Politici, la rivoluzione si fa a tavola. Invitare Capitini, dimenticare Cartesio
di Marcella Calzolai
da Il Giornale dell'Umbria, 26 novembre 2010
Appena usciti dalla grande bouffe delle golosità nostrane, dalla Valnerina a Orvieto, appagati dall’aver la dieta mediterranea ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di bene dell’umanità, ecco che ti capita tra le mani il “cibo globale” con tutti i suoi guai: carestie, obesità, genetica, tempesta nutrizionale, ogm e altro ancora di quanto di poco rassicurante ci riguarda o ci potrebbe riguardare. E’ il lancio (Corriere della sera) del forum mondiale in programma, la prossima settimana, alla Bocconi.
Orrore, la bistecca!
E che succede se è proprio il momento in cui sei impegnato nella lettura di un breve, ma denso e intenso, saggio di Francesco Pullia, titolo “Dimenticare Cartesio” (Mimesis), che viene presentato oggi a Terni (Palazzo Gazzoli, ore 16,30)? Fai un’inversione di marcia per tornare al primo capitolo - “La sfida cruciale di questo millennio” - e ti ritrovi nel bel mezzo di pagine che grondano sangue e violenza, al punto da inorridire se qualcuno ti mette nel piatto una bistecca, per non dire di un pollo all’arrabbiata.
Delfini ridotti in sushi
Animali “ignobilmente ridotti a ingranaggi e vittime di vergognose catene di montaggio”, polli sottoposti a una esasperata selezione genetica, i terrificanti allevamenti intensivi, l’indebito ricorso a estrogeni e antibiotici, ma anche i delfini catturati a migliaia e straziati per finire in piatti di sushi. Tutto già visto e ben noto, si obietterà. E allora?
Vegetariani e nonviolenti
E’ l’elogio dell’animalismo e del vegetarianesimo come scelta di vita, e la tesi di Pullia poggia autorevolmente su Umberto Veronesi, passando per Kafka, Rosa Luxemburg, Yourcenar, Ceronetti (il mattatoio “ci maledice tutti”) per arrivare a Aldo Capitini e alla nonviolenza: “Col vegetarianesimo si realizza principalmente il riconoscimento del valore dell’esistenza di quegli essere animali contro i quali si decide di non usare l’uccisione, e, di riflesso, si realizza una maggiore persuasione che non si debba usare violenza contro gli esseri umani”.
Cambiamento di rotta
La sostanza è che “non ci sarà mai piena affermazione dei diritti umani senza il riconoscimento dei diritti animali, del ben-essere di e per tutti”. Non siamo, dunque, di fronte a una semplice scelta individuale, bensì a una rivoluzione culturale, che negando l’antropocentrismo di Cartesio, va ben oltre l’ambientalismo come finora l’abbiamo conosciuto (ma anche il pacifismo all’italiana). E’ un cambiamento di rotta, perché si affermi “la migliore speranza per il nostro pianeta nel frangente più pericoloso della sua intera esistenza”. Non solo.
Pullia e i piedi nel piatto
Prendendo le distanze da Cartesio, Pullia mette i piedi nel piatto della politica con un approccio alla modernità, che, nella stagione del tramonto delle ideologie e delle contrapposizioni violente, apre le porte alla “feconda molteplicità della complessità”. Lo fa passando per Giordano Bruno, Mazzini, Gandhi, Danilo Dolci, Simone Weil, Camus… Per tornare a Capitini e alla necessità di “smarcarsi dalla tradizionale forma-partito, preferendo a questa un modello flessibile, non irrigidito, federativo”.
Radicale, come ovvio
La narrazione di Pullia - che è nonviolento, ovviamente radicale, e anche vegetariano - è complessa, documentata e raffinata. Andare oltre nel tentativo di sintesi sarebbe azzardata banalizzazione. “Dimenticare Cartesio” attraversa culture (a cominciare dai testi sacri indiani) e mondi lontani, ma anche attualissimi. E va semplicemente letto e anche riletto, anzi centellinato. Due citazioni, però.
Pepi e il cinghiale bianco
Il tenero intermezzo per i dolori della non più giovane Pepi, l’amata gatta affetta da tumore. E “l’era del cinghiale bianco”, cantata da Battiato (“profumi indescrivibili/ nell’aria della sera…”), che riconduce a René Guenon e a quell’età mitologica, in cui predominava “la conoscenza assoluta in senso spirituale”. Mito e cronaca s’intrecciano per tornare a riflettere sul “nostro declinare al limite di una voragine da noi stessi scavata”.
E ora di che partito sei?
Come non chiederci a questo punto, ogni volta che ci sediamo a tavola (e senza anche bisogno di essere vegetariani integralisti), di che partito siamo? Ovvero, scegliamo Cartesio o Capitini?
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