venerdì 28 novembre 2008

Sciascia e mondo politico: Anagrafe pubblica degli eletti. La miopia di centro-sinistra e centro-destra

 


Valter Vecellio

di Valter Vecellio


Da Notizie Radicali agenzia



E’ forse la pagina più conosciuta de “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, quella dove il capo mafia don Mariano Arena scandisce la scala di categorie con cui divide l’umanità: “Uomini, mezzi uomini, ominicchi, piglianculo, quaquaraquà”. Pagina suggestiva e molto citata; ma di quel romanzo è altra la pagina importante: che dovrebbe e potrebbe essere il manifesto, di ogni cittadino, e soprattutto di magistrati e investigatori.


 E’ la pagina dove si immagina il capitano dei carabinieri Bellodi tentato di applicare contro il capomafia quei mezzi al di là e al di sopra della legge che applicò Cesare Mori negli anni del fascismo; tentazione momentanea, che subito viene respinta, per arrivare alla conclusione che bisogna piuttosto seguire la pista del denaro, dei patrimoni illeciti. Eccoci alla polpa della questione: “Tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche o le tendenze, o gli incontri dei membri più inquieti di quella Grande Famiglia che è il regime – che è il regime, scrive Sciascia, nel 1959! – e dietro i vicini di casa della famiglia, sarebbe meglio si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e a tirarne il giusto senso”.


 


Il “giusto senso”. Se lo si fosse fatto – “Il Giorno della civetta” è del 1959-60 – Tangentopoli forse, per come l’abbiamo conosciuta, non ci sarebbe stata.


 


Il regime, dunque: che non necessariamente, per mostrare i suoi caratteri illiberali deve mostrare il pugno di ferro, una dittatura come quella di un Pinochet; è sufficiente negare il sapere, controllare le fonti di informazione, impedire che si possa conoscere, perché senza conoscere si decide poco, e male quando si viene chiamati a farlo. Basta creare le condizioni per cui non ci si scandalizza e non ci si indigna più. Così può diventare normale leggere nell’ultima relazione sulla criminalità inviata al Parlamento che il malaffare si concreta ormai non solo in tangenti e contati, ma ha trovato strade che sono appalti, consulenze, viaggi pagati; un qualcosa che arriva intorno ai 50 miliardi di euro.


 


Una situazione che ha consentito di metabolizzare anche i segnali che inviati al ceto politico da un’opinione pubblica quando ha decretato il successo di libri-denuncia come “La casta” di Stella e Rizzo; o di altri ottimi studi: come quello di Liviadiotti sulle caste sindacali; di Ferrarella e Tinti, sulle caste giudiziarie; di Lopez, sulla casta giornalistica.


 


La giusta denuncia però se lasciata cadere nel vuoto rischia di provocare ulteriore frustrazione e delusione. C’è però una risposta in “positivo”, che raccoglie l’indicazione di Sciascia. Uno strumento, un “utensile” offerto dal Partito Radicale, e che sarebbe prova di grave miopia se venisse lasciata cadere. Una proposta che dovrebbe vedere utilmente impegnati centro-destra e centro-sinistra; e per la “semplicissima” ragione che dovrebbe essere interesse di entrambe le parti politiche “impadronirsi” dell’iniziativa, farla loro. Ne guadagnerebbero, perché è una proposta che in qualche modo si propone di colmare quel solco tra eletti ed elettori che ormai sembra essere un vero abisso.


 


La proposta si chiama “anagrafe pubblica degli eletti”. Quello che si vuole garantire, è la possibilità di poter “conoscere per deliberare”, come diceva un grande liberale, Luigi Einaudi; significa garantire la possibilità di poter conoscere con facilità non solo l’attività svolta dai vari enti, ma anche quei dati inerenti l’attività degli eletti, rendendoli disponibili, di facile accesso e consultazione. Per dire: quante volte sono presenti e assenti; come e se lavorano; con quali metodi ed espedienti; se sono assenteisti o se votano e come votano; quali e quanti strumenti regolamentare usano: interrogazioni, interpellanze, mozioni, ordini del giorno. Qual è la loro situazione patrimoniale, immobiliare, finanziaria, fiscale, societaria, quali sono i loro incarichi remunerati…


 


Sono già parecchie decine i parlamentari, i sindaci, gli amministratori che hanno deciso di aderire a questa iniziativa e la sostengono. Si parte dal presupposto che quasi ogni anno siamo chiamati a eleggere una volta deputati e senatori, un’altra volta chi mandare al Parlamento Europeo, un’altra ancora il sindaco, il presidente della Regione o della Provincia, i consiglieri circoscrizionali…


 


Una volta che li abbiamo eletti, che cosa sappiamo, di quello che fanno, dicono, propongono? Cosa sappiamo, davvero, di quello che viene deciso in un consiglio comunale, in un’assemblea regionale, in una commissione parlamentare di Montecitorio o di Palazzo Madama? Eppure si tratta di decisioni che riguardano la nostra vita: la salute, le tasse, la scuola, le pensioni, l’assistenza, il lavoro… Si tratta, insomma, di restituire al cittadino gli strumenti di controllo e di vigilanza, di conoscenza dell’operato dei suoi rappresentanti a ogni livello, nazionale e locale. Oggi la moderna tecnologia, internet in particolare, offre gli strumenti che consentono di mettere tutti questi dati a disposizione di tutti; strumenti, informazioni che possono aiutarci a individuare i migliori, i più idonei, capaci e onesti. Non è davvero poco.

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