessorato o di dirigenza , può essere di aiuto al confronto, in quanto proviene appunto da "fuori dal palazzo", da parte di chi è attento, appassionato, attivo su tanti fronti con strumenti nonviolenti, conciliando la propria professione, i propri affetti, le proprie risorse economiche con l’impegno civile e politico quotidiano.

In Umbria esiste quindi innanzitutto un problema strutturale delle e nelle istituzioni che vede nell’ autoreplicarsi di un sistema oligarchico, asfittico, il nodo storico che investe le maggioranze, ma anche le opposizioni, nodo che va studiato per poi poter sviluppare proposte politiche e strumenti operativi per il futuro. Si deve affrontare cioè la questione del "Regime umbro", dell’intreccio tra politica, affari, clientele, appalti, informazione, scambio di interessi ad ogni livello tra le diverse caste. E non per il gusto di puntare il dito, di fare un "j’accuse" fine a se stesso, ma per trovare gli elementi possibili di una riforma in grado di mettersi in moto anche dall’interno del "palazzo". E’ sotto gli occhi di tutti, sulla base delle cronache dell’appaltopoli che ha investito la Provincia di Perugia, ciò che una mancata, non ricercata consapevolezza in questo ambito, può produrre con effetti certamente indesiderati.

In base alle abbozzate considerazioni generali, la risposta alla domanda presentata in questa tavola rotonda, se vi siano le condizioni per riprodurre il clima della fase costituente della Regione, non può che essere radicale, cioè di attivare una ricerca che vada alla radice dei problemi strutturali che si sono creati in questo sessantennio. E se si vuole trarre elementi utili poi per il futuro regionalista e quindi per le proposte da mettere in campo per una riforma, si potrà partire da ciò che in quello stesso periodo di entusiasmi costituenti, Aldo Capitini affermava sulla necessità di dare vita a iniziative per allargare la partecipazione popolare al potere e per contestare il volto violento delle istituzioni civili e religiose, la loro falsità e mancanza di coerenza rispetto ai principi informatori. Questo è l’input capitiniano, che anche lo statuto regionale tiene in considerazione, così come contiene il termine "nonviolenza" ( anche scritto separato). Ma appunto ciò su cui si deve fare un grande passo in avanti è la discrasia esistente in Umbria tra "i principi informatori" e la loro effettiva fruizione da parte dei cittadini. Se le regioni nascono per garantire una maggiore vicinanza tra istituzioni e cittadini, questo dovrà essere o no un obiettivo prioritario da perseguire?

Ecco io trovo che la riforma primaria per il regionalismo umbro, passi in primis proprio da pochi, chiari punti che riguardano la partecipazione, la trasparenza e il rispetto delle leggi da parte degli organi istituzionali regionali, provinciali e comunali. Ci sono voluti trent’anni circa perché venisse rispettato il dettato costituzionale che prevede per gli elettori la possibilità di utilizzare una seconda scheda, quella del referendum. E sul divorzio fino all’ultimo tutti i partiti persino chi votò per il NO e vinse, come il partito Comunista, cercarono di evitarlo. Marco Pannella, lo ha ricordato proprio a Perugia lo scorso anno. Si avviò la stagione delle riforme sui diritti civili e poi intervenne la Corte Costituzionale a bloccare di nuovo tutto. La Costituzione Italiana, quando tratta dello statuto regionale (art. 123) lo fa dandogli rilievo come strumento per regolare il diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti regionali. Se si va a leggere lo statuto della regione Umbria del 2005:

La Regione, al fine di creare nuovi spazi di democrazia diretta e di inclusione sociale, riconosce e garantisce la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, all’esercizio delle funzioni legislative, amministrative e di governo degli organi e delle istituzioni regionali. La partecipazione si attua mediante l’iniziativa legislativa e referendaria, il diritto di petizione e la consultazione. (art. 20 comma 1,2)
La Regione riconosce il referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce l’utilizzazione (art. 22, comma 1).

Ebbene in Umbria i referendum regionali non s’hanno da fare. Quanto dovremo aspettare? Il referendum sulle indennità dei consiglieri regionali sottoscritto nel 2004 da oltre 13.000 cittadini è stato rinviato per ben tre volte prima di essere fatto fuori con una leggina ad hoc. Questo sgretola il futuro sul quale si vuole ragionare insieme, le aspettative di tanti umbri e il cuore della democrazia. Non voglio entrare nel merito di quel referendum che può essere più o meno condiviso, ma è il metodo utilizzato da tutta la classe politica regionale che siede nei palazzi di Piazza Italia, che dimostra oltre che è proprio difficile inverare i principi di partecipazione così ben espressi dallo statuto regionale e di come maggioranza ed opposizione unite siano state incapaci di affrontare una competizione aperta, credendo pienamente nelle proprie ragioni e mettendosi alla prova. Sono ferite che fanno male alla vita delle istituzioni. Eppure quel monopartito che si è manifestato in occasione del referendum regionale, spesso, a destra quanto a sinistra fa riferimento al tema della legalità. Noi radicali vi proponiamo da subito di favorire concretamente gli strumenti partecipativi a a partire da quello referendario ad ogni livello, di prendere come punto di riferimento quei paesi europei, dove non c’è quorum e dove il referendum è consuetudine democratica (tra l’altro non riteniamo a livello di statuto regionale condivisibile l’aver escluso dalla possibilità di referendum quelle leggi cosiddette di "valorizzazione dei beni culturali e ambientali").


La legalità appunto. A partire dal cuore delle istituzioni.
Anche questa, soprattutto quando in gioco ci sono elementi di innovazione che avvicinano il cittadino al "palazzo", sembra non esistere e invece trovare infiniti ostacoli. L’esempio più eclatante riguarda il difensore civico regionale, fantasma da undici anni, così come fantasma è appunto la legalità delle istituzioni. Nel capoluogo umbro poi la situazione è ancora più grave, sia perché gli anni trascorsi da quando l’istituzione perugina deliberò a favore della nascita di questa figura di garanzia, sono addirittura tredici, sia per il ruolo che a livello comunale l’ufficio del difensore civico avrebbe potuto svolgere in questi anni su passaggi nodali della vita di Perugia, a tutela dei cittadini, ma anche a salvaguardia della trasparenza e della affidabilità dell’amministrazione. Altro caso, di leggi approvate in regione e mai rese vive è quello della nomina del garante delle persone private della libertà personale. Una legge del 2006 istituisce infatti il garante dei detenuti, eppure passano le settimane, i mesi e non sembra emergere la volontà di dare seguito a quanto è stato deciso dai nostri massimi rappresentanti.

Lo scorso anno, un uomo che ha scelto le colline di Pietrlunga per una vita nella natura, un artigiano, un cittadino pacifico è stato arrestato perchè nel suo orto sono state trovate alcune piantine di mariyuana. E' stato portato dalla polizia nel carcere di Perugia con la compagna, lasciando solo con la nonna ultranovantenne il figlio di quattordici anni. Dopo trentasei ore dall'arresto quell'uomo era morto. L'autopsia rilevava lesioni agli organi interni di origine traumatica. Rimanemmo attoniti, indignati, preoccupati anche perchè non si avevano notizie chiare e tutto passava in sordina. Quell'uomo era Aldo Bianzino. Chiedemmo per primi come radicali, che si facesse luce sulla vicenda, venne presentata una interrogazione parlamentare. Chiedevamo vita del diritto e della trasparenza dentro e fuori dal carcere. Le istituzioni regionali sono rimaste in silenzio, non vi è stato chi abbia sentito la necessità di esprimersi, di recarsi al penitenziario come fece il sottosegretario Luigi Manconi. Questo silenzio si ruppe però solo pochi giorni dopo, quando invece alcuni consiglieri regionali e il Presidente della Giunta Regionale (quest'ultima andò a ringraziare personalmente i carabinieri) espressero giudizi entusiastici per l'arresto dei cinque ragazzi spoletini accusati di anarco insurrezionalismo. Ma il principo della presunzione di non colpevolezza che fine aveva fatto? Le due storie si intrecciarono cronologicamente e ci fecero notare un certo volto delle nostre istituzioni, distante (per essere bonari) dai cittadini. In merito alla vicenda Bianzino, per la quale il Gip ha respinto la richiesta di archiviazione per omicidio, fu importante ascoltare grazie ai microfoni di Radio Radicale il Direttore del carcere di Perugia Dott. Pantaleone, che in una audizione al consiglio comunale in cui venivano chieste spiegazioni su quanto accaduto, apriva la sua relazione denunciando il completo isolamento del carcere dal territorio. Nessuno scambio culturale, sociale, nessuna integrazione. Non è questa una denuncia che dovrebbe portare il consiglio regionale ad attivarsi per dare corpo a quanto già deciso per l'elezione del garante dei detenuti? Trasparenza, procedure a garanzia di quanto avviene nel carcere, tutela della salute dei detenuti, "osmosi" tra giudice di sorveglianza e istituzioni : è anche questo il ruolo di una figura che se fosse stata nominata prima di quel drammatico 14 Ottobre 2007, ci siamo chiesti, avrebbe forse potuto avere un ruolo di prevenzione.

I partiti che in Umbria vogliano provare ad intraprendere una stagione di riforme con proposte per lo sviluppo economico, sociale e culturale della regione, segnado una discontinuità profonda con il passato, a nostro avviso, hanno la priorità di attivarsi per il diritto, la partecipazione, la trasparenza delle istituzioni. Avanzo quindi a tutti voi in questa sede e in particolare al Partito Democratico una proposta concreta. Fate propria una iniziativa politica che i radicali lanceranno su tutto il territorio italiano il XX Settembre: l'anagrafe pubblica degli eletti. A Perugia la conferenza stampa è prevista alla sala della biblioteca della Provincia, con la partecipazione del vice sindaco Nilo Arcudi.

Chiediamo che sia pubblicizzata l'attività istituzionale a tutti i livelli, dal parlamento ai consigli comunali. Che i siti dei Comuni, Regioni e Provincie riportino il lavoro di ogni singolo consigliere in modo particolareggiato: se partecipa in plenaria e in commissioni, se e come vota, come procedono passo per passo le sue iniziative politiche e istituzionali. Tutto deve essere fruibile dai cittadini in modo rapido e comprensibile con informazioni sugli eletti anche riguardo alla lora attività lavorativa, il patrimonio, gli incarichi, le nomine. Che sia possibile quindi a costo zero, maggiore conoscenza su tutta la pubblica amministrazione.

Questo passaggio, potrà avere importanti ricadute civili ed è una risposta concreta all'antipolitica che va tanto di moda. L'eresia oggi è proprio questo, la vita democratica e il dar corpo ai principi costituzionali e degli statuti regionali.

L'Umbria, terra alla quale sono profondamente legato in toto, anche perchè non specificamente tifoso di uno dei suoi tanti campanili, ha visto i natali di grandi uomini che a mio avviso hanno un humus comune unico. Penso a Francesco di Assisi, ad Aldo Capitini da Perugia e a Luca Coscioni da Orvieto.

Questa regione che si diceva fosse stata "inventata", quasi un pezzo casuale di Lazio,Toscana e Marche, ha invece oggi la possibilità, se farà da battistrata su questa riforma sulla trasparenza e sulla partecipazione, di raggiungere e definire quellà sua identità e originalità laica e religiosa, nonviolenta, liberale e democratica.

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