mercoledì 1 giugno 2022

Gli invisibili - Lettera aperta di Mario Albi al Sindaco di Perugia, Andrea Romizi e all’Assessore alla Cultura del Comune di Perugia, Leonardo Varasano

Mario Albi, sottopone alla nostra riflessione un tema relativo alla cultura della città di Perugia. Come radicali che vivono in questa città e vogliono dialogare con le Istituzioni, inviamo al Sindaco e all’Assessore alla Cultura delle riflessioni che noi condividiamo, sollecitandoli affinché possano  ascoltarle, per parlarne insieme.

GLI INVISIBILI

Vivo in un quartiere multietnico: Madonna Alta. Incontro ogni giorno nei supermercati, alle poste, al bar, sugli autobus, nei parchi, davanti alle scuole, adulti, bambini, famiglie di altre etnie che lavorano, studiano, consumano: una parte rilevante e sempre più importante della comunità cittadina.

Eppure, anche se il loro apporto all’economia della Città, al suo corretto funzionamento è fondamentale non solo nel settore dell’assistenza familiare, ma anche dei servizi, dell’edilizia, della distribuzione, grazie anche ad una miriade di piccole imprese artigianali a cui hanno dato vita, sono vissuti da parte della politica e delle Istituzioni come “invisibili”, se non peggio: serbatoio della microcriminalità, “prosciugatori” delle risorse destinate all’assistenza sociale.

Nella nostra realtà l’unico modello di integrazione a cui sembra fare riferimento la gran parte delle forze politiche, sociali, culturali, è quello che prevede l’accettazione sic et simpliciter del nostro punto di vista, l’assimilazione alla nostra visione del mondo, come se fosse l’unica possibile, come se i principi Costituzionali non fossero a tutela anche del punto di vista degli altri.

Invece di fare della diversità una ricchezza, invece di creare occasioni di incontro e di conoscenza delle rispettive culture, di far crescere la consapevolezza che la storia della Città è la somma delle storie di tutti quelli che la abitano, e che senza l’apporto delle loro storie ci sarebbe solo la stagnazione culturale, si preferisce guardare al futuro con la testa rivolta al passato.

Perugia 1416 in questo senso è emblematica. Mi domando: quando un/a bambino/a cinese, tunisino/a, filippino/a, peruviano/a …, che costituiscono tanta parte delle nostre comunità scolastiche, chiederà ai suoi genitori: quali sono le nostre radici? Chi erano i nostri antenati? che cosa si sentirà rispondere? Braccio Fortebraccio da Montone? O non invece la storia dei fatti e dei personaggi emblematici delle terre di provenienza?

Certo: noi abbiamo la “nostra” storia, ma la città non è solo nostra, è di tutti quelli che la abitano, e le loro radici sono anche nostre radici.

Una visione culturale non miope, preveggente, dovrebbe porsi il problema di rappresentare tutte le storie, di raccontarle e farle vivere come elemento di comune ricchezza, cosciente che l’albero della convivenza diviene più forte, che cresce più rigoglioso, se non si negano o peggio si amputano le radici.

Mario Albi

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