venerdì 5 febbraio 2010

Irregolarità delle elezioni in Umbria: intervento di Massimiliano Bardani

La serrata del maggior consiglio - di Massimiliano Bardani
Nel 1297, i membri della classe al potere a Venezia ottengono un risultato storico: solo i membri di famiglie che ne abbiano già fatto parte negli ultimi quattro anni potranno accedere alla massima istituzione della Repubblica, il maggior consiglio. L’oligarchia lagunare si consolida definitivamente quale aristocrazia auto-legittimata. Corsi e ricorsi storici, in Umbria, oggi, si sta ripetendo una nuova  “serrata del maggior consiglio”: i rappresentanti del Partito Unico di Regime si sono riservati il diritto di accedere al consiglio regionale, escludendone ogni altra forza politica e trasformando un’assemblea democraticamente eletta in una corporazione di cooptati.
Il 21 dicembre 2009 il Consiglio regionale della Regione Umbria ha approvato le nuove norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione Umbria, la legge regionale n.2 del 2010, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Umbria n.1 del 5 gennaio 2010.
La legge ha aumentato considerevolmente il numero delle firme necessarie alla presentazione delle liste (circa cinquemila in tutta la Regione) mentre riduceva il periodo utile alla raccolta, dai sei mesi previsti dalla legge statale a poco più di un mese.
L’impresa, difficile in sé - tenendo conto del disinteresse del cittadino comune per la politica e della ritrosia a firmare per liste - diviene quasi titanica se si considera che le firme debbono essere raccolte in presenza di un autenticatore, ovverosia un consigliere comunale o provinciale o regionale o un funzionario pubblico a ciò autorizzato dal sindaco, nessuno dei quali è obbligato per legge a prestare tale servizio.
Cosa più grave, la loro disponibilità dipende nei fatti dalla volontà dei partiti che controllano le istituzioni, che, contemporaneamente, si sono esentati con la medesima legge dall’obbligo di raccogliere firme: l’esenzione riguarda tutti i partiti che abbiano già un gruppo consiliare o parlamentare o che si coalizzino con partiti che li abbiano.
Il quadro che ne esce è di desolante chiarezza.
I membri del Consiglio regionale, agendo come un sol uomo – la legge è stata votata con ventisei voti a favore (PD, RC e PDL) su trenta membri, tre contrari (IDV, SDI, Gruppo Misto) e un astenuto (UDC) – hanno di fatto precluso ad altre espressioni politiche della società l’accesso alle istituzioni regionali, rendendo non contendibili i seggi dell’assemblea.
Il massimo consiglio regionale è virtualmente un “monopolio riservato” dei gruppi politici che lo occupano attualmente: solo loro o gruppi a loro graditi saranno in futuro ammessi alle elezioni. Così stando le cose, il sistema politico umbro non può più dirsi democratico. Ha compiuto la metamorfosi, assumendo una nuova legalità, omogenea alla pienezza della forma partitocratica, che ha codificato nelle proprie leggi.
Oggi come nella Venezia del Duecento si ratifica formalmente un’evoluzione già nei fatti.
Quel che spaventa, però, è che se lì la chiusura di sistema era un segno della forza della classe al potere, è qui e ora il sintomo più forte e tangibile dell’avvenuto sbriciolamento della consistenza politica del sistema partitocratico.
Fino ad ora il sistema partitocratico era riuscito a garantire le condizioni per la propria permanenza al potere anche in un quadro di legalità formalmente democratica, conculcandolo di fatto in virtù del controllo sulla società, esercitato attraverso le cinghie di trasmissione più diverse.
Ora che il sistema partitocratico sta perdendo la presa su settori consistenti della vita associata, é indotto con crescente frequenza a ricorrere a colpi di mano, a sempre più vistose e profonde lacerazioni dello stesso tessuto formale della legalità democratica, pur di garantirsi la sopravvivenza.
Il triste spettacolo dato dal Consiglio regionale umbro non é che l’avvisaglia dello sfaldamento per putrefazione del corpaccione del sistema e un segno della gravità che questo processo ha ormai raggiunto.
Insomma, un altro capitolo della peste italiana, ormai conclamata. Dovremo presto assistere alla proclamazione dello stato d’emergenza a Orano?

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