Ieri, 12 gennaio 2014 il Corriere dell'Umbria ha pubblicato questo bell'articolo di Stefano Anastasia, ricercatore nell’Università di Perugia, Presidente onorario
dell’associazione Antigone con il titolo "I detenuti hanno diritto ad un garante". Radicaliperugia.org che sta organizzando un'audizione autogestita dei candidati a garante dell'Umbria, lo ripubblica volentieri.
a.m.
Se avessi qualche responsabilità nelle istituzioni della
Regione Umbria, tra i propositi per il nuovo anno metterei anche la nomina del
Garante dei diritti dei detenuti, previsto da una legge del 2006 e ancora in
attesa di individuazione e di nomina. E’ passato più di un anno da quando chi
scrive - come altre qualificate e stimabili persone - ha risposto al bando
pubblico con cui si chiedeva di manifestare il proprio interesse ad assolvere a
una simile responsabilità. E sono passati sette anni ormai da quando la Regione
Umbria, tra le prima in Italia, approvò una apposita legge istitutiva di questa
figura di promozione e di tutela dei diritti dei detenuti. Una procedura forse
troppo garantista e un quorum troppo alto hanno finora impedito che l’Umbria
avesse il suo Garante, come ce l’hanno il Lazio, la Toscana, l’Emilia, la
Campania, la Puglia, la Sicilia, ma anche i Comuni di Roma, Firenze, Torino,
Milano, Bologna, Ferrara, Rovigo, Nuoro, Sassari, solo per citarne qualcuno.
Nel frattempo, all’ultima curva, il Governo ha sorpassato il
Parlamento (e la stessa Regione Umbria) e ha istituito per decreto il Garante
nazionale dei detenuti: la migliore risposta possibile alle recenti polemiche
sui detenuti di serie A e i detenuti di serie B, su chi ha il numero di cellulare
del Ministro per far valere i propri diritti e chi deve affidarsi al
volontariato o alla generosità degli operatori. Qualcuno potrebbe pensare:
“allora è fatta, del Garante regionale non ce n’è più bisogno”. E invece no.
Non solo il decreto-legge governativo prevede espressamente forme di raccordo
tra il Garante nazionale e i Garanti regionali e locali, in modo che questi
possano seguire con più incisività “sul territorio” i casi e i problemi che
dovessero essere posti a quello, ma le rilevanti competenze in materia di
carcere che ormai hanno le regioni fanno del Garante regionale un’autorità
veramente rilevante: non solo dalle regioni dipende l’assistenza sanitaria dei
detenuti, di cui tanto si discute dal caso Cucchi in qua, ma dalle regioni dipendono
tutte quelle politiche attive per il sostegno e il reinserimento sociale che
sono evocate dalla “finalità rieducativa” della pena prevista dalla
Costituzione. Insomma, nessuna esenzione: il decreto governativo rende ancora
più urgente la nomina di un Garante dei detenuti per la Regione Umbria.
Infine, ma non per ultime, vanno ricordate le peculiarità del
sistema penitenziario umbro. Circa 200 detenuti oltre la capienza regolamentare
in un sistema con un tasso di detenzione tra i più alti in Italia (176 detenuti
ogni 100mila abitanti contro una media nazionale di 107) e con molti detenuti
che vengono da fuori regione. Nella esperienza di “sportello per i diritti” che
da qualche anno stiamo portando avanti con gli studenti di giurisprudenza nel
carcere di Capanne insieme con il collega Carlo Fiorio – anch’egli candidato
alla carica di Garante – molti sono i casi e i problemi derivanti dalla
lontananza da casa dei detenuti e dalla conseguente difficoltà di mantenere
contatti familiari e di coltivare opportunità di reinserimento. Non solo: in
Umbria affrontiamo anche il rischio che un provveditorato piccolo sia accorpato
con un altro molto più grande, perdendo la possibilità di un’autonoma capacità
di programmazione di azioni e iniziative sul territorio. E la spending review potrebbe destinare
all’accorpamento dirigenziale anche alcuni dei quattro istituti penitenziari,
con un prevedibile scadimento della loro gestione effettiva. Insomma, una
situazione non facile che merita la necessaria attenzione da parte delle
istituzioni regionali e locali.
Tutto ciò per dire che è davvero auspicabile che il
Consiglio regionale decida e decida presto. Se ci sono state logiche di
schieramento (tra maggioranza e opposizione, dentro la maggioranza e tra le
opposizioni) sarebbe il momento di metterle da parte e procedere a una libera e
responsabile scelta da parte dei singoli consiglieri regionali. Noi, i
candidati, abbiamo presentato dei curricula: li si valuti per quello che
dicono. Se non sono sufficienti, si facciano delle audizioni, per verificare le
nostre competenze e le nostre motivazioni. Ma si decida al più presto,
nell’esclusivo interesse di quelle migliaia di detenuti la cui giusta pena non
può confondersi con la negazione della dignità umana e di una speranza di reinserimento.
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