lunedì 13 ottobre 2014

Kurdistan: guerriglia come e perché

                           
Abbiamo ricevuto questo interessante reportage su uno degli aspetti più controversi della vicenda medio-orientale che volentieri pubblichiamo nel nostro blog.

Kurdistan: Guerriglia come e perché                                              di Donatella Perfetti, cultrice della società curda, guida turistica a Perugia, già insegnante di inglese nelle scuole superiori di Perugia.

Spesso ci si domanda cosa spinge una persona  giovane o adulta, uomo o donna, ad unirsi alla guerriglia. Per un Curdo la risposta è quasi ovvia e anche se non condivisa da tutti, è comunque compresa.
Noi invece dobbiamo innanzi tutto cercare di capire a fondo la situazione di questo popolo e immedesimarci nella loro realtà.  In Turchia ad esempio, ma anche negli altri stati in cui il Kurdistan è diviso (Iran, Siria, Irak –dove dalla caduta di Saddam Hussein c’è la regione autonoma del Kurdistan)  i Curdi teoricamente hanno gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini, ma non è così. La loro lingua è proibita, ammessa solo a livello familiare (per grande concessione da quando la Turchia vuole entrare in Europa) cioè in pratica  considerata come un dialetto che nessuno, in nessuna parte del mondo si sogna di proibire. Fino a qualche anno fa non era raro essere arrestati  per parlare curdo in pubblico o ascoltare musica curda.  Nel 2003 studenti universitari  hanno manifestato per chiedere di poter studiare il curdo “come lingua straniera”: son stati arrestati e poi, non potendo essere trattenuti a lungo, sono stati sospesi per   2 anni, con le gravi conseguenze che si possono immaginare. (...)

Poche  persone sanno che i Comuni ricevono dallo stato un badget basato su vari parametri tra cui il numero degli abitanti. Quasi tutte le città curde hanno raddoppiato o triplicato il numero degli abitanti in questi ultimi vent’anni per l’afflusso massiccio di profughi interni provenienti, per esempio, da villaggi bombardati, ma questi non vengono considerati cittadini residenti e quindi le città curde ricevono meno fondi rispetto alle altre e spesso i Comuni non hanno soldi nemmeno per le necessità più urgenti ed il degrado è evidente a chiunque .
 In queste città, prendiamo ad esempio Shirnak, che ha un distretto molto vasto, c’è un medico ogni 10.000 abitanti, e spesso  non è nemmeno reperibile, perche’ costretto a girare da un posto all’altro, con lunghi percorsi in strade di montagna non sempre agevoli. Proprio a Shirnak una associazione Italiana ha allestito un ambulatorio che ora è chiuso perché manca il medico e spesso anche l’infermiere.
Ad Hakkari l’ospedale è  stato chiuso per anni.. la struttura più  vicina è a Wan, che dista circa 200 km e 5 ore di viaggio!!!!
                                                                           
 C’è grande discriminazione sociale ed economica per cui difficilmente un curdo può raggiungere alti livelli sociali e Culturali, specialmente se si occupa di politica.
 L’attuale partito filo-curdo, il BDP (Partito per la pace e la democrazia)  ha cambiato sigla numerose volte (DEP,  HEP, HADEP, OZDEP, DEHAP,DTP) , perché  di volta in volta chiuso dalle autorità turche e riaperto con altre sigle.
Capi e funzionari del partito, sindaci regolarmente eletti, consiglieri comunali, giornalisti sono stati quasi tutti in carcere per periodi più o meno lunghi, e molti sono costretti a emigrare. Altri prendono il loro posto con una volontà  veramente eccezionale di fare sopravvivere una idea, ma con privazioni personali e collettive altrettanto eccezionali.
Quasi ogni famiglia curda, specialmente nella parte piu’ orientale del paese, distretti di  Dersim ( ribattezzata Tunceli dai Turchi, come del resto tutte le città curde hanno cambiato nome), Van, Hakkari, Shirnak, ha o ha avuto almeno un membro in carcere, in guerriglia o ucciso: queste famiglie non possono piu’ usufruire della Carta Verde  che da’ diritto all’assistenza sanitaria alle persone piu’ povere, restando così senza il minimo soccorso umanitario.
Gli scontri con la polizia sono frequenti sia  durante i festeggiamenti del Newroz (capodanno curdo, 21 marzo) che per  ogni manifestazione organizzata dai curdi.    
Altrettanto frequenti sono gli arresti, anche di minorenni, sparizioni, esecuzioni extragiudiziarie.  Il trattamento dei minorenni in carcere è davvero indecente e non di rado i giovani subiscono violenze di ogni tipo tanto che se ne occupa anche Amnesty International, ma i Media europei vergognosamente tacciono come purtroppo hanno taciuto sul massacro di Roboski  (un villaggio di montagna ai confini con l’Irak,) quando il 28 dic. 2011  un aereo turco  ha bombardato  senza alcun motivo con gas e ucciso 34 curdi  inermi di cui 19 minorenni ed è tornato indietro dopo circa mezz’ora per completare la strage  quando i sopravvissuti cercavano di venire in aiuto ai compagni. Su 36 persone solo due si sono salvate .
Questi esempi pur sommari e non esaustivi, danno comunque un’ idea della situazione e fanno capire perché un giovane possa decidere di lasciare tutto ed andare in montagna.  La discriminazione sessuale che pesa sulle ragazze e i  limiti  imposti da tradizioni e religione, sono  altra causa di fughe in montagna, per affiancarsi alla guerriglia .
 La  vita di guerriglia è una vita molto dura, non tutti quando entrano sanno esattamente quello che li aspetta,  non tutti resistono. L’addestramento è di tipo militare, con marce, esercizi, disciplina ferrea   Non ci sono normali campi di addestramento in posti appositamente scelti e protetti. Qui si è in montagna tra cime aspre e spesso aride con pareti  scoscese e passaggi non agevoli e  in inverno      c’è molta neve. Inoltre il nemico è sempre in agguato e può spuntare fuori da un momento all’altro o sorvolare con aerei ed elicotteri pronti a bombardare, anche con gas, appena vedono qualcosa muoversi o una postazione
 Spesso addestramento e battaglia vanno di pari passo. Il giovane appena arrivato è subito immerso in una realtà diversa, difficile, spesso sconvolgente . Nelle montagne ci sono grotte o cavità naturali che possono essere sfruttate in maniera temporanea, a volte si trovano case abbandonate.  Ma più spesso si scavano tunnel sotterranei (che per lo più  ricalcano la forma delle abitazioni tradizionali con corridoio al centro, due o tre camere da un lato e cucina e bagno dall’altro) che sono un rifugio più sicuro per poter dormire, avvolgersi in coperte, quando possibile accendere un fuoco per cucinare e scaldarsi e soprattutto non essere visti Questi rifugi, costruiti in fretta e con grande fatica quando arriva l’ inverno e comincia a cadere la neve,  comunque possono cambiare  a seconda delle circostanze e delle necessità contingenti.
Durante  le marce di spostamento il bagaglio deve essere essenziale, il più possibile leggero per non essere impacciati nei movimenti; spesso capita di dormire fuori  e le notti sono fredde, per questo i guerriglieri devono essere ben temprati e  addestrati a sopportare ogni sorta di difficoltà,  intemperie, disagi.   Per lavarsi ci sono le sorgenti, le cascate, i vari corsi d’acqua limpidi e puliti ma certamente freddi e d’inverno gelidi.   La sera spesso si usano calderoni  messi sul fuoco con dentro la neve in modo che, sciogliendosi  fornisce acqua calda con cui farsi il bagno etc. Gli uomini riescono a tagliarsi i capelli e farsi la barba ma in genere in inverno la lasciano lunga,  forse per mantenere un po’ più di calore.
 Le marce di spostamento o in vista di una battaglia avvengono spesso di notte e…….”ci guidano le stelle”  come recita la nota canzone. Le camminate in lunga fila si vedono per lo più nei films o……nei calendari.  Queste si possono effettuare solo in casi di estrema sicurezza soprattutto nel sud del Kurdistan (nord Irak) dove  minori sono i rischi di essere visti da ricognizioni turche o almeno sono fuori dalla loro giurisdizione.  Lì ci sono vere e proprie basi dove si concentrano  molte persone ,  si costruiscono villaggi militarizzati e si svolgono diverse attività  non solo destinate a fini bellici.  Ad esempio qualche anno fa i guerriglieri hanno  costruito una piccola diga e con un generatore sono riusciti a portare la luce non solo per se stessi ma anche ai villaggi vicini che ne erano privi.
I  guerriglieri che operano nel Kurdistan del nord (attuale Turchia) sono  per lo più divisi in gruppi non molto numerosi  per poter nascondersi ed  agire più agevolmente guidati da un capo responsabile. Si comincia ad avere responsabilità di quattro persone, poi il numero aumenta progressivamente.   Le “nomine” avvengono dall’alto, in stretto ordine gerarchico e non si contestano. I requisiti non sono l’anzianità ma meriti ottenuti sul campo, attitudini particolari, destrezza, serietà. Può capitare infatti che un ragazzo giovane  dopo pochi mesi di ingresso in clandestinità venga scelto come capo di un gruppetto di persone più anziane di lui e venga accettato di buon grado.
Le donne, per lo più ragazze, che scelgono di unirsi alla guerriglia mi sembrano ancor più degne di ammirazione perché il loro fisico e il tipo di vita che hanno sempre condotto   le rendono meno adatte a sopportare le difficoltà che questo nuovo genere di vita comporta. Ma certamente sono determinate e convinte quanto i maschi. Quando le azioni sono comuni, durante gli spostamenti spesso gli uomini  aiutano le donne  a portare il bagaglio o danno una mano nei punti più difficili ma non c’è molta differenza tra quello che fanno uomini e donne; spesso si viene a conoscenza di donne uccise in battaglia o in agguati; comunque fanno vita un po’ separata e dormono in posti diversi.
L’amore è fortemente scoraggiato, soprattutto i rapporti sessuali in quanto eventuali conseguenze sarebbero ingestibili nella vita di guerriglia. Ma è naturale e inevitabile che nascano storie d’amore, più o meno palesi, più o meno forti e anche molto belle.
La guerriglia non è solo lotta armata, è anche sinonimo di Libertà. Può sembrare un controsenso considerando, ad esempio, il tipo di disciplina che vige tra guerriglieri. Ma è così.  Non sempre si combatte e nei lunghi periodi di tregua si svolgono varie attività.  Innanzi tutto si parla curdo, nelle sue varie componenti (curmanchi, sorani, zazachi, gorani) e chi non lo sa, lo impara. Si seguono corsi,cosa molto importante vista la scarsa cultura di molte persone che non hanno  potuto, e in alcuni casi voluto, andare a scuola. Nelle scuole turche infatti gli studenti fin dalle elementari vengono imbottiti di idee e mentalità turca, la storia viene distorta e addirittura negata ( secondo una certa mentalità i Curdi non esistono, sono Turchi della montagna).  Insegnamenti di lingua, storia, politica vanno di pari passo. Ma la scuola di guerriglia è una scuola particolare (molto moderna tra l’altro )  diversa dalle scuole normali  e in cui le lezioni frontali sono ridotte al minimo.  Gli “insegnanti” vengono scelti dalla base. Ad esempio , si sceglie un argomento  da  trattare: due o tre persone indicate, soprattutto in base alle loro competenze  specifiche (ci sono anche parecchi laureati)  ma  non solo, questi si preparano per il tempo necessario e poi espongono l’argomento a cui segue una discussione aperta, ad es. se due persone parlano tra di loro gli altri ascoltano, imparano, intervengono a loro volta con domande spesso volte a “tirar fuori”  dall’interlocutore quello che già ha dentro ma non riesce ad esprimere, oppure attraverso domande mirate riesce a rendersi conto dei propri errori  Un po’ il metodo che di usava nell’antica Grecia con Socrate;  il tutto avviene democraticamente e con ordine, cosa che sarebbe abbastanza difficile da noi quando tutti parlano insieme e poco si ascoltano gli altri.
Tra i guerriglieri si impara ad essere autonomi, a chiedere aiuto solo quando è indispensabile, ma anche ad essere solidali, non solo tra di loro ma con  le varie persone con cui vengono in contatto. Si impara ,o si rafforza, il senso   di umanità, di giustizia, di lealtà. La loro forza sta soprattutto nella mente, nella convinzione psicologica di lottare per una causa giusta: la libertà e la dignità di un popolo che è il più antico che abita questa terra, anche se questo comporta  a volte la necessità di essere duri e inflessibili.  (Non credo sia casuale ma per la mia esperienza personale  posso affermare con sicurezza che tra i numerosi curdi che conosco quelli che sono stati in guerriglia sono i più seri e affidabili.)
Si sente spesso dire che il PKK si finanzia anche con la droga. Questo è del tutto falso.   Alcuni curdi, è vero, spacciano o sono corrieri di droga  ma il PKK è fortemente  nemico della droga ; se qualche gruppo si imbatte nei corrieri la droga viene sequestrata e bruciata. Il denaro invece viene tenuto, ma questo capita di rado, come rarissimo è il caso di guerriglieri che ne approfittano e sono così fuori dell’organizzazione.  Lo stesso atteggiamento  hanno i sindaci dei Comuni nei quali la droga comunque passa (dall’Afganistan, dall’Iran la Turchia è un passaggio obbligato), un altro genere di contrabbando (ad es. benzina, generi di prima necessità) è invece tollerato in quanto spesso è unica fonte di guadagno per la povera gente.
Il principale sostentamento della guerriglia viene dai contributi   che volontariamente danno gli emigrati curdi , in proporzione al loro reddito;  dai pedaggi che i guerriglieri riscuotono per aiuto prestato nel trasferimento di greggi da un paese all’altro (es. Iran Turchia) che i pastori fanno per vari motivi spesso familiari: questa è una “transazione” che conviene a tutti perché le quote che esigono le autorità di frontiera sono molto più alte.
Una cosa molto importante da ricordare, per noi occidentali, è che il PKK o HPG non è un gruppo terroristico ma un gruppo di RESISTENZA. Se si ha questo chiaro in mente la prospettiva cambia e si possono capire tante cose. Basti un esempio:  la maggioranza della popolazione, la quasi totalità nella parte più orientale del paese, appoggia il PKK e vede in Ocalan (detto affettuosamente Apo, lo zio) il proprio leader indiscusso che è in isolamento in carcere dal 1999 e dall’estate del 2011 gli è negata qualsiasi visita di avvocati e parenti, cosa che ha suscitato forti reazioni e fa temere fortemente per la sua salute e addirittura  per la sua vita.
Nel corso di questi ultimi anni, su indicazione dello stesso Ocalan, i guerriglieri hanno proclamato per ben 6 volte il cessate il fuoco unilaterale con l’intenzione e  la speranza di poter aprire trattative con lo stato turco per ottenere il rispetto di alcuni diritti fondamentali : non separatismo dunque,  anche se forse ( penso io) questo è il sogno nel cassetto di ogni curdo. Non c’è stata alcuna risposta, al contrario la repressione è continuata senza interruzione. La guerriglia è ripresa ogni volta a bassa intensità ma ora da alcuni mesi è ripresa in maniera massiccia e violenta con gravi perdite da ambedue le parti ma soprattutto da parte turca e da luglio scorso la guerriglia ha il controllo di alcune zone nel distretto di Hakkari.
In guerriglia c’è un ricambio continuo. Quanti sono i guerriglieri non è dato sapere. Forse non lo sanno nemmeno i dirigenti. Le unità sono dislocate in tanti posti Diversi, si formano, si sciolgono, si raggruppano in modi e quantità diverse a seconda delle esigenze e delle situazioni contingenti. Molti vengono uccisi, altri feriti in modo grave e devono andarsene ( e questi resteranno sempre guerriglieri “in pectore”). Alcuni non reggono fisicamente o psicologicamente a una vita così dura, altri si stancano o sanno che le loro famiglie hanno bisogno di aiuto e sostentamento e quindi lasciano per trovarsi un lavoro (da emigrati) , altri se ne vanno per disaccordi ideologici non accettando più i dettami della nuova dirigenza. Alcuni infine sono rientrati in Turchia e si sono costituiti dopo l’arresto di Ocalan e interpretando un suo suggerimento,   sono tornati a una vita quasi normale dopo aver passato qualche anno in carcere.
Molti altri li sostituiscono. Come diceva recentemente il =nuovo= sindaco di una città in cui tutto il consiglio comunale è stato denunciato e destituito, “Non ci abbatteranno mai. Per ognuno di noi che sparisce, cento sono disposti a pendere il suo posto”. Questo avviene sia nella vita civile che in montagna.

Dal 2011, dopo  la lettera-proposta di Ocalan  per la pace (letta pubblicamente  durante la manifestazione del Newroz a Dyarbakir e diffusa in tutto il mondo), i guerriglieri hanno cominciato ad andarsene dalla Turchia e si sono ritirati nel Sud Kurdistan (Nord Irak) dove già avevano delle basi. Non hanno deposto le armi ma non hanno più combattuto in attesa dell’annunciato accordo tra Ocalan e lo stato turco.   Erdogan si era impegnato a fare delle concessioni al popolo curdo  (maggiore libertà, autorizzazione all’uso della lingua curda anche nelle scuole, fine degli attacchi della polizia e degli arresti ingiustificati – ad esempio durante le manifestazioni-). Purtroppo niente è successo,   nessuna promessa è stata mantenuta. Al contrario ci sono stati nuovi arresti e nuove persecuzioni.  I guerriglieri  “scalpitavano” ma non si sono mossi per obbedienza al loro capo.
Nel frattempo la situazione nel Medio Oriente è profondamente cambiata con lotte continue fra le varie parti in Siria: Assad e i suoi alleati Hezbollah e Iran contro vari gruppi di opposizione soprattutto islamici ( tra cui estremisti quali ISIS e Nusra ) spesso sostenuti più o meno apertamente dagli occidentali.
 Tutti questi  gruppi armati distruggono, devastano,uccidono senza pietà. In mezzo stanno Curdi, sostenuti dai guerriglieri del PKK e le corrispondenti organizzazioni YPG (gruppi di difesa del popolo) e YPJ, il ramo femminile che è molto attivo sia nella vita civile , con sostegno alle donna e lotta per i loro diritti, che in guerriglia dove danno spesso prova di grande coraggio e abnegazione non inferiori a quelle degli uomini. Addirittura si racconta (non ho potuto verificare se sia vero o no) che i combattenti dell’ISIS sono fuggiti davanti alle donne perché  convinti che se vengono uccisi da una donna non potranno andare nel paradiso!!!!                                                                 
Dal marzo 2011, circa 6 mesi dopo l’inizio della guerra in Siria,  nel Rojava o Kurdistan occidentale, è in atto un nuovo esperimento. Il Rojava è composto da tre distretti o cantoni: Cizre, Kobanè, Afrin. Qui i Curdi stanno attuando un vero e proprio “stato” democratico  (in realtà non è una dichiarazione di indipendenza ma un modo diverso di amministrarsi).  Infatti al governo locale del Rojava partecipano tutte le etnie presenti nel territorio : Oltre ai Curdi  (in genere musulmani) e Curdi Yezidi ( la loro religione conserva qualcosa dell’antico zoroastrismo ed è in parte influenzata da altre religioni) ci sono Armeni, Assiri, Arabi, quindi anche cristiani; ogni gruppo ha il diritto di partecipare, rispettare ed essere rispettato.  Le donne sono presenti in modo paritetico (ad. es. ogni carica è doppia in quanto è rappresentata da un uomo e da una donna).
Questi Cantoni che aspirano all’indipendenza, o quanto meno all’autonomia e  che stanno sperimentando una forma di governo moderno e lungimirante, non sono sostenuti da nessuno, nemmeno dagli occidentali . Europa e America sostengono a parole ma in pratica non fanno niente  per impedire i massacri (i bombardamenti americani servono a ben poco e sono soprattutto di facciata). Così si rendono complici e corresponsabili.
I Curdi sono combattenti forti e decisi ma leali. Per ora soprattutto si difendono e quello che è molto importante ricordare (cosa del resto nota anche a chi non si interessa di politica) è che non commettono mai violenze gratuite contro donne, bambini, persone indifese e per questo sono rispettati dalle popolazioni locali.
In agosto, dopo la presa di Mosul c’è stato un massacro di Yezidi e cristiani da parte delle bande criminali dell’ISIS, il cosiddetto  califfato islamico di tagliatori di teste e stupratori. Centinaia di persone scappate sulla montagna  Shengal sono morte di fame e di sete, soprattutto bambini e anziani, senza che nessuno potesse (o volesse?) portare soccorso. Chi si è salvato lo deve a PKK e YPG che hanno formato un corridoio per far evacuare la popolazione mentre i Peshmerga irakeni si sono ritirati o arresi.
Ora l’attacco violento è contro Kobané difesa strenuamente fino all’ultimo sangue ma con inferiorità di mezzi e uomini. I Curdi comunque non si arrendono e sono disposti a morire non per andare in paradiso come martiri ma perché vogliono costruire un futuro migliore nel quale credono profondamente.
Le notizie che giungono tuttavia sono angoscianti e si teme un genocidio annunciato.
Intanto il PKK, che è l’unico vero baluardo contro l’ISIS, è ancora nella lista dei terroristi, mentre l’ISIS non c’è.
Un altro aspetto di tutta questa storia riguarda la Turchia che  agisce in modo  molto ambiguo . Da un lato sembra che voglia avere un accordo con Ocalan per risolvere la questione curda, dall’altro sostiene (più o meno apertamente)  l’ISIS fornendo passaggi ai loro militanti e armamenti e viceversa   impedendo ai Curdi di varcare le frontiere verso Siria e Irak ,  spesso bloccando anche gli aiuti umanitari. In sostanza la Turchia vuole controllare ogni movimento del PKK e sostenitori e impedire il controllo che i Curdi hanno della loro terra, il Rojava. Inoltre mentre  i turchi sono costretti ad accettare profughi in fuga dall’inferno della guerra, poi non forniscono loro alcun sostegno (cibo, acqua, tende) e ostacolano chi vuole aiutarli.
              

                                                                                                   Donatella Perfetti

2 commenti:

  1. non hai detto come possiamo aiutarli

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il contributo che ci è arrivati è questo senza altre indicazioni.

      Elimina