Dichiarazione di Elisabetta
Chiacchella, iscritta al Partito radicale transnazionale, Andrea
Maori, segretario dell’associazione radicaliperugia.org
In
merito all’arresto dei 10 presunti appartenenti al FAI (Federazione anarchici
informali) che campeggia sulle prime pagine dei giornali online di oggi e che probabilmente apparirà sulle prime pagine dei
giornali domani, intendiamo esprimere la nostra profonda contrarietà riguardo
all’uso totalmente irrispettoso con cui sono stati trattati i dati personali degli arrestati da parte dei mass media, uso che fa presumere quantomeno
una indebita sbrigatività da parte delle forze dell’ordine, nella fattispecie
dai carabinieri del ROS, relativamente alla diffusione di nomi, cognomi, età, provenienza
e residenza degli arrestati.
Le
ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Procura di Perugia, fino a prova
del contrario, riguardano cittadini che dovrebbero godere della presunzione di
innocenza, dal momento che viviamo in uno stato di diritto. La sospensione di
tale diritto è a nostro avviso un ulteriore, inquietante segnale della crisi
italiana perché produce un effetto solo illusorio di sicurezza nella
cittadinanza. Vogliamo sperare che chi detiene l’uso della forza sul territorio
non cada nella trappola della militarizzazione della società, con retate e
spiegamenti di forza prevaricatrice, fenomeno che abbiamo già conosciuto in
passato e che ha contribuito nettamente ad alimentare una strategia della
tensione di cui mai vorremmo vedere una riedizione.
L'arresto è un fatto pubblico. Se non lo fosse sarebbe peggio. O no?
RispondiEliminaEsatto, ma la diffusione di dati personali, come il condominio dove si vive o che cosa si fa nella vita, è un fatto che può avere conseguenze negative a maggior ragione se si è arrestati per reati così gravi. Leggendo alcuni resoconti sui giornali di oggi, ci sono aspetti poco convincenti rispetto alle accuse mosse ad alcuni arrestati, ma su questo poi bisogna vedere il prosieguo delle indagini e le linee difensive; in ogni caso con questo comunicato abbiamo avvertito l'esigenza di non sbattere il mostro in prima pagine, come troppo spesso avviene tra l'indifferenza della cosiddetta opinone pubblica e l'insensibilità manifesta di tanti giornalisti
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