sabato 30 gennaio 2010

Il testamento biologico a Perugia: questioni di lana caprina

Di Saverio Monno (da Micropolis, inserto del Manifesto del 27 gennaio 2010)

Se in Commissione Affari Sociali alla Camera la discussione sul Ddl Calabrò sembra prossima ad un epilogo (il passaggio in aula a Montecitorio oramai è imminente), nel Paese il dibattito sul testamento biologico è tutt’altro che agli sgoccioli. La Provincia di Cagliari, i Municipi Xº e XIº di Roma, i Comuni di Firenze, Pisa, Rimini, sono solo alcuni degli enti locali che hanno deciso di dotarsi di istituti ad hoc per la raccolta delle Dat (Disposizioni anticipate di trattamento). Stando a stime recenti (novembre-dicembre 2009) sono, infatti, almeno un centinaio i comuni che hanno seguito o si apprestano a seguire questi esempi. Poca cosa di fronte al poderoso attacco alla libertà personale messo a segno dal governo nazionale, ma pur sempre una forma di “pressione politica fortissima che, partendo dal territorio, dalla gente comune – come ha sostenuto Gionata Moscoloni, ventiquattrenne consigliere Pd, in occasione della discussione a Marsciano del documento da lui stesso presentato - speriamo possa far tornare sui suoi passi il senatore Calabrò e la sua maggioranza”.
Sul solco tracciato da Marsciano, si sono mosse anche le amministrazioni comunali di Narni, Magione, Corciano, Amelia, Assisi, Terni e Perugia, ma solo nei primi due casi dalle parole si è passati ai fatti. Peculiare il caso di Perugia. Nella prima metà di ottobre viene depositata in Comune una petizione popolare che chiede l’istituzione di un pubblico registro per raccogliere le DAT (225 firme raccolte dall’associazione Luca Coscioni e dall’associazione http://www.facebook.com/l/b8dae;Radicaliperugia.org). Quasi in contemporanea inizia a circolare una bozza targata Pd, ma in città c’è ancora fermento ed in pochi giorni l’Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) raccoglie oltre 400 firme che deposita in Comune verso metà novembre. Da Palazzo dei Priori rassicurano che “il tema del testamento biologico è stato parte fondante del programma della lista civica Liberiamo Perugia”, eppure voci di corridoio mettono in guardia sulla compattezza della maggioranza. Sembra che ad essere perplessi siano proprio esponenti del PD. L’allarme però sembra destinato a rientrare: persino i “laici” del Pdl sarebbero pronti ad appoggiare la bozza del Partito Democratico; a fare la voce grossa non resterebbe che l’Udc. Difficile in un simile scenario prevedere colpi di mano, ma è quanto accade: cala improvvisamente il sipario e per quasi due mesi nemmeno i promotori delle due petizioni riescono ad avere notizia delle proposte presentate. Tutto tace, nonostante il regolamento comunale preveda che la Giunta o il Consiglio Comunale abbiano a disposizione non più di 90 giorni per adottare “motivate decisioni” sulle proposte d’iniziativa popolare. I primi segnali di apertura dal Palazzo arrivano solo a metà gennaio, quando una delegazione congiunta delle tre associazioni riesce ad ottenere un incontro con il giovanissimo consigliere Pd, Tommaso Bori. La via verso il registro comunale, a Perugia, passa per il Consiglio Grande del prossimo 15 febbraio (ore 16,00 presso la Sala dei Notari); lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo del Consiglio, dando seguito ad una richiesta dell’Udc Cozzari. “Abbiamo ritenuto utile -spiega Bori - non prestare il fianco a possibili strumentalizzazioni e soprattutto coinvolgere la cittadinanza in un momento di forte riflessione che serva a far chiarezza su tematiche così importanti”. Quanto alle voci su possibili resistenze all’interno del Pd “Non credo ve ne siano - nicchia Bori - l’Odg è stato rimandato solo in attesa del Consiglio Grande, non c’è alcuna volontà politica”.
A dispetto della tranquillità ostentata dal giovane consigliere i dubbi restano. Niente dietrologia, non è tanto l’idea di quella “lunga discussione portata avanti al di fuori dei canali istituzionali” - a cui proprio Bori si riferisce per giustificare “l’inattività apparente” del Palazzo - a destare sospetti, quanto invece la bozza stessa del Pd. Presenti all’incontro, al fianco delle associazioni, ne riceviamo una copia. Il dispositivo che segue il lungo preambolo è articolato in quattro punti, la proposta vera e propria è contenuta nei primi due. Al primo punto si indica l’istituzione, fatta salva ovviamente l’approvazione di una apposita norma nazionale, di “un registro di raccolta dei testamenti biologici o dichiarazioni anticipate di volontà”.
Al secondo invece, oltre a specificare che il registro sarà riservato ai “soli cittadini residenti nel Comune di Perugia”, si prevede che lo stesso avrà lo scopo di “consentire l'iscrizione nominativa, mediante autodichiarazione, di tutti i cittadini che hanno redatto una dichiarazione anticipata di trattamento con indicazione del notaio rogante oppure del fiduciario e/o del depositario, allo scopo di garantire la certezza della data di presentazione e della fonte di provenienza”.
Un simile dispositivo produrrebbe effetti evidentemente risibili. Non solo si sollecita il cittadino alla fruizione di canali (nella fattispecie l’atto notarile) già ampiamente e liberamente percorribili, ma si provvede a mettere in moto un meccanismo inutilmente perverso, che avrebbe la funzione di garantire diritti sostanzialmente già garantiti. Stando alle carte, infatti, l’eventuale interessato dovrebbe rivolgersi ad un notaio, redigere a proprie spese - salvo che a Perugia la categoria non decida di seguire l’esempio di Udine, dove le registrazioni sono state rese gratuite - una dichiarazione sui trattamenti a cui vorrebbe o meno sottoporsi in previsione di uno stato, temporaneo o permanente, di incapacità, segnalare contestualmente il nominativo della persona che dovrebbe sovrintendere al rispetto di quelle indicazioni e, nel caso, anche della persona presso la quale depositare copia dell’atto stilato. Successivamente dovrebbe rivolgersi al Comune e registrare (non è chiaro se anche questo passaggio contempli un onere per il dichiarante) gli estremi dei soggetti coinvolti nella precedente dichiarazione, “notaio rogante” compreso.
Più oscura, anche se meno onerosa, la fattispecie in cui la dichiarazione sia resa ad un soggetto diverso dal notaio; nella proposta, come già detto, si accenna alla figura del “fiduciario e/o depositario”. Ammesso e non concesso che questa strada sia effettivamente percorribile, nel caso, chi (o cosa) dovrebbe certificare la genuinità di simili documenti? È chiaro che il provvedimento, così concepito, non sortirebbe altro effetto che quello di esortare una “soluzione notarile” della questione. Posto che la richiesta d’intervento di un notaio, come dicevamo, rappresenta non solo un sistema percorribile sin da subito, ma consolidato e di per sé sufficiente a produrre effetti giuridici, quale funzione si troverebbe a svolgere un ipotetico registro comunale? Forse quella di fornire garanzie circa “la data di presentazione e la fonte di provenienza” di un atto notarile? Difficile, alla luce di un meccanismo così tortuoso, non chiedersi se una simile proposta sia il frutto di una posizione semplicemente “confusa” o più realisticamente di un partito in maretta. Per quale motivo si dovrebbe scegliere di privare il registro della sua funzione principale (la raccolta delle volontà dei cittadini)? Cosa impedisce di registrare l’eventuale dichiarazione direttamente in Comune?
Dicevamo che, da regolamento, il Comune ha comunque l’obbligo di rispettare i termini (abbondantemente superati) degli strumenti partecipativi, ed i promotori delle petizioni, che rappresentano oltre seicento perugini sottoscrittori, hanno il diritto di vedere soddisfatte le proprie richieste. A tutt’oggi non è stata fornita alcuna risposta. Sospettiamo che ci sarà da attendere ancora a lungo, auspichiamo però, con i sostenitori delle petizioni, che l’appuntamento del Consiglio Grande possa costituire una irrinunciabile “opportunità per informare non solo i cittadini, ma anche - e forse soprattutto - gli stessi consiglieri comunali dell’alto valore in termini di diritto, di rispetto della libertà personale e dell’autodeterminazione di ogni individuo, che avrebbe in una città come Perugia l’istituzione di un registro dei testamenti biologici”.
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