mercoledì 11 marzo 2009

Election day anche per i referendum: in attesa del colpo di mano di Berlusconi nel silenzio dell'informazione

VotazioneUn fantasma si aggira nel dibattito politico: i referendum elettorali. 
La Corte Costituzionale l’ scorso anno li ha dichiarati ammissibili ed il governo, per legge,  deve stabilire una data per la votazione, una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno. Se si dovesse votare il 14 giugno, si avrebbe una spesa micidiale di quattrocento milioni di euro. Tanto ci costerà il rifiuto di inserire il referendum elettorale tra le varie consultazioni (europee, comunali, provinciali…) raggruppate nell`election-day del 6 e 7 giugno.


Il governo sta tenendo un atteggiamento tartufesco: spinto da un veto della Lega Nord non vuole l’abbinamento con le altre votazioni ma, in imbarazzo per gli alti costi, non può convocare i referendum per il 14. E allora cosa si inventa? Convoca i referendum per il 21 giugno, giorno di eventuali ballottaggi delle amministrative. Una scorrettezza perché per farlo ci vuole una legge ad hoc ma soprattutto perché risulterebbe incomprensibile rispetto alla data del 7 giugno. E’ chiaro il disegno: non ti nego la possibilità di votare e di abbinare le elezioni ma tanto il 21 le famiglie sono già al mare, si silenzia l’informazione e così, addio quorum. Inoltre questa scelta ci costa comunque sempre 313 milioni! Tanto per fare un paragone la spesa per la social card è di soli 200 milioni.
Noi abbiamo opinioni diverse su questi referendum ma riteniamo che debba andare veramente salvaguardato  il diritto dei cittadini ad esprimere  il proprio voto,  a maggior ragione su una materia importante come quella della legge elettorale, pilastro della formazione delle istituzioni democratiche.

 


 


Flavia Baldassarri,Renzo Campanella,Daniele De Sanctis, Adriana Galgano, Andrea Maori

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