sabato 24 gennaio 2015

Oggi Radicaliperugia è intervenuto all'inaugurazione dell'anno giudiziario presso la Corte d'Appello


Andrea Maori mentre parla
Anche quest'anno durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte d’Appello di Perugia è intervenuto  Andrea Maori, segretario di Radicaliperugia. autorizzato dal Presidente della Corte, dottor. Wladimiro De Nunzio.
L’iniziativa è conseguente alle decisioni emerse nel corso dell’ultimo incontro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, tenutosi a Roma nei giorni 16, 17 e 18 gennaio, che ha rilevato il permanere dell’illegalità in cui versa il sistema giustizia, con le violazioni dei diritti umani nei confronti dei detenuti e la durata non ragionevole dei processi.
Qui di seguito il testo del discorso.

Anche quest'anno come Radicali del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito e come Radicali Italiani abbiamo deciso di essere presenti, chiedendo di intervenire, in tutte le Corti di Appello in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, leggendo lo stesso testo in ogni corte d’Appello, con lo spirito di dialogo e confronto con le istituzioni che hanno la responsabilità di occuparsi della giustizia.
Si tratta di un atto e di una iniziativa che riteniamo doverosa per corrispondere in una sede istituzionale all’unico messaggio formale, inviato alle Camere ai sensi dell’art. 87 Cost., dal Presidente della Repubblica uscente nel corso dei suoi nove anni di Presidenza, contestualmente denunciando il comportamento  degli interlocutori istituzionali del Presidente, in primo luogo quelle Camere alle quali il Capo dello Stato si è rivolto, che con platealità hanno sistematicamente negato dignità al testo formale proveniente dalla più alta carica dello Stato nell’esercizio della sua massima autorità magistrale e volto a richiamare gli improcrastinabili obblighi di riforma strutturale della Giustizia, a partire da un provvedimento di amnistia e indulto.
Un comportamento scandaloso, che siamo convinti abbia suscitato non poca amarezza nell’animo del Presidente, che è servito e serve al regime partitocratico, editore di riferimento dell’informazione radiotelevisiva e di una stampa spesso asservita,  per continuare ad impedire all’opinione pubblica e al popolo italiano di conoscere e giudicare gli atti del Presidente della Repubblica nel solenne esercizio delle sue funzioni costituzionali ed i fatti, gravissimi e che implicano altrettanto gravi violazioni di norme costituzionali e sovranazionali, che di quell’unico messaggio formale alle Camere rappresentano i presupposti.
L’assenza di riforme organiche e strutturali del sistema, a partire da quelle ordinamentali, ha reso - da anni - cronici i mali di una giustizia divenuta strutturalmente inefficiente soprattutto per la sua irragionevole durata.
Tutto questo ha un notevole costo in termini di denaro pubblico, a causa di uno Stato le cui stesse istituzioni non sono in grado di rispettare le proprie leggi.
È ormai accertato che le violazioni delle fondamentali norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da parte del nostro Stato stanno causando ingenti danni all’intera economia nazionale.
Lo stesso Ministero della Giustizia, nella relazione presentata all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2014, ha ammesso che i ritardi della giustizia ordinaria determinano ricadute anche sul debito pubblico.
L’alto numero di condanne ed i limitati stanziamenti sul relativo capitolo di bilancio hanno comportato un forte accumulo di arretrato del debito ancora da pagare sulla base dei risarcimenti previsti dalla “legge Pinto”, debito che, ad ottobre 2013, ammontava ad oltre 387 milioni di euro.
Il fenomeno ha oramai assunto le sembianze di una vera e propria ipoteca accesa a carico di ogni cittadino italiano.
A queste cifre si devono aggiungere le somme dovute a titolo di risarcimento per i detenuti che hanno scontato e che stanno scontando la loro pena in condizioni disumane e degradanti.
Lo scorso 8 ottobre, in occasione dell’anniversario dall’invio del messaggio alle camerte da parte del Presidente Napolitano, noi Radicali abbiamo depositato un esposto presso la procura regionale della Corte dei Conti del Lazio per sollecitare un’indagine volta a stabilire l’esatto ammontare del danno economico patito dall’intera nazione  in relazione alla mancata attuazione di concrete e urgenti riforme volte a impedire il reiterarsi delle violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed al fine di individuarne i responsabili.
Questa è lo stato in cui versa in Italia una fondamentale infrastruttura immateriale del paese, com’è la giustizia, perno di qualsiasi  processo di crescita civile, sociale  ed economica oltre che un essenziale pilastro di ogni moderna democrazia.
Gli interventi frammentari e disorganici assunti dal Governo anche nel corso del 2014 appena trascorso, l’assenza di un disegno complessivo di riforma del sistema, non hanno affatto posto rimedio alle censure mosse dalla Corte EDU con la nota sentenza Torreggiani, posto che la Corte aveva chiesto soluzioni e rimedi effettivi, mentre i rimedi adottati continuano a rimanere solo sulla carta, com’è evidente ad esempio,  a chiunque conosca, anzitutto la magistratura di sorveglianza, la vicenda del nuovo art. 35 ter dell’ordinamento penitenziario, introdotto con il d.l. 92/2014 successivamente convertito con la legge 117/2014.
A sei anni dalla sentenza Sulejmanovic e a due dalla sentenza Torreggiani, in Italia abbiamo ancora ben 72 Istituti penitenziari che hanno un sovraffollamento che va dal 130% al 210% se vogliamo riferirci esclusivamente al sovraffollamento; ma tutti sappiamo che la sentenza pilota dell'8 gennaio 2013 faceva riferimento non solo allo spazio disponibile pro-capite in cella, ma anche alla possibilità di accesso alla luce naturale e all'aria, alle condizioni igieniche e, in generale, alle condizioni trattamentali.
L’Italia è ancora sub judice, le Istituzioni Europee sino ad ora hanno fatto fiducia all’Italia, riservandosi di verificare in un prossimo futuro l’effettività dei rimedi adottati in seguito alla sentenza Torreggiani: il 2015 sarà l’anno in cui la Corte EDU, così come il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, non potranno che prendere atto della assoluta ineffettività ed inadeguatezza di questi rimedi e nuove pesanti ombre si profilano all’orizzonte, sul versante della verifica del rispetto dei diritti umani fondamentali da parte dell’Italia.
E’ per questo che gli obiettivi indicati al Parlamento dal Capo dello Stato nel 2013, da raggiungere attraverso il percorso pure indicato dal Presidente,  nel messaggio rimasto totalmente inascoltato anche nel corso dell’appena trascorso 2014, rappresentano e continuano a rappresentare i nostri obiettivi che hanno quale fondamentale pilastro quello del rientro nella legalità costituzionale e sovranazionale  del sistema giustizia del nostro Paese.


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