Appunti introduttivi di Andrea Maori
per vedere il servizio di Rai 3 Umbria sull'incontro, cliccare qui.
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L’incontro è su un
tema evergreen almeno in casa radicale. Lo abbiamo concepito come un seminario
perché insieme a dati di conoscenza generale sulla situazione
del proibizionismo vuole essere l’occasione di dibattito aperto con i
partecipanti per individuare iniziative ─ già avviate o da avviare ─ di
iniziativa politica.
Da sempre pensiamo che le strategie proibizioniste
siano fallimentari: le cronache di tutti i giorni ce lo dimostrano.
Il proibizionismo genera l’immissione costante di
sostanze incontrollate nel mercato proibito con la moltiplicazione di effetti
drammatici per i consumatori, per gli alti costi sociali e di ordine pubblico. Il proibizionismo
ingrassa la criminalità e i suoi fatturati costituiscono un paniere
fondamentale nel calcolo del Prodotto interno lordo di ogni paese
proibizionista.
Ma negli ultimi anni
non solo il dibattito si è fatto più acceso e sempre di più autorevoli commentatori
prendono le distanze dalle attuali politiche proibizioniste ma, a mio modo di
vedere, ancora più importante, istituzioni pubbliche deliberano per il loro
superamento.
Un nuovo movimento si è sviluppato negli USA a livello
statale – sono ormai 20 gli stati federali che hanno adottato politiche di
legalizzazione della cannabis e si prevede che altri 10 stati entro pochi mesi
adotteranno provvedimenti analoghi. Inevitabile quindi che la questione
diventi di interesse federale. Gli USA sono quindi all’avanguardia di questo
movimento almeno limitatamente alla questione della cannabis e dei suoi
derivati. I risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti: per quanto
riguarda per esempio il Colorado nei
primi sei mesi di legalizzazione si sono avuti già diecimila posti di lavoro,
una diminuzione dei crimini del 6% nella città di Denver.
Altre forme
significative di legalizzazione sono in corso in Uruguay e in Portogallo e in Spagna, tutte con modalità molto
diverse dagli USA. Infatti in questi paesi latini la legalizzazione non
passa attraverso il libero mercato ma attraverso un forte controllo da parte dello Stato. E’
interessante questa notazione perché è la dimostrazione che poi l’approccio
merceologico può essere diverso a secondo delle politiche sociali attuate.
E a proposito di
questo, mi pare importante segnalare che in Portogallo ha completamente
abbandonato la politica repressiva affidata in passato al ministero
dell’Interno e ha ritenuto di affidare al ministero della salute tutta la
questione della gestione sanitaria della tossicodipendenza.
Nei paesi dove i
tossicodipendenti sono ritenuti pazienti piuttosto che criminali la politica di
riduzione del danno paga. Nei paesi bassi dove
le esperienze sono iniziate negli anni Settanta risultati positivi si sono
avuti per quanto riguarda le politiche sulla cannabis e i suoi derivati.
In generale però gli accordi internazionali e le politiche
interne degli stati rimangono ancora tutti proibizionisti per quanto riguarda
le altre sostanze. Va detto e ribadito però che il diverso approccio anche
verso queste sostanze pur se analizzato in un quadro proibizionista comporta
effetti diversi sui fruitori e sulla società tutta.
L’esperienza italiana è
in movimento ma siamo in forte ritardo rispetto alle esperienze su cui ho
accennato. Per otto anni abbiamo avuto
l’applicazione della legge Fini Giovanardi che ha accentuato il nesso droga –
carcere rispetto alla legge precedente
attenuato dal referendum radicale del 1993 – vinto con il raggiungimento del
quorum – e con il 55,4% di sì. Il referendum
prevedeva l’abrogazione delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe
leggere – ma con la normativa successiva quella previsione è stata
completamente superata.
Per
concludere un rapido cenno alla recente sentenza della Corte costituzionale la
numero 23 del 2014 secondo la quale è
illegittima la norma che equipara le sostanze stupefacenti leggere a quelle
pesanti. La questione era stata sollevata dalla Cassazione . Di fatto torna
così a vivere la Iervolino-Vassalli come modificata dal referendum del 1993.
Si torna dunque
alla vecchia legge in vigore fino al 27 febbraio 2006 che distingue
droghe leggere e droghe pensanti ed è più severa per i reati che
coinvolgono droghe pesanti (eroina, cocaina, .. : pena minima 8 anni
di reclusione) e più lieve per i reati che coinvolgono droghe
leggere (hashish, marijuana) dato che la pena minima è di 2 anni di
reclusione.
Vorrei ricordare
la vicenda di Aldo Bianzino, morto non per le piantine di cannabis che
coltivava per sé e per i suoi amici ma di carcere!
Dopo
l’ultima sentenza della Corte costituzionale, solo per fare un esempio, solo in
Emilia Romagna è stato calcolato che ben 337 detenuti dovrebbero uscire dal
carcere.
Sul
piano del dibattito politico c’è movimento, per esempio anche con
l’approvazione da parte di nove regioni italiane di una legge regionale sulla
cannabis terapeutica, - l’Umbria è stata
l’ultima in ordine di tempo con la legge 17 aprile 2014.
A
queste legge è seguita la firma del protocollo fra Ministeri della Salute e
della Difesa per la produzione di farmaci cannabinoidi presso lo Stabilimento
Chimico Farmaceutico Militare di Firenze e questo è una buona notizia; è il
primo indispensabile passo per porre fine al proibizionismo sulle cure
esistente di fatto in Italia, visto che, nonostante la cannabis terapeutica sia
legale in Italia dal 2007, solamente 60 cittadini italiani hanno potuto
accedere nel 2013 ai farmaci cannabinoidi, tutti importati dall’estero e,
perciò, costosi e richiedenti lungaggini burocratiche e lunghi tempi di
consegna.
Dobbiamo
invece sottolineare – e concludo veramente – da un lato le enormi difficoltà
delle politiche sulla riduzione del danno, con sempre meno risorse a
disposizione e con un quadro legislativo del tutto precario ma a livello del
dibattito politico, come questo stenti notevolmente a decollare: l’ultima notizia è sulla relazione che
Renzi ha
presentato pochi giorni n parlamento in
cui nessun elemento utile sarebbe presente sull’indispensabile cambio di verso
dopo l’era Giovanardi e dopo la clamorosa sentenza della Corte Costituzionale
che ha fatto fuori la legge.
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