Andrea Maori mentre parla - Foto Anna Rita Fiorini Granieri |
Qui sotto l'intervento letto da Andrea Maori, all’inaugurazione
dell’anno giudiziario presso la Corte d’Appello di Perugia, 2014.
Perugia,
25 gennaio 2014
Autorità,
quest’anno,
più che in passato, come Radicali del Partito Radicale Nonviolento
Transnazionale e Transpartito e come Radicali Italiani abbiamo deciso di essere
presenti, chiedendo di intervenire, nel maggior numero possibile di Corti di
Appello in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, leggendo lo
stesso testo con lo spirito di dialogo e confronto con le istituzioni che hanno
la responsabilità di occuparsi della giustizia.
La
straordinaria, oramai perenne, emergenza in cui versa la giustizia in Italia ce
lo impone, con senso di responsabilità, poiché nessuno sforzo può oramai essere
risparmiato per tentare di porre un freno a quella che possiamo definire la più
grande fabbrica di violazione dei diritti umani fondamentali oggi esistente in
Italia: la giustizia.
I
numeri mostruosi dei processi arretrati, civili e penali – se solo tra i penali
si ricomprendesse, come il Ministero non fa, anche la fase delle indagini
preliminari – che si concludono ben oltre la durata ragionevole fissata dall’art.
6 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo - CEDU - fotografa decine di milioni di cittadini ai
quali non si rende il servizio giustizia, se è vero com’è vero che una
giustizia ritardata è una vera e propria giustizia negata.
Allo
stesso modo, almeno dopo la sentenza Torreggiani emessa dalla Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo l'8 gennaio 2013, sentenza che abbiamo ottenuto anche grazie
al lavoro del Comitato Radicale per la Giustizia Piero Calamandrei, occorre
interrompere la vera e propria flagranza in corso, anche oggi che siamo qui ad
inaugurare l’anno giudiziario, e che vede oltre 62mila persone private del
diritto umano fondamentale della dignità della persona. 62mila non persone,
62mila torturati che abitano le nostre prigioni.
Non
è, per noi Radicali, un problema economico cui lo Stato dovrà far fronte da qui
a breve in sede europea se non verrà interrotta questa flagrante violazione dei
diritti umani fondamentali, non è un problema di bilanci e risarcimenti, è un
problema di diritto e di legalità, cioè di civile convivenza, che voi, anche
voi, proprio e soprattutto voi, dovreste ogni giorno preoccuparvi di far
rispettare e che ogni giorno invece viene palesemente violata.
E’
triste, tristissimo, per un Partito come il Partito Radicale, nato in Italia ma
che opera nel mondo lottando con la nonviolenza per salvaguardare i diritti
umani fondamentali degli ultimi della terra, dover constatare come oramai anche
l’Italia, la nostra Italia, sia ridotta ad essere considerata a livello
internazionale persino peggiore di molti Paesi dove il valore delle persone e
della vita umana è spesso pari a zero,
Non
uno Stato di diritto, ma uno Stato senza Diritto: ce lo ha ricordato più volte
anche il Presidente della Repubblica durante il suo messaggio alle Camere per
richiamare il corpo legislativo ai propri doveri anche evocando, se non
invocando, come auspicato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
279 del 2013, gli unici strumenti eccezionali capaci di determinare un immediato
rientro nella legalità - l’amnistia e l’indulto - quali pre-condizioni per poi poter procedere
ad una non più rinviabile profonda riforma del sistema giustizia.
Ma
se ci sono le accecanti responsabilità della politica – anche locale, basti
pensare che la Regione dell’Umbria non riesce a dotarsi di una figura di
garanzia come il garante delle persone detenute pur avendo approvato ben otto
anni fa una legge istitutiva – se ci sono le accecanti responsabilità di una
informazione asservita ai partiti che, cavalcando il feticcio della sicurezza e
censurando qualsiasi ampio dibattito pubblico sul tema, impedisce ai cittadini
di conoscere e di sapere che è questo sistema anzitutto a produrre insicurezza,
ci sono anche, ed è questo il luogo dove ribadirlo, le responsabilità della
giurisdizione.
Non
ci riferiamo solo all’abuso conclamato della custodia cautelare in carcere, ma
anche e soprattutto, al fatto che ogni giorno si continuano ad eseguire pene
illegali, tecnicamente illegali, pene altre e diverse dalla reclusione, dalla
privazione della libertà personale.
L’art.
3 della CEDU, l’art. 27 della Costituzione, il Codice penale, l’ordinamento
penitenziario e il suo regolamento di attuazione, impongono un modello di pena
assolutamente altro e diverso da quelle che quotidianamente vengono eseguite.
Anche
a prescindere, e non ne prescindiamo, dalle 675 diffide inviate dal Partito
Radicale e dal Comitato Radicale per la Giustizia Piero Calamandrei ad
altrettanti destinatari individuati tra tutti coloro che hanno responsabilità
sul punto, è chiaro che quando oggi viene emesso un ordine di esecuzione della
pena v’è quantomeno l’elevata probabilità con la conseguente accettazione del
rischio, se non la sicura certezza, che quella pena che si ordina di eseguire
sarà eseguita in condizioni inumane e degradanti, sarà privazione della dignità
dell’essere umano, sarà altro dalla pena della reclusione, sarà illegale.
Di
fronte a questo stato di cose, la giurisdizione non può continuare a far finta
di nulla tentando di supplire alle colpevoli inerzie della politica in nome di
una ragion di Stato che diventa la ragione di uno Stato senza diritto e senza
legalità.
Ecco
allora perché oggi invochiamo una moratoria di fatto nell’esecuzione di pene
che sappiamo saranno eseguite mediante trattamenti inumani e degradanti, una
moratoria per l’esecuzione di pene che oggi sappiamo essere illegali.
Lo
facciamo oggi, contestualmente, da ogni palco di ogni Corte d’Appello della
Repubblica italiana, in nome del diritto e della legge, quella legge che deve
essere uguale per tutti, per ogni essere umano, lo facciamo oggi celebrando
l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 con l’auspicio che sia l’anno in cui
il diritto e la legalità tornino a vivere in questo nostro Paese.
Grazie
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