Biblioteche universitarie e aule studio off limits: una preoccupante discriminazione per gli studenti dell’ateneo perugino.
Dall’inizio della pandemia è interdetta la permanenza in tutte le biblioteche universitarie ed aule studio dell’Università degli Studi di Perugia.
Oltre che la valenza di avere un luogo tranquillo e silenzioso in cui studiare per avere una preparazione adeguata, va rimarcato che questi servizi sono pagati profumatamente sia dalla fiscalità generale che dagli utenti stessi (studenti in primis).
Questi spazi sono generalmente ben areati ed
ampi e consentono di fornire il servizio ad un numero consistente di studenti
pur contingentando il numero di posti disponibili.
Inoltre l’Università
degli Studi di Perugia già usufruisce di applicazioni come Affluences per regolare la consultazione in sede (che è riservata a
laureandi, dottorandi e professori per massimo due ore e solo per i testi non
prestabili).
Non si
comprende perché l’uso di strumenti simili non possa essere esteso per
controllare gli accessi in tutta sicurezza dell’intera popolazione studentesca
Ciò è ancora più incomprensibile in quanto ci sono Università in Italia e in Europa che riescono a garantire questo servizio utilizzando la citata applicazione o servizi simili. Per citarne a titolo esemplificativo solo alcune, tra le tante: Siena, Bologna, Firenze, La Sapienza, ecc. Questi Atenei rappresentano valide alternative alla nostra Università per gli studenti perugini e di tutta Italia: come noto nella scelta dell’Ateneo in cui compiere i propri studi hanno un grande peso i servizi offerti dall’Università stessa. L’inerzia perugina rischia perciò di essere molto pericolosa.
Pur comprendendo la ormai
ben nota situazione pandemica bisognerebbe iniziare a prendere in seria
considerazione l’apertura delle biblioteche e delle aule studio o in caso
contrario fornire dati o evidenze scientifiche che lo impediscano.
Michele Guaitini - segretario Radicali Perugia
Andrea Maori - tesoriere Radicali Perugia
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