Intervento scritto di Federica Frasconi in occasione del Congresso del Partito Radicale Transnazionale che si è tenuto presso il Carcere di Rebibbia a Roma dal 1 al 3 settembre 2016
Tutti noi da qualche parte viviamo da carcerati l'importante è conoscersi per non esserlo con se stessi.
L'arma che il potere, supposto democratico, ha ci tiene a sé come buoni oppressori dei presunti nemici.
La democrazia in sé non dovrebbe generare un potere dominante: dovrebbe essere confronto, presenza, complessità di ascolto e riflessione personale.
Perché ci puniamo, pur non avendone ragioni valide?
Perché puniamo, pur avendo ragioni valide?
La colpa deve essere il punto da cui ripartire per comprendere l'errore.
Non dobbiamo essere rieducati perché niente e nessuno deve ammaestrare l'altro e tanto meno sé stesso a determinate temporanee regole o morali.
C'è una preziosità, un mistero con cui conviviano quotidianamente; la vita.
Quest'ultima, che in sé resta sempre la prima, ci dà gli strumenti veri per poter, ogni giorno, cambiare l'ovvietà e la morale incancrenita dei nostri congegni neurologico-sociali.
Come si può dire e decidere che una persona debba vivere, nella sua finita eternità umana, chiusa dietro un’unica realtà imposta, senza considerarsi carnefici di quest'ultima?
Chi è il delinquente più forte per poter non essere il delinquente perseguitato?
Società punitiva verso cosa?
La detenzione in carcere è un enorme spauracchio del potere: potere che delinque e che spesso è il principale responsabile dell'errore che l'altro accusato, in prima persona ha commesso. Certamente il soggetto, provato colpevole, ha commesso lui stesso l'atto "delittuoso" ma qualcosa lo ha spinto a sbagliare strada; lo ha spinto a negare all'altro la libertà credendo così di trovarla. Da dove deriva questo specchio emozionale e concreto?
Di certo questa società mondiale non aiuta alla conoscenza di sé ma troppo alla conoscenza dell'altro.
Se non si parte da sé stessi non si può comprendere l'altro a meno che entrambi non si pongano rispettivamente come creature inesplorate, libere, curiose ed umili nell'essere orgogliosamente testimoni della propria unicità reciproca.
Qui dobbiamo soffermarci se non partire, qui nella parità di scelta e comprensione si può attuare l'amnistia.
L'amnistia anche alla Repubblica perché da lì si scarti il marcio, ormai infiltrato ovunque nelle istituzioni che godono di rispettabilità solo per il loro intento, in principio pulito ed innocente, intelligente e altruista egoistico nella conservazione ed ora egoistico nella cecità perenne verso quello da cui si deve iniziare a costruire non galere o celle ma spazi di ascolto nella società circostante.
La "Società Circostante" è un’espressione insolita per le carceri: quasi sempre isole sparse, lontane un po come lo erano fisicamente i manicomi.
Non è il detenuto a dover essere isolato o tormentato col pensiero della morte, della fine senza termine ma deve essere la società stessa a non essere isolata nelle sue molteplici realtà latenti.
Se il carcere diventa la pattumiera umana della società “civile” come possiamo solo pensare che l'ordine sociale diventi, una volta per tutte, più attuabile e soddisfacente per la molteplicità delle realtà che costellano un’unica vita presente tra altre milioni di vite?
Perché la nostra costituzione recita" l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro"?
Fondata sul lavoro o sul sistema di silenziosa alienazione quotidiana del fare?
Quando il lavoro diventa sussistenza in sé è, sì, realizzazione ma non deve essere fine a sé stessa, non fine al prodotto della catena di lavorazione ma fine a ciò che la vita può assorbire di tanto sacrificio e di tempo, spazio e forze.
Non "orat et labora" ma "amati e lavora per contribuire a questa società libera che ti riconosce essere umano amante e amabile e quindi degno di ascolto silenzio e cura”.
Sono "criminali" tutti quelli che non seguono la maggioranza ...
Non servono per forza le sbarre per essere in isolamento.
Tutto ciò che spesso è specchio di realtà viene annullato in partenza con ogni forza possibile, magari anche col finto appoggio pur di far risultare la scelta maggioritaria di un gruppo come la più convincente o conveniente.
Non isoliamoci mai se non costantemente con noi stessi, dentro noi stessi per valutare e sentire la nostra presenza libera di essere espressione di noi, cosicché l'isolamento non crei divari ma crei ponti di comunicazione e non di sopraffazione.
Spesso questo carcere ideologico lo si nota anche in gruppi politici, spesso un diritto è sottomesso al profitto di altre leggi o ideologie.
Ripenso alla legge sulle unioni civili, forse perché è la più recente che sento forte e continuo a sentire forte nel suo sviluppo giuridico e anche culturale.
Una legge che riconosce dei diritti civili per coppie dello stesso sesso in questo paese reale è un piccolo passo verso la piena uguaglianza.
Non amo i santi della politica, quelli che avrebbero di certo portato immediatamente solo ed esclusivamente il matrimonio egualitario come unica battaglia non accettando niente altro: caso strano gli stessi che al tempo dei DICO avrebbero preferito una bella raccomandata con ricevuta di ritorno come Unione tra l'altro priva di diritti oggi riconosciuti con questa legge.
Io stessa avrei voluto che questo parlamento si assumesse la responsabilità di ascoltare e di approvare senza sviamento o mormorio di coscienza all'ultimo momento, l'intera legge con le adozioni.
Sarebbe fallita tutta la legge ed è quello che volevano.
Sapete perché volevano che fallisse tutta la legge?
Per compenso di leggi antecedenti, socio-economiche e morali potessero avere una strada di malcontento percorribile per ottenere consenso da una fascia ampia di popolo. In una società amministrativo-politica in cui i diritti sono subordinati al profitto nazionale, alle ideologie storiche staliniste comuniste naziste fasciste:
I diritti sotto i piedi di personalità da portare al potere, di lotte interne degne a questo punto solo di scherno.
Se davvero vogliamo fare una legge che completi questo piccolo riconoscimento giuridico e sottolineo giuridico (la vita intima delle persone non risponda della politica) uniamoci tutti affinché i diritti umani non siano più opinioni politiche.
La politica è un campo di guerra violento e non cambierà mai perché è nata per essere quello che è. .quindi impariamo a rispondere con noi stessi amandoci e amando e lottando comprendendo il campo di lotta: dobbiamo essere persone prima di partiti; persone!
La magistratura stessa, aggiungo, deve essere persona e non altro.
Persona, soggetto di giustizia!
Siamo qui per una legge che chiami matrimonio un Unione di corpo e amore tra due persone, siamo qui per una legge che garantisca la genitorialità a single ed a ogni coppia.
Siamo qui perché la giurisdizione chiami matrimonio sia Unione civile che unione Cattolica.
Siamo qui perché sia la persona, nel suo intimo, a dare significato al termine matrimonio; il cattolico in un modo un’altra persona in un altro ancora.
Un temine solo sia usato e sia ad esso garantito stesso trattamento.
Non siamo qui per fare secessioni interne né esterne, siamo qui per essere un corpo sociale, un’anima che desidera superare le divisioni di ideologie politiche sociali e religiose negando la supremazia assoluta di ognuna di queste ma assicurando ad ognuna di queste la parità di diritti di verità e dignità.
I carcerati siamo tutti noi,
Chi uccide, chi rapina, chi spaccia, chi si fuma uno spinello, chi tampona una bicicletta per strada ...sono tutti considerati solo spazzatura dalla società: sono carcerati a morte eterna comunque, finché niente cambierà.
L'ergastolo non è solo dell'ergastolano ma anche dell'ex detenuto:
carcerieri e carcerati dovremmo sentirci tutti.
La pena di morte è come un ergastolo ma la mattanza piace troppo allo sguardo feroce della società vendicativa e rinnegata ..cosicché l'ergastolano muoia con la morte addosso tutti i giorni e il "buon" cittadino libero creda così di esser nel giusto condannandosi solo alla cecità più bieca: la realtà non è un video game né una bandiera la realtà è complessa e per capirla occorre accettare l'inutilità d'ogni dottrina totalitarista in ogni campo.
Federica Frasconi
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