Andrea Maori mentre parla |
L’iniziativa è conseguente alle decisioni emerse nel corso dell’ultimo incontro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, tenutosi a Roma nei giorni 16, 17 e 18 gennaio, che ha rilevato il permanere dell’illegalità in cui versa il sistema giustizia, con le violazioni dei diritti umani nei confronti dei detenuti e la durata non ragionevole dei processi.
Qui di seguito il testo del discorso.
Anche quest'anno come Radicali del
Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito e come Radicali
Italiani abbiamo deciso di essere presenti, chiedendo di intervenire, in tutte
le Corti di Appello in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario,
leggendo lo stesso testo in ogni corte d’Appello, con lo spirito di dialogo e
confronto con le istituzioni che hanno la responsabilità di occuparsi della
giustizia.
Si tratta di un atto e di una
iniziativa che riteniamo doverosa per corrispondere in una sede istituzionale
all’unico messaggio formale, inviato alle Camere ai sensi dell’art. 87 Cost.,
dal Presidente della Repubblica uscente
nel corso dei suoi nove anni di Presidenza, contestualmente denunciando il
comportamento degli interlocutori
istituzionali del Presidente, in primo luogo quelle Camere alle quali il Capo
dello Stato si è rivolto, che con platealità hanno sistematicamente negato
dignità al testo formale proveniente dalla più alta carica dello Stato
nell’esercizio della sua massima autorità magistrale e volto a richiamare gli
improcrastinabili obblighi di riforma strutturale della Giustizia, a partire da
un provvedimento di amnistia e indulto.
Un
comportamento scandaloso, che siamo convinti abbia suscitato non poca amarezza
nell’animo del Presidente, che è servito e serve al regime partitocratico,
editore di riferimento dell’informazione radiotelevisiva e di una stampa spesso
asservita, per continuare ad impedire
all’opinione pubblica e al popolo italiano di conoscere e giudicare gli atti
del Presidente della Repubblica nel solenne esercizio delle sue funzioni
costituzionali ed i fatti, gravissimi e che implicano altrettanto gravi violazioni
di norme costituzionali e sovranazionali, che di quell’unico messaggio formale
alle Camere rappresentano i presupposti.
L’assenza
di riforme organiche e strutturali del sistema, a partire da quelle
ordinamentali, ha reso - da anni - cronici i mali di una giustizia divenuta
strutturalmente inefficiente soprattutto per la sua irragionevole durata.
Tutto questo ha un notevole costo in
termini di denaro pubblico, a causa di uno
Stato le cui stesse istituzioni non sono in grado di rispettare le proprie
leggi.
È
ormai accertato che le violazioni delle fondamentali norme della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo da parte del nostro Stato stanno causando ingenti
danni all’intera economia nazionale.
Lo
stesso Ministero della Giustizia, nella relazione presentata all’inaugurazione
dell’Anno Giudiziario 2014, ha ammesso che i ritardi della giustizia ordinaria
determinano ricadute anche sul debito pubblico.
L’alto
numero di condanne ed i limitati stanziamenti sul relativo capitolo di bilancio
hanno comportato un forte accumulo di arretrato del debito ancora da pagare
sulla base dei risarcimenti previsti dalla “legge Pinto”, debito che, ad ottobre 2013, ammontava ad oltre 387 milioni di euro.
Il
fenomeno ha oramai assunto le sembianze di una vera e propria ipoteca accesa a
carico di ogni cittadino italiano.
A
queste cifre si devono aggiungere le somme dovute a titolo di risarcimento per
i detenuti che hanno scontato e che stanno scontando la loro pena in condizioni
disumane e degradanti.
Lo
scorso 8 ottobre, in occasione dell’anniversario dall’invio del messaggio alle
camerte da parte del Presidente Napolitano,
noi Radicali abbiamo depositato un esposto presso la procura regionale della
Corte dei Conti del Lazio per sollecitare un’indagine volta a stabilire
l’esatto ammontare del danno economico patito dall’intera nazione in relazione alla mancata attuazione di
concrete e urgenti riforme volte a impedire il reiterarsi delle violazioni
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed al fine di individuarne i
responsabili.
Questa
è lo stato in cui versa in Italia una fondamentale infrastruttura immateriale
del paese, com’è la giustizia, perno di qualsiasi processo di crescita civile, sociale ed economica oltre che un essenziale pilastro
di ogni moderna democrazia.
Gli
interventi frammentari e disorganici assunti dal Governo anche nel corso del
2014 appena trascorso, l’assenza di un disegno complessivo di riforma del
sistema, non hanno affatto posto rimedio alle censure mosse dalla Corte EDU con
la nota sentenza Torreggiani, posto che la Corte aveva chiesto soluzioni e
rimedi effettivi, mentre i rimedi adottati continuano a rimanere solo sulla
carta, com’è evidente ad esempio, a chiunque
conosca, anzitutto la magistratura di sorveglianza, la vicenda del nuovo art.
35 ter dell’ordinamento penitenziario, introdotto con il d.l. 92/2014
successivamente convertito con la legge 117/2014.
A sei anni dalla sentenza Sulejmanovic
e a due dalla sentenza Torreggiani, in Italia abbiamo ancora ben 72 Istituti
penitenziari che hanno un sovraffollamento che va dal 130% al 210% se vogliamo riferirci esclusivamente al
sovraffollamento; ma tutti sappiamo che la sentenza pilota dell'8 gennaio 2013
faceva riferimento non solo allo spazio disponibile pro-capite in cella, ma
anche alla possibilità di accesso alla luce naturale e all'aria, alle
condizioni igieniche e, in generale, alle condizioni trattamentali.
L’Italia
è ancora sub judice, le Istituzioni Europee sino ad ora hanno fatto fiducia
all’Italia, riservandosi di verificare in un prossimo futuro l’effettività dei
rimedi adottati in seguito alla sentenza Torreggiani: il 2015 sarà l’anno in
cui la Corte EDU, così come il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, non
potranno che prendere atto della assoluta ineffettività ed inadeguatezza di
questi rimedi e nuove pesanti ombre si profilano all’orizzonte, sul versante
della verifica del rispetto dei diritti umani fondamentali da parte
dell’Italia.
E’
per questo che gli obiettivi indicati al Parlamento dal Capo dello Stato nel
2013, da raggiungere attraverso il percorso pure indicato dal Presidente, nel messaggio rimasto totalmente inascoltato
anche nel corso dell’appena trascorso 2014, rappresentano e continuano a
rappresentare i nostri obiettivi che hanno quale fondamentale pilastro quello
del rientro nella legalità costituzionale e sovranazionale del sistema giustizia del nostro Paese.
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