Dopo
dieci anni, i diritti allungano il passo alle gambe della politica locale,
spronando il Parlamento a fare altrettanto: #TempoDiLegge.
20/04/2017
di Federica Frasconi
Dal
20 aprile 2017, la Legge Regionale umbra contro l’omotransfobia è in vigore,
dopo la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale n.16 del 19 aprile 2017 inerente
la legge n.3 dell’11 aprile 2017 concernente norme contro le discriminazioni e
le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.
La
legge ha subito un iter molto travagliato: Tutto iniziò nel 2006 quando la
legge in questione venne depositata in Regione grazie alla costanza dell’allora
Consigliera Comunale ed attuale Garante e Responsabile per l’infanzia e l’adolescenza,
Maria Pia Serlupini, come ha ricordato la stessa Omphalos (Associazione locale
LGBTQIA).
In questi anni di battaglia non violenta,
l’Associazione Radicali Perugia ha, sin dall’inizio, sostenuto le iniziative di
Omphalos, affinché la politica locale si impegnasse seriamente alla lotta
contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale. Poco dopo l’apertura
della nuova legislatura regionale Radicali Perugia ha organizzato il dibattito
aperto alla partecipazione dei consiglieri regionali Contro la violenza omofoba
e le discriminazioni sessuali chiedendo l’immediata calendarizzazione della
legge.
Sit-in e manifestazioni dei
radicali, si sono alternate di anno in anno tenendo conto
anche della situazione, non solo locale e nazionale ma anche mondiale, di
difficoltà per le persone omosessuali e trans.
Riguardo le persecuzioni che colpiscono le persone LGBTQIA in Cecenia
(vittime di torture all’interno di campi di concentramento definiti centri di
“recupero” dalle autorità russe), già nel 2008 l’Associazione Radicali Perugia
portò alla conoscenza locale, le continue repressioni violente e le censure che
la Russia iniziò ad esercitare più apertamente dal 2006, al primo Gay Pride
moscovita.
Una
legge regionale contro l’omotransfobia può apparire un nulla se paragonata alla
vastità di azioni non violente che occorre mettere in atto in tutto il mondo,
eppure è un punto da cui partire e da cui continuare affinché, questo
traguardo, non resti una realtà isolata ma un vero e proprio bisogno che
investa tutti a responsabilizzarsi nei confronti della società mondiale, oltre
ogni confine geografico, linguistico religioso e
sessuale.
La Stonewall umbra che da cinque
anni vede la bellezza dei colori dell’arcobaleno,
la saggezza e la perseveranza di attivisti di ogni professione sociale alternarsi
nei dibattiti durante il Perugia Village Pride; esserci oltre ogni accusa “carnevalesca”, oltre la pochezza di chi
crede che possa esistere l’arte solo come sostituzione della vita e dell’esperienza
fisica, demoralizzando la sessualità e le sue esternazioni come atti volti ai
poveri di valori. L’amore e la sessualità, la libertà di parlarne in una
tre giorni di confronto, sia artistico che politico che umano; perché l’arte nasce dall’esperienza dello
spirito e del corpo e non deve restare una gabbia dorata ove il potere
racchiude gli istinti e le emozioni umane.
I Radicali Perugia come sempre
ricorda Omphalos, sono stati e sono la spalla portante di tante battaglie, il megafono
dentro il Palazzo; quell’amicizia politica che condivide rabbia
e orgoglio nella costruttiva “non violenza”.
Un lungo trascorso prima di
arrivare a questo traguardo (che non è un arrivo ma un nuovo
punto di partenza). Nonostante nel 2006, la legge ottenne consenso da gran
parte del Consiglio Comunale di Perugia e nonostante una parte dei consensi
provenne anche dall’area cattolica, quest’ultima rimase ferma in Consiglio
Regionale sino a quando fu ripresa dai consiglieri Mariotti-Barberini-Cintoli
seppur non riuscì a superare la fine della legislatura.
Durante
l’attuale legislatura, i Consiglieri Leonelli-Solinas-Chiacchieroni hanno
ripresentato la legge nel 2016, ottenendo il voto favorevole della Commissione,
il 23 giugno.
C’è voluto quasi un anno dal 2016
alla recente approvazione della legge, il 4 aprile 2017 e ben 10 anni dal
deposito in Regione, di quest’ultima; la legge ha rischiato
di tornare in Commissione a causa delle pressioni costanti dell’area cattolica e
delle associazioni ad essa confinanti.
Due
rinvii per la data della votazione finale, giustificati la prima volta dalla
mancata copertura ed attualizzazione della norma finanziaria mentre il secondo
rinvio è stato addebitato alla mancanza del numero legale; sino a quando
Omphalos, già al primo rinvio, ha con coraggio e speranza, aperto una campagna
social al grido “#TempoDiLegge”, che ha raccolto consensi e supporto a livello
nazionale. La sensibilizzazione e l’attenzione nazionale su quanto stava
accadendo in Umbria, hanno di certo favorito un clima di sana pressione, atto a
velocizzare i tempi ed a smuovere i Consiglieri Regionali a prendersi la
responsabilità politica di portare la legge in votazione, il prima possibile.
L’emendamento
“salva-omofobi” presentato dal consigliere Smacchi (area cattolica del PD
umbro) è stato sostituito da un subemendamento, frutto di un accordo politico
tra le aree del Pd, accordo che ha permesso di salvare la legge dallo “scalfarotto destiny”. Viene, infatti, garantita la dignità ed il diritto all’autodeterminazione di ogni persona in
ordine al proprio orientamento sessuale ed alla propria identità di genere,
come ribadito dal comma 2 dell’articolo 1.
Possiamo
davvero chiamarci soddisfatti di questo passo!
Adesso
spetta al Parlamento approvare una Legge Nazionale contro l’omotransfobia e se
necessario, occorrerà superare la legge Scalfarotto.
La
Legge Umbra contro l’omotransfobia è caratterizzata da 13 articoli, qui di
seguito un breve resumen dei suddetti;
-Articolo
1 riguarda i principi e le finalità di applicazione:
La
Regione riconosce che ogni discriminazione e violenza contro le persone in
ragione del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere costituisce
una violazione dei diritti umani come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea; libertà di opinione e tutela della pluralità delle idee.
La Regione adotta misure di
prevenzione contro i fenomeni di violenza motivate dall’orientamento sessuale o
dall’identità di genere, favorendo la diffusione di una cultura della non
discriminazione e dell’inclusione e del sostegno per le famiglie nei loro compiti
educativi, perseguitando politiche scolastico-formative e socio sanitarie.
-Articolo
2 riguarda l’integrazione sociale la formazione ed il
lavoro:
La
Regione promuove e favorisce l’integrazione sociale anche mediante specifiche
politiche del lavoro e di sviluppo socio-economico, nel rispetto degli
orientamenti sessuali e dell’identità di genere. Il principio di uguaglianza e
di pari opportunità all’accesso al mondo del lavoro ed al mondo formativo al
fine di rendere libero l’accesso e la fruizione dei relativi servizi. La
Regione attua misure di supporto nei confronti delle persone che risultano
discriminate in base al loro orientamento sessuale od alla loro identità di
genere.
-Articolo 3 riguarda l’istruzione:
La Regione nell'ambito
delle proprie competenze, promuove e sostiene l’organizzazione delle attività
formative per il personale docente nelle scuole di ogni ordine e grado, per
contrastare gli stereotipi sui ruoli di genere nonché per prevenire il bullismo
motivato dall’orientamento sessuale o dalle identità di genere.
-Articolo 4 riguarda la responsabilità
sociale delle imprese:
La Regione sensibilizza
le aziende che operano sul territorio regionale affinché, queste ultime, si
dotino di certificazioni di conformità agli standard di responsabilità sociale.
Tutte le associazioni senza scopo di lucro, che operano per contrastare le
discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale e
dall’identità di genere, sono da considerarsi parti interessate ai fini del
monitoraggio sulle conformità agli standard di responsabilità sociale delle
aziende nelle condizioni di lavoro, vigilando su eventuali forme di
discriminazione determinate dall'orientamento sessuale o dall’identità di
genere.
-Articolo 5 riguarda la formazione del personale
regionale:
La Regione promuove l'adozione di modalità
comportamentali ispirate al rispetto per l’orientamento sessuale e per
l’identità di genere e individua l'adozione di tale modalità nell'ambito
dell'attività di formazione del personale e dei suoi uffici ed enti.
-Articolo 6 riguarda Interventi
delle Aziende unità sanitarie locali e dei servizi socio-assistenziali e
socio-sanitari in materia di orientamento sessuale ed identità di genere:
Le aziende, unità sanitarie locali e servizi
socio-assistenziali e socio-sanitari col proprio personale promuovono ed
assicurano interventi di informazione, di consulenza e sostegno per rimuovere
gli ostacoli che impediscono alle persone di accettare ed esprimere il proprio
orientamento sessuale o la propria identità di genere.
-Articolo 7 riguarda la promozione di eventi culturali:
La Regione e gli altri enti locali promuovono le
offerte di eventi culturali in grado di favorire l'acquisizione di una cultura
della non discriminazione anche nell'ambito dell'orientamento sessuale e
dell'identità di genere.
-Articolo 8 riguarda la tutela delle
famiglie e accesso ai servizi pubblici e privati:
La Regione nell'ambito
delle proprie competenze, attuando i principi costituzionali di uguaglianza e di
non discriminazione, opera per assicurare e garantire a ciascuna persona la
parità di accesso ai servizi pubblici e privati, affinché le prestazioni
erogate da tali servizi non possono essere rifiutate né somministrate in
maniera deteriore in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di
genere.
-Articolo 9 riguarda le misure di
contrasto alla discriminazione e alla violenza determinate dall'orientamento
sessuale o dall'identità di genere e sostegno alle vittime:
La Regione promuove la protezione, l'accoglienza,
il sostegno psicologico, il soccorso alle vittime di atti di discriminazione e
violenza determinati in ragione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere.
Promuove iniziative di formazione e sensibilizzazione allo scopo di prevenire
atti di violenza determinati dall'orientamento sessuale e dall’identità di genere
in tutti gli ambiti, sia familiare che scolastico. Promuove l'attivazione di
centri di ascolto per la prevenzione delle discriminazioni e della violenza in ragione
dell'orientamento sessuale e dell’identità di genere. Promuove protocolli di
intesa e altre collaborazioni con istituti locali e territoriali per prevenire
e contrastare le discriminazioni
-Articolo 10 riguarda l’Osservatorio
regionale sulle discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento
sessuale o dall'identità di genere:
La Regione si dota di una
struttura regionale competente, l’Osservatorio sulle discriminazioni e violenze
determinate dall'orientamento sessuale e dalle identità di genere.
-Articolo 11 riguarda Costituzione
di parte civile:
La Regione Umbria valuta l'opportunità di costituirsi
parte civile nei casi di violenza commessa contro una persona a motivo dell’orientamento
sessuale o di genere che siano di impatto e rilevanza sociale nella comunità
regionale.
-Articolo 12 riguarda la norma
finanziaria
-Articolo 13 riguarda la clausola
valutativa:
L’Assemblea Legislativa, al comma 1 del presente
articolo, esercita il controllo sull'attuazione della legge e ne valuta
i risultati ottenuti per il superamento delle discriminazioni e per la
prevenzione ed il contrasto alla violenza, motivate dall'orientamento sessuale
o dall'identità di genere.
(E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla
e di farla osservare come legge della Regione Umbria.)
Utile ricordare la Legge Regionale Umbra del 25
novembre 2016 n.14 norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni
tra donne e uomini;
all'articolo 7 della suddetta legge, la Regione
si dichiara vigile nelle attività di comunicazione ed informazione regionali e
locali promuovendo una cultura che riconosca e rispetti le differenze tra donne
e uomini attraverso protocolli d'intesa con l'Ordine dei giornalisti e con
l'associazione dei pubblicitari della regione.
Il Corecom
(Istituzione, organizzazione e funzionamento del Comitato
Regionale per le Comunicazioni) ha il dovere di
monitorare l’informazione televisiva, radiofonica regionale e locale nei
contenuti e di rivelare i contenuti discriminatori rispetto alle pari dignità
riconosciute ai diversi orientamenti sessuali ed all'identità di genere della
persona.
Dai
recenti avvenimenti, tornado con la memoria allo scorso anno, durante la
votazione ed approvazione della legge sulle unioni civili, si può valutare a sangue freddo e cuore caldo che in parte è stato
un bene che la legge in questione sia passata senza la stepchild adoption; grazie alle sentenze dei giudici che hanno permesso,
non solo l’adozione del figliastro ma anche l’adozione di bambini non aventi parentela
biologica con i due genitori, si è arrivati ad un ulteriore passo avanti che dovrà
essere normato, a mio avviso e non solo (va ricordato il grande lavoro dell’Associazione Radicale Certi Diritti), da una riforma del diritto di famiglia complessiva
che riguardi tutte le famiglie.
Paradossalmente se oggi avessimo la
stepchild adoption potremmo scordarci di “pretendere”, secondo l’avviso della
maggioranza dei politici, di avere in adozione bambini con diverso corredo
cromosomico dal nostro ed ancor meno potremmo richiedere la legalizzazione ed
il diritto alla GPA, sperando in un briciolo di presa in considerazione.
Che
sia stato un astuto piano politico, quello di porre la fiducia, escludendo la
stepchild per preservare le unioni civili affinché queste creassero di per sé
la condizione sufficiente per far sì che la giurisprudenza generasse, nell’opinione
pubblica, il bisogno di una maggior tutela per tutte le famiglie?
Se
così fosse, ricordando quei momenti pieni di tormento, durate la votazione,
tutto sommato, un piccolo passo portato a casa lo è stato!
Adesso
ci sono tante realtà da tutelare e non smetterò mai di ripetere che solo avendo
a cuore una causa, tutti, si riesce a portare
a termine qualcosa di buono e libero da ideologie politico-strumentali.
La politica può essere meno
oppressiva sulle questioni che riguardano più direttamente le basi dei diritti
umani; occorre che ci sentiamo tutti chiamati in causa e che agiamo tutti per
aver qualcosa in più e non per possedere ideologicamente o statutariamente
qualcosa in più.
Federica
Frasconi
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