Pubblichiamo un
comunicato stampa del Sidipe (sindacato dirigenti penitenziari). «Il
carcere impone la privazione della libertà personale ma non può e non
deve privare gli uomini della loro dignità»
Care
Colleghe e cari Colleghi, il Si.Di.Pe. (sindacato che raccoglie il
maggior numero dei dirigenti penitenziari, di istituto penitenziario e
di esecuzione penale esterna) aderisce all’iniziativa che il 5 luglio
scorso Marco Pannella
ha annunciato per promuovere una riforma della Giustizia: quattro
giorni di nonviolenza, di sciopero della fame e del silenzio che
inizieranno mercoledì 18 luglio. L’iniziativa nasce a partire dalla lettera aperta al Presidente della Repubblica
del prof. Andrea Pugiotto, ordinario di diritto e giustizia
costituzionale presso l’Università di Ferrara, che è stata sottoscritta
da oltre 100 docenti universitari, fra costituzionalisti e penalisti.
Ieri sera questo Segretario Nazionale ha annunciato di prendere parte a questo sciopero nel corso del proprio intervento alla trasmissione radiofonica Radio Carcere, condotta da Riccardo Arena su Radio Radicale, e vi aderisce insieme ad illustri nomi impegnati nel campo della promozione dei principi di legalità e di democrazia, a partire dalle carceri.
Il carcere, infatti, impone la privazione della libertà personale ma non può e non deve privare gli uomini della loro dignità se vuole perseguire l’obiettivo costituzionale del tentativo rieducativo della pena. Il senso di questa mobilitazione è quello dell’urgenza di sostenere una grande Riforma della Giustizia, una riforma strutturale che deve essere realizzata su tutti i fronti, a partire dal codice penale e per finire al carcere, perché questo diventi luogo di reale recupero e di ricostruzione delle vite di chi ha commesso degli errori e intende porvi rimedio. In questo contesto il Si.Di.Pe. ribadisce che un’eventuale amnistia, per i reati di non particolare gravità, non sarebbe una resa dello Stato ma un segno di responsabilità e di capacità di riconoscere una necessità leggendo il dato di realtà, ma anche su quando e quanto sia effettivamente necessario il carcere.
Il Si.Di.Pe. e i dirigenti penitenziari sono convinti che il maggiore problema istituzionale sociale è quello della giustizia perché uno Stato che non rispetta le norme internazionali e i principi che enuncia nelle proprie leggi è uno Stato che non ha rispetto reale di se stesso e non è un vero Stato di diritto.
I dirigenti penitenziari, infatti, vivono quotidianamente e con sofferenza l’impossibilità di garantire quei diritti che l’ordinamento penitenziario proclama, ed essi stessi sono privati dei loro diritti, primo tra tutti, il loro diritto ad avere il loro primo contratto di categoria, pur previsto dalla legge: essi sono gli unici dirigenti dello Stato senza contratto di lavoro.
La posizione dei direttori, di istituto penitenziario e dell’esecuzione penale esterna, è quella di servitori dello Stato che vogliono, auspicano e si impegnano, pur tra mille difficoltà e scarsissime risorse, per un sistema penitenziario che sia coerente con i principi internazionali e costituzionali di rispetto della dignità della persona detenuta e della finalità rieducativa della pena. I dirigenti penitenziari, infatti, nonostante il terribile momento che attraversa il Paese, continuano a profondere il massimo impegno, affrontando enormi difficoltà a costo di sacrifici personali e familiari, con l’obiettivo, condiviso con tutto il personale penitenziario, di coniugare sicurezza e trattamento, rigore e rispetto della persona umana, per cercare di restituire dopo la pena uomini migliori ad una società troppo spesso distratta, che al carcere delega l’impossibile e del quale finisce con il fare la discarica dei problemi sociali che non vuole o non sa affrontare.
Per tali ragioni questa Segreteria Nazionale auspica che il personale penitenziario sia escluso dalle annunciate riduzioni di personale della spending review e confida in un autorevole intervento in tal senso da parte del Ministro, affinché il carcere sia effettivo presidio di legalità, di sicurezza e di rieducazione, nel rispetto della dignità delle persone affidate alla sua custodia, così come deve auspicare un Paese civile e democratico.
I dirigenti penitenziari, infatti, sono i primi garanti dei principi di legalità nell’esecuzione penale, poiché ad essi è demandato dall’ordinamento il compito di assicurare l’equilibrio fondamentale che deve esistere tra le esigenze di sicurezza, penitenziaria e della collettività, e quelle di trattamento rieducativo delle persone detenute.
E’ di palmare evidenza che a fronte del già ridottissimo numero di dirigenti penitenziari ove dovesse intervenire una loro ulteriore riduzione sarebbe davvero impossibile assicurare la presenza stabile di un direttore nelle carceri italiane e il ricorso alle misure alternative alla detenzione subirebbe un’ulteriore compressione: in altri termini, a fronte di quel mare tempestoso che oggi è la grave situazione penitenziaria, per la quale il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza delle carceri1, non possono venire a mancare, ai vari livelli di responsabilità, proprio i dirigenti penitenziari che sono le figure professionali deputate a gestire tale emergenza.
Perché ciò non si verifichi il Si.Di.Pe. ha rivolto appello anche a tutti i Parlamentari, senza distinzione di colore politico, perché legalità, giustizia e democrazia non portano bandiere di partito: a loro ha chiesto di esercitare le prerogative costituzionali che gli appartengono e di fare la necessaria pressione sul Governo, affinché sia data la dovuta attenzione al problema, per evitare che la mancata previsione di una deroga alle riduzioni di personale per l’Amministrazione penitenziaria possa comportare ulteriori e più gravi conseguenze all’interno del già quasi collassato sistema penitenziario.
Le eventuali adesioni dei direttori degli istituti penitenziari e degli uffici di esecuzione penale esterna, ai quattro giorni di sciopero della fame e del silenzio potranno essere comunicate:
- per SMS al numero 334.2740541
- per mail all’indirizzo radiocarcere@radioradicale.it
Anche in questo nodo il Si.Di.Pe. intende confermare il proprio impegno a promuovere una cultura della e per la Legalità e la Giustizia, una cultura che non dimentichi il carcere, luogo nel quale la giustizia, quando la privazione della libertà personale è indispensabile, si concretizza.
Il Segretario Nazionale
Rosario Tortorella
Ieri sera questo Segretario Nazionale ha annunciato di prendere parte a questo sciopero nel corso del proprio intervento alla trasmissione radiofonica Radio Carcere, condotta da Riccardo Arena su Radio Radicale, e vi aderisce insieme ad illustri nomi impegnati nel campo della promozione dei principi di legalità e di democrazia, a partire dalle carceri.
Il carcere, infatti, impone la privazione della libertà personale ma non può e non deve privare gli uomini della loro dignità se vuole perseguire l’obiettivo costituzionale del tentativo rieducativo della pena. Il senso di questa mobilitazione è quello dell’urgenza di sostenere una grande Riforma della Giustizia, una riforma strutturale che deve essere realizzata su tutti i fronti, a partire dal codice penale e per finire al carcere, perché questo diventi luogo di reale recupero e di ricostruzione delle vite di chi ha commesso degli errori e intende porvi rimedio. In questo contesto il Si.Di.Pe. ribadisce che un’eventuale amnistia, per i reati di non particolare gravità, non sarebbe una resa dello Stato ma un segno di responsabilità e di capacità di riconoscere una necessità leggendo il dato di realtà, ma anche su quando e quanto sia effettivamente necessario il carcere.
Il Si.Di.Pe. e i dirigenti penitenziari sono convinti che il maggiore problema istituzionale sociale è quello della giustizia perché uno Stato che non rispetta le norme internazionali e i principi che enuncia nelle proprie leggi è uno Stato che non ha rispetto reale di se stesso e non è un vero Stato di diritto.
I dirigenti penitenziari, infatti, vivono quotidianamente e con sofferenza l’impossibilità di garantire quei diritti che l’ordinamento penitenziario proclama, ed essi stessi sono privati dei loro diritti, primo tra tutti, il loro diritto ad avere il loro primo contratto di categoria, pur previsto dalla legge: essi sono gli unici dirigenti dello Stato senza contratto di lavoro.
La posizione dei direttori, di istituto penitenziario e dell’esecuzione penale esterna, è quella di servitori dello Stato che vogliono, auspicano e si impegnano, pur tra mille difficoltà e scarsissime risorse, per un sistema penitenziario che sia coerente con i principi internazionali e costituzionali di rispetto della dignità della persona detenuta e della finalità rieducativa della pena. I dirigenti penitenziari, infatti, nonostante il terribile momento che attraversa il Paese, continuano a profondere il massimo impegno, affrontando enormi difficoltà a costo di sacrifici personali e familiari, con l’obiettivo, condiviso con tutto il personale penitenziario, di coniugare sicurezza e trattamento, rigore e rispetto della persona umana, per cercare di restituire dopo la pena uomini migliori ad una società troppo spesso distratta, che al carcere delega l’impossibile e del quale finisce con il fare la discarica dei problemi sociali che non vuole o non sa affrontare.
Per tali ragioni questa Segreteria Nazionale auspica che il personale penitenziario sia escluso dalle annunciate riduzioni di personale della spending review e confida in un autorevole intervento in tal senso da parte del Ministro, affinché il carcere sia effettivo presidio di legalità, di sicurezza e di rieducazione, nel rispetto della dignità delle persone affidate alla sua custodia, così come deve auspicare un Paese civile e democratico.
I dirigenti penitenziari, infatti, sono i primi garanti dei principi di legalità nell’esecuzione penale, poiché ad essi è demandato dall’ordinamento il compito di assicurare l’equilibrio fondamentale che deve esistere tra le esigenze di sicurezza, penitenziaria e della collettività, e quelle di trattamento rieducativo delle persone detenute.
E’ di palmare evidenza che a fronte del già ridottissimo numero di dirigenti penitenziari ove dovesse intervenire una loro ulteriore riduzione sarebbe davvero impossibile assicurare la presenza stabile di un direttore nelle carceri italiane e il ricorso alle misure alternative alla detenzione subirebbe un’ulteriore compressione: in altri termini, a fronte di quel mare tempestoso che oggi è la grave situazione penitenziaria, per la quale il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza delle carceri1, non possono venire a mancare, ai vari livelli di responsabilità, proprio i dirigenti penitenziari che sono le figure professionali deputate a gestire tale emergenza.
Perché ciò non si verifichi il Si.Di.Pe. ha rivolto appello anche a tutti i Parlamentari, senza distinzione di colore politico, perché legalità, giustizia e democrazia non portano bandiere di partito: a loro ha chiesto di esercitare le prerogative costituzionali che gli appartengono e di fare la necessaria pressione sul Governo, affinché sia data la dovuta attenzione al problema, per evitare che la mancata previsione di una deroga alle riduzioni di personale per l’Amministrazione penitenziaria possa comportare ulteriori e più gravi conseguenze all’interno del già quasi collassato sistema penitenziario.
Le eventuali adesioni dei direttori degli istituti penitenziari e degli uffici di esecuzione penale esterna, ai quattro giorni di sciopero della fame e del silenzio potranno essere comunicate:
- per SMS al numero 334.2740541
- per mail all’indirizzo radiocarcere@radioradicale.it
Anche in questo nodo il Si.Di.Pe. intende confermare il proprio impegno a promuovere una cultura della e per la Legalità e la Giustizia, una cultura che non dimentichi il carcere, luogo nel quale la giustizia, quando la privazione della libertà personale è indispensabile, si concretizza.
Il Segretario Nazionale
Rosario Tortorella
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