lunedì 17 marzo 2008

IL GOVERNO CINESE SI PREPARA ALLA MATTANZA E IL VATICANO TACE

Roma, 16 marzo 2008

Dichiarazione di Francesco Pullia, della Direzione nazionale di
Radicali Italiani.

L'inaudita violenza con cui i militari cinesi intendono stroncare a Lhasa la giusta rivendicazione di libertà dei tibetani e
l'indifferenza, quando non ostilità, dimostrata dal governo di Pechino nei confronti della politica di dialogo reiteratamente espressa dal Dalai Lama, attestano l'autentico volto di uno dei regimi più tirannici del mondo, detentore, tra l'altro, in assoluto del triste primato per esecuzioni capitali.

Informazioni attendibili trapelate dal Tibet ci confermano che a Lhasa la polizia cinese ha sparato ad alzo zero, bastonato brutalmente semplici passanti, ammassato cadaveri negli angoli delle vie e delle piazze. Si sa che all'interno delle prigioni gli arrestati sono stati letteralmente massacrati e già si può prevedere cosa saranno capaci di fare i militari lunedì, quando avrà termine l'ultimatum dato dalla polizia agli insorti. Intanto è stata tagliata qualsiasi forma di comunicazione ed è praticamente impossibile utilizzare le linee telefoniche. Prima di cominciare la mattanza, i cinesi vogliono sincerarsi che Lhasa sia effettivamente isolata dal mondo in modo da impedire la circolazione di testimonianze video o fotografiche.

Si tratta di una situazione d'inaudita gravità che non può essere
risolta con vaghe prese di posizione o con le solite parole di circostanza.
Va altresì denunciato l'emblematico silenzio con cui il
Vaticano, solitamente fin troppo loquace, ha, a suo modo, commentato la tragedia che si sta consumando nel Tetto del Mondo. Evidentemente gli interessi di parte (le trattative in corso per il miglioramento delle condizioni dei cattolici in Cina), uniti a quelli commerciali, come per gran parte degli stati occidentali, contano molto di più della vita di un popolo martoriato, sottoposto a genocidio etnico e culturale e, nonostante tutto, saldamente ancorato ai principi buddhisti della nonviolenza.

Non può esserci spazio per doppiezze e opportunismi. Occorre
mobilitarsi per un satyagraha di massa. La lotta dei tibetani, come quella degli uiguri, è un aspetto di una battaglia più grande
riguardante l'intera Cina e riconducibile alla necessità di scardinare il regime totalitario di Pechino nel nome della democrazia e del diritto.

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