giovedì 17 ottobre 2013

La finta abolizione del finanziamento pubblico ai partiti

Contributo di Michele Guaitin, tesoriere di Radicaliperugia.orgi dal blog http://gattosilvestropg.blogspot.it/

E’ stata approvata dalla Camera la nuova legge che dovrà regolamentare il finanziamento dei partiti politici. Ora la palla passa al Senato per l’approvazione finale. Chi ha approvato la nuova disciplina, e cioè i partiti che sostengono questo Governo, ma anche la Lega, si riempie la bocca come al solito di belle parole, parla di svolta epocale e della fine del finanziamento pubblico dei partiti che d’ora in poi saranno invece finanziati dai privati. E’ lo stesso titolo dell’articolo 1 della nuova legge che sentenzia: “abolizione del finanziamento pubblico dei partiti”. E’ una bugia! Vediamo perché.
La riforma poggia su due ambiti:
1) Donazione dei privati (persone fisiche o società) entro un tetto massimo di 300 mila euro (sic!) che potranno godere di una detrazione irpef pari al 37% per importi fino a 20.000 euro e pari al 26% per importi da 20.001 a 70.000 euro. In più c’è una detrazione irpef pari al 75% (fino a un massimo di 750 euro) per “l’iscrizione a corsi o a scuole di formazione politica” (?!?).
Quindi se ad esempio uno dona 100 euro a un partito politico a sua scelta nel corso del 2014, in fase di dichiarazione dei redditi recupererà 37 euro in termini di minore irpef da versare (da notare che le donazioni per le Onlus entro il tetto massimo di circa 10 mila euro godono di una detrazione del 19% e che il Governo con la legge di stabilità appena presentata diminuisce le detrazioni irpef per le spese mediche, per scuola e università e per gli interessi sul mutuo prima casa dal 19% al 17%).

2) Il sistema del 2 per mille. In sostanza in fase di dichiarazione dei redditi, il contribuente può decidere di destinare il 2 per mille della sua irpef a uno specifico partito politico. Quindi supponiamo che un contribuente debba pagare 5 mila euro di irpef. In fase di dichiarazione dei redditi può decidere di destinare il 2 per mille della sua irpef, pari a 10 euro, a un partito politico a sua scelta. Oppure può decidere di lasciare i 10 euro alla fiscalità generale dello Stato non indicando nessun partito.
In entrambi gli ambiti è facile capire che sempre di finanziamento pubblico si parla
Nel primo caso dei 100 euro destinati al partito, 63 euro li mette il cittadino e37 li mette lo Stato in termini di minore irpef incassata per via delle detrazioni concesse.
Nel secondo caso tutte le quote di 2 per mille destinate dai contribuenti ai partiti vengono a tutti gli effetti messe sul piatto dallo Stato in quanto sottratte dall’irpef della fiscalità generale.
Forse un passo avanti rispetto al passato sperando che non si assista più a elargizioni statali oltre ogni limite di decenza, ma è sempre finanziamento pubblico. Quindi il referendum del 1993 (quasi il  94% di elettori che scelse l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti) resta inesorabilmente calpestato.
Quanto a discorsi più importanti come la trasparenza nei bilanci, la pubblicità degli elenchi dei donatori e le eventuali sanzioni per irregolarità nei bilanci dei partiti… beh lì siamo ancora a livelli preistorici.
Ma c’è un altro discorso importante che va considerato: questa riforma del finanziamento ai partiti rischia di essere una riforma iniqua e classista.
Nella disciplina attuale i partiti si spartiscono un bottino (esagerato) in base ai voti presi alle elezioni, quindi il PD prende un po’ più del M5S (che, va ricordato, in realtà non ha preso neanche un centesimo avendo coerentemente rifiutato il finanziamento pubblico ad esso spettante), che prende un po’ più del PDL e così via in proporzione alla percentuale dei voti delle ultime elezioni.
Un metodo forse discutibile ma oggettivo e “equo” perché ipotizzando una campagna elettorale dove tutti partono alla pari (e sappiamo che non è così) chi è più bravo e prende più voti, prende anche più quattrini.
Con la riforma invece cosa succede?
Mentre col vecchio sistema ogni persona vale nella stessa misura (1 voto),col nuovo sistema i partiti preferiti dai più “ricchi” avranno molti più soldi dei partiti preferiti dai più “poveri”.
Perché da un lato, è ovvio che una persona con maggiori disponibilità economiche ha più possibilità di fare donazioni cospicue ai partiti. Questo ovviamente è vero anche se si decidesse di adottare un sistema totalmente basato sulle donazioni dei privati ma con questa riforma il 26% o il 37% è comunque messo dallo Statocon le tasse di tutti i cittadini.
Dall’altro lato, il 2 per mille dell’irpef dei più facoltosi è molto più consistente del 2 per mille delle persone meno facoltose. Anzi, le fasce più povere della popolazione non pagano irpef, per cui il loro 2 per mille è esattamente pari a zero.
Quindi, enfatizzando il concetto, il maggior finanziamento non andrà al partito che ha preso più voti ma al partito i cui elettori sono i più ricchi e che presumibilmente tenderà a difendere gli interessi di questi gravando per la maggior parte sulle spalle di tutti.
E’ questo dunque un sistema equo? Ciascuno tragga le sue conclusioni.
La legge poi prevede anche un'altra "chicca": fino al 2017 rimarrà in piedi il vecchio regime (con una decurtazione media di circa il 50% dei fondi previsti) affiancato dal nuovo regime. Per cui potrebbe verificarsi anche il paradosso che nei prossimi 3 anni i partiti riescano a incamerare una cifra anche maggiore rispetto a quella prevista dalla legge attuale.
La mia idea è molto più semplice e aderente al risultato referendario: i partiti devono finanziarsi unicamente mediante contributi dei privati (sulle società ci andrei molto più cauto) mediante quote di iscrizione annuali e donazioni libere con un tetto massimo molto inferiore rispetto ai 300 mila euro di questa riforma (proprio per evitare sproporzioni forti nelle donazioni tra chi può molto e chi può di meno) e soprattutto senza alcuna agevolazione fiscale. Poi magari lo Stato può farsi carico di fornire ai partiti e ai movimenti una serie di servizi in condizioni paritarie come mettere a disposizione luoghi per assemblee e convegni, garantire un efficiente servizio di autenticatori per la raccolta di firme, dare modo di pubblicizzare le iniziative politiche, ecc. ecc.
Ad esempio non mi dispiace che in questa nuova legge (perché comunque non è tutta da butare) sia stata inserita la possibilità di fare le donazioni con un sms(tipo quelli solidali).
In questo modo tutti, ma veramente tutti, possono fare una piccola donazione di 1, 2 o 5 euro al proprio partito di riferimento e soprattutto i partiti possono abbinare l'sms a una particolare iniziativa (una raccolta di firme, un convegno, ecc. ecc.) in modo tale che chi la apprezza non avrà difficoltà a fare questa piccola donazione estemporanea. Un modo anche per stimolare i partiti a fare iniziative che vadano incontro alle reali esigenze della cittadinanza.

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