PERCHE’ DICIAMO NO
AL “NODO” DI PERUGIA
UN’OPERA INUTILE
La realizzazione del Nodo, anche
nella sua forma ridotta di Nodino, secondo i proponenti porterebbe a una
riduzione significativa del traffico nel tratto tra Collestrada e Ponte San
Giovanni, con sbandierati effetti positivi anche sulle gallerie del raccordo
Perugia-Bettolle.
A ben vedere però il reale beneficio va a favore esclusivamente del traffico di attraversamento, di quei mezzi cioè che bypassano la zona del capoluogo senza farvi tappa. Si tratta di un problema che sta legittimamente a cuore ad Anas: la E45 è la 4 corsie non autostradale più lunga d’Italia e la realizzazione del “nodo” o “nodino”, separando il traffico delle lunghe percorrenze da quello locale, renderebbe fluido il tragitto di chi viaggia da Roma verso il nordest del paese o viceversa evitando loro anche la stretta curva nei pressi del centro commerciale di Collestrada.
Tutti coloro che invece hanno
origine e/o destinazione dei loro spostamenti in uno dei tanti quartieri della
città non troverebbero alcun beneficio dalla realizzazione dell’opera, poiché
dovrebbero continuare a percorrere l’attuale tracciato che sarebbe sgravato da
un ridotto numero di veicoli, a seconda delle stime tra il 10% e il 20%.
Sarebbe infatti sufficiente la prova empirica di posizionarsi alla base della rampa che da Ponte San Giovanni permette di imboccare il raccordo in direzione Perugia e osservare quanti sono i veicoli che vanno verso il capoluogo e quanti invece quelli che proseguono (indisturbati) verso Roma per rendersi immediatamente conto che la vera congestione di traffico è causata dai mezzi diretti verso la città. Lo strozzamento dovuto al fatto che la rampa di accesso è a corsia unica fa poi sì che le code generate si riverberino fino a Collestrada o ancor più a monte fino a Ospedalicchio. Prova empirica supportata dai numeri messi nero su bianco, e a più riprese, da Regione, Comune di Perugia e Anas stessa.
UN’OPERA DANNOSA
L’area interessata dal tracciato del Nodo è di notevole pregio ambientale. Quella che comprende il bosco a Farnetto di Collestrada è stata dichiarata ZSC (Zona Speciale di Conservazione), con divieto di mutamento di suolo, sottosuolo e soprasuolo, di fare nuove costruzioni, scavi, impermeabilizzazioni del terreno, demolizioni e modifiche di sorgenti e falde. Inoltre va rilevato che l’Unione europea eroga fondi alla Regione finalizzati alla gestione e salvaguardia di conservazione dell’habitat delle specie vegetali e faunistiche. Proprio in quella zona ZSC invece, secondo il progetto, dovrebbero essere ricavate una galleria naturale e una artificiale, tramite lo scavo di una trincea a cielo aperto da ricoprire con pareti di cemento e terra di riporto modificando anche il quadro visivo della zona. Il tratto scoperto insisterebbe su una piana caratterizzata da terreni ed agricoltura di pregio.
UN’OPERA CHE RICHIEDE TEMPI LUNGHI
Tra Conferenza dei servizi, Valutazioni di impatto e di incidenza ambientale, necessari cambi di destinazione dei Piani regolatori di Comuni, gare di appalto, affidamento dei lavori ed esecuzione degli stessi, ci vorranno parecchi anni (ad essere realistici non meno di 10-15), durante i quali la zona di Ponte San Giovanni continuerebbe ad essere invasa da traffico e smog a cui si aggiungerebbe quello correlato ai cantieri, con una mole notevole di camion e mezzi di vario tipo.
UN’OPERA INADEGUATA ALLE SFIDE DEL FUTURO
Il Nodo o Nodino è un’opera
anacronistica. Immaginare che nell’orizzonte
temporale 2030-2050 il traffico sarà sempre su questi livelli e con queste
modalità, con i cittadini che si muovono singolarmente e prevalentemente in
auto, significa insistere su una visione
del mondo “autocentrica” e non più attuale. Costruire nuove strade
significa continuare a incentivare l’uso dell’auto privata e richiamare così
nuovo traffico, opzione che stanti gli aumenti nei costi di gestione, già
elevati, sarà sempre meno appetibile.
L’Italia e l’Europa stanno scommettendo invece sulla transizione
ecologica e digitale, investendoci in maniera pesante. Questo si traduce
nel ridurre il numero degli spostamenti grazie alla digitalizzazione di alcune
attività e all’utilizzo sempre più frequente dello smart working; le
innovazioni tecnologiche consentiranno di implementare sistemi di trasporto
collettivo che porteranno a una diminuzione del numero dei mezzi in
circolazione; il problema dell’inquinamento atmosferico sarà ridotto grazie
alla messa al bando dei motori diesel e alla sempre più massiccia diffusione di
motori elettrici ed ibridi.
Ciò che occorre fare è invece investire
sul trasporto pubblico, in particolar modo quello ferroviario. Perugia e
l’Umbria hanno l’invidiabile presenza di cinque
assi ferroviari (a nord verso Sansepolcro, a sud verso Terni, a est verso
Foligno dove si congiunge alla Roma-Ancona, a ovest verso Terontola dove si
congiunge alla Roma-Firenze e il braccio che da Ponte San Giovanni sale a
Sant’Anna alle pendici del centro storico) che
toccano sia le principali città della regione sia molti popolosi quartieri
all’interno del capoluogo. Oggi sono scarsamente utilizzati perché non
rispondenti alle esigenze dei cittadini. Per
renderli appetibili e di conseguenza sfruttarli in modo significativo, richiedono investimenti per potenziare le
infrastrutture e garantire frequenze molto più elevate soprattutto negli
orari di punta. All’interno della città,
dei quartieri e delle frazioni della periferia un ruolo importante può essere svolto dalla mobilità dolce che va
favorita per i piccoli spostamenti o per il cosiddetto “ultimo miglio” per
chi si sposta con i mezzi pubblici o lasciano l’auto in uno dei parcheggi di
scambio.
È su queste linee guida che la politica dovrebbe preoccuparsi di reperire
i necessari finanziamenti e implementare idee e soluzioni.
Ma se anche volessimo prendere in considerazione
l’ipotesi di incrementare l’offerta stradale, esistono alternative molto più economiche, assai meno impattanti e più
efficaci del “nodo” o “nodino”.
È la stessa Anas nel 2018 a
dichiarare che il potenziamento
dell’attuale sistema viario mediante il raddoppio delle corsie di svincolo
da Foligno per Perugia e viceversa, il raddoppio delle rampe di accesso al
Raccordo e l’allargamento a tre corsie in un tratto di E45, ridurrebbe
sensibilmente il congestionamento del traffico nell’area, consentendo di
passare dai livelli attuali di saturazione prossimi al blocco, a percentuali
tra il 48 e il 63 % della portata della arteria così potenziata. Anche la viabilità secondaria, opportunamente
potenziata, può svolgere un ruolo di alleggerimento del tratto cittadino di
E45 e raccordo.
Nonostante tutto, si continuano a
registrare le adesioni di chi è favorevole
all’opera. Di fronte all’evidente problema del congestionamento del traffico
nella zona di Ponte San Giovanni e Perugia, la posizione dei favorevoli sembra quasi essere quella del “facciamo
qualsiasi cosa purché si faccia qualcosa”. Una risposta impulsiva che non
prende atto del pessimo rapporto costi/benefici, che fa istericamente leva
anche sugli incidenti che si verificano sovente sul raccordo e sui livelli di
inquinamento, facendo velleitariamente intendere che il Nodo risolverebbe tali
problematiche.
Le considerazioni sopra esposte
restano valide per tutte le ipotesi presenti oggi sul tavolo: dal “nodino” (il
solo tratto in variante tra Collestrada e Madonna del Piano), al “nodo” intero
(variante completa con prosecuzione fino a Corciano), passando per la soluzione
intermedia del “nodino” più una bretella a due corsie tra Madonna del Piano e
l’Ospedale.
Il nostro non è un NO a prescindere, né un NO ideologico contro le
grandi opere. È un NO ampiamente motivato che si tramuta in un grande SÍ per un
nuovo concetto di mobilità.
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