Dura
nte l'audizione di oggi, 3 marzo 2014, indetta dalla commissione consiliare regionale competente sulla proposta di modifica della disciplina degli istituti di partecipazione regionale, è intervenuto Michele Guaitini, tesoriere di radicaliperugia.org. Qui sotto postiamo una sintesi del suo intervento che è la sintesi del lavoro sul territorio che da anni i radicali umbri svolgono in materia di partecipazione e di uso degli strumenti di democrazia diretta.
Michele Guaitini durante il suo intervento |
“La Regione riconosce il
referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce
l’utilizzazione” (art. 22 Statuto Regionale dell’Umbria)
Dal dizionario Treccani, “favore”: Benevolenza, buona disposizione,
dimostrata per lo più concretamente con atti d’approvazione, di protezione, di
concessione e di aiuto.
-
LA TRUFFA DELL’ARTICOLO 28 C. 1 lett.
c)
Art. 28 c. 1 lett. c): “le
operazioni e le attività […] relative alla indizione, allo svolgimento e alla
proclamazione dei risultati, sono sospese […] all’atto della pubblicazione del
decreto di indizione dei comizi elettorali per lo svolgimento di elezioni
politiche, nazionali o amministrative”.
Dal momento che il referendum regionale deve svolgersi nel periodo
compreso tra il 15 aprile e il 30 giugno, è facile osservare come con la legge
attuale sia oggettivamente
impossibile portarlo a termine.
Nell’arco quinquennale che va da una elezione regionale all’altra,
infatti, si sono sempre svolte elezioni amministrative in qualche comune umbro
nei mesi di maggio/giugno rendendo di fatto sempre operante la sospensiva
prevista dal citato articolo 28.
Oggi vi trovate a discutere di una modifica che prevede la non
applicazione di tale sospensiva per i soli referendum consultivi concernenti
l’istituzione di nuovi comuni o la fusione tra di essi.
A parte che si fa fatica a capire perché sentiate l’esigenza di operare
tale modifica solamente per una tipologia di referendum, chiediamo che senza indugio cogliate
l’occasione per mettere fine allo scempio democratico prodotto dalla legge
vigente che invece che “favorire” il
referendum regionale lo rende inattuabile.
Il modo migliore e più chiaro è quello di abrogare la lettera c) dell’art. 28 c. 1. anche perché un eventuale
accorpamento del referendum ad altro tipo di consultazione comporterebbe un
minor aggravio di costi.
In subordine si ripristini quanto disposto nella precedente normativa
(L.R. 22/97) all’articolo 9 c.5 secondo il quale il Presidente della Regione
poteva, in caso di sospensione, fissare una nuova data tra l’1/10 e il 15/11.
Con l’accortezza però che, contrariamente a quanto previsto in quella legge,
non sia una facoltà in capo al Presidente della Regione ma un obbligo vincolante (visti i
precedenti…).
-
ULTERIORI PROPOSTE PER “FAVORIRE”
L’ISTITUTO REFERENDARIO
Di seguito vengono riportati altri suggerimenti, meno impellenti
rispetto a quanto sopra esposto, ma che possono contribuire a far sì che la
Regione possa effettivamente “favorire”
l’istituto referendario acquisendo anche un ruolo di possibile avanguardia
rispetto alla legislazione nazionale che è ancora figlia di norme e procedure
vecchie di decenni.
1) Il
numero delle firme
Con la legge attuale, la proposta di referendum deve essere
sottoscritta da almeno 10 mila cittadini umbri. E’ un numero relativamente
molto alto. Considerando che la popolazione umbra è circa l’1,5% della
popolazione nazionale e che per i referendum nazionale il numero di firma
richiesto è di 500 mila, già sarebbe più congruo abbassare la soglia per i
referendum regionali a 7.500 firme (1,5% rispetto alla soglia nazionale). Visto
però che la Regione per suo Statuto intende “favorire” l’istituto referendario,
sarebbe auspicabile un ulteriore
abbassamento della soglia portandola ad un numero non superiore a 5 mila.
2) Giudizio
di ammissibilità del referendum
Con la legge attuale la Commissione di Garanzia Statutaria
deve pronunciarsi sull’ammissibilità del quesito referendario (art. 22 L.R.
14/10).
Tale pronunciamento però arriva solamente al termine di
tutta la procedura di raccolta e autenticazione delle firme rischiando di
inficiare mesi di lavoro da parte del comitato promotore e la volontà stessa
dei sottoscrittori.
La nostra proposta prevede che la Commissione di Garanzia
Statutaria possa pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum all’inizio del procedimento, in modo
tale che in caso di bocciatura non vengono sprecate risorse ed energie per una
inutile raccolta di firme oppure dando la possibilità di riformulare il quesito
referendario in maniera differente.
D’altro canto occorre evitare che arrivino all’esame della
Commissione di Garanzia Statutaria un numero eccessivo di richieste, magari
anche pretestuose.
Un buon compromesso potrebbe essere quello di sottoporre la
proposta di referendum al giudizio della Commissione di Garanzia dopo aver
raccolto almeno 500 firme nell’arco dei primi 30 giorni. Se la Commissione di
Garanzia dà esito favorevole da quel momento partono altri 90/120 giorni per
completare la raccolta delle firme.
3) Modalità
di autenticazione delle firme
Con la legge attuale la modalità di raccolta e di
autenticazione delle firme è molto difficoltosa, soprattutto per le
associazioni “orfane” di supporto di partiti politici e che dovrebbero invece
essere i soggetti più tutelati dalla disciplina referendaria.
La nostra proposta è che le firme possano essere raccolte
senza presenza di un autenticatore. Sarà poi chi ha redatto il modulo che dovrà
a sua volta apporre la sua firma in calce al modulo davanti a uno dei soggetti
attualmente autorizzati ad autenticare le firme, assumendosene ogni
responsabilità in sede civile e penale.
4) Quorum
Per evitare che i sostenitori del “NO” possano
surrettiziamente sommare i loro voti alle astensioni, proponiamo l’abolizione di
qualunque tipo di quorum relativamente al numero dei votanti.
Se proprio si vuol mettere una “barriera” minima per
evitare che un referendum possa passare ipoteticamente con un bassissimo numero
di votanti, riteniamo un buon compromesso quello di considerare approvato il
referendum se i “SI “ superano i “NO” e se sono pari ad almeno il 25%+1 degli aventi diritto al voto. La base logica di
questa proposta è che se il 25%+1 degli elettori vota “SI” sarebbe comunque in
maggioranza nell’ipotesi che abbia votato il 50%+1 degli elettori.
In questo modo i sostenitori del “NO” sarebbero comunque
invogliati ad andare a votare raggiungendo un duplice importante scopo: da un
alto il risultato della votazione rispecchierà effettivamente la volontà
popolare (dal momento che i “NO” non saranno “confusi” all’interno
dell’astensione), dall’altro lato si potrà avere una maggiore affluenza che è
sempre indice di salute per la nostra democrazia.
Nessun commento:
Posta un commento