In occasione della manifestazione di qualche giorno fa a Roma organizzata da diverse associazioni animaliste e antivivisezioniste, la deputata radicale Farina Coscioni ha emesso un comunicato stampa di dura condanna della manifestazione i cui promotori, alla pari degli antiabortisti, sarebbero fautori di un ritorno al medioevo. Il comunicato, dal tono saccente e provocatorio, lasciava scarso spazio a repliche e a pacate discussioni, su un tema delicatissimo che riguarda la salute di tutti, compresa quella dei non umani. Francesco Pullia da tempo impegnato sui temi dello specismo e dell'animalismo ha scritto una risposta che volentieri pubblichiamo nel nostro blog.
a.m.
L’on.Farina Coscioni ha bollato come fautori di un presunto ritorno al medioevo coloro che, in numero considerevolmente alto (oltre diecimila), hanno manifestato sabato scorso per chiedere, esprimendo tra l’altro la volontà di oltre l’86% degli italiani, la chiusura di lager come Green Hill e l’incentivazione di modelli di ricerca alternativi alla sperimentazione animale.
Modelli
maggiormente predittivi rispetto a quelli adoperati dai vivisettori, ma che, a
differenza di quanto avviene ad esempio negli Stati Uniti dove da cinque anni,
nei centri di ricerca statale, la sperimentazione animale è stata abbandonata,
nel nostro paese vengono scoraggiati per il peso preponderante delle lobbies
farmaceutiche e degli interessi dei baroni universitari.
Colpisce e
ferisce che tanta tracotanza si ritrovi in una parlamentare eletta sì nelle
liste del Pd ma che, come componente della pattuglia radicale, dovrebbe
avvertire la responsabilità di una storia di nonviolenza, libertarismo,
antidogmatismo e ragionevolezza , una storia che fu degnamente incarnata da una
battagliera esponente, ahinoi messa di proposito nel dimenticatoio, come Adele
Faccio.
Forse se
l’on.Farina Coscioni la smettesse di essere infatuata dall’ideologia
vivisezionista e di lanciare fatwa nei confronti di chi umilmente intende
esprimere una visione della scienza e della ricerca differente dalla sua (come,
tra l’altro, faticosamente, ma con grande coerenza, cercano di fare, tanto per
restare in ambito radicale, l’on. Elisabetta Zamparutti e la sen. Donatella
Poretti) e si fermasse un attimo a riflettere, si renderebbe conto che è anche
a causa dell’inefficacia e del fallimento della sperimentazione animale che,
purtroppo, è morto quel Luca Coscioni, di cui porta il cognome, che s’impose
alla pubblica attenzione per il coraggio, la dignità e l’intelligenza di non
nascondere la propria malattia ma, al contrario, di farne strumento di lotta e
iniziativa politica.
La
vivisezione ha prodotto errori macroscopici, ormai sotto gli occhi di tutti,
dai numerosissimi medicinali messi in vendita e poi tolti dal commercio per i
gravissimi effetti prodotti sull’uomo (comprese le malformazioni e le morti) ai
cento vaccini anti-aids, prodotti sacrificando macachi, totalmente
inutilizzabili sull'uomo.
I
vivisettori, prendendo per i fondelli la gente, affermano che, se non si sperimentasse
sugli animali, bisognerebbe farlo sugli esseri umani. È una macroscopica
falsità perché, in realtà, in tutto il mondo le leggi impongono la
sperimentazione umana dopo quella animale. Ciò prova indiscutibilmente che non
possiamo fidarci dei dati sugli animali.
Viene,
allora, legittimo chiedersi se sia medievale chi, basandosi sui dati (fatti e
documenti, non parole) della ricerca scientifica più avanzata, chiede che si
cambi rotta rispetto a criteri rivelatisi antiscientifici o non piuttosto chi
si abbarbica su ideologie degne della peggiore inquisizione, impartendo anatemi
a destra e a manca. La vivisezione, che solo chi è in malafede vuole
distinguere dalla sperimentazione animale, cominciò ad essere esercitata da
Galeno Claudio di Pergamo (129-200 d.C.). Questi, infatti, non potendo
sezionare cadaveri umani per le proibizioni della Chiesa, fece ricorso agli
animali. Le sue conoscenze valide, come la consapevolezza che la condizione
organica è influenzata dalla psiche, derivarono, però, dall’osservazione
clinica, dai suoi contatti con i malati e non di certo dalle torture inflitte
ad altri animali. La maggior parte degli errori da lui tramandati derivava,
infatti, dall’illusione che animali di altre specie potessero fornire dati
validi anche per l’uomo. Così non è, perché nessuna specie animale, compreso
l’uomo, può essere modello sperimentale per un’altra, per il semplice
motivo che tra le diverse specie esistono differenze fisiologiche e differenze
di reazione alle sostanze sia chimiche che naturali. Galeno riteneva che il
sangue venisse prodotto dal fegato e, sebbene ne riconoscesse la circolazione,
era convinto che le vene e le arterie non fossero tra loro collegate e il
sangue fluisse da un atrio all'altro del cuore attraverso micropori invisibili
presenti nel cuore stesso. Studi successivi, eseguiti su cadaveri umani,
smentirono molti di questi errori. Tra l’altro, l’anatomia del suo tempo era
convinta che la donna avesse due uteri: uno per i feti maschi, l'altro per le
femmine… Ma il suo errore peggiore, responsabile, nel Medioevo, di grandi
epidemie, fu l'abbandono delle regole igieniche. Secondo Galeno, infatti, gli
animali vivono benissimo senza lavarsi, le loro ferite si rimarginano
spontaneamente e devono essere infettate deliberatamente grazie ad un pus che
ne procurerebbe la guarigione.
Chi in pieno
Medioevo osava giudicare negativamente l’opera galenica, considerata
inappellabile, era tacciato dalla Chiesa come un eretico.
La storia si
ripete e non è un caso che l’on. Farina Coscioni abbia trovato sponde in
colleghe come l’on. Binetti, nota esponente del fondamentalismo ad oltranza.
Tra l'altro, anche i settori della cosiddetta ricerca scientifica che
(erroneamente) negano caratteristiche mentali (e psicologiche) nelle altre
specie animali, non possono fare a meno di presupporle nello svolgimento della
propria attività. Se, infatti, gli altri animali vengono assunti come “modelli”
validi per testare il dolore umano, è lapalissiano che debbano essere portatori
di stati mentali e di coscienza simili a quelli dell'uomo. Tertium non datur.
Negarlo significa inficiare la “sperimentazione”, ammetterlo comporta
riconoscerne l'efferatezza.
Nonostante
siano state ormai scientificamente dimostrate la fallacia, l’inutilità e la
barbarie della sperimentazione animale, nonché la sua pericolosità per la
stessa specie umana, nei nostri laboratori entrano ogni anno un milione di
animali, quasi tremila al giorno. Vengono sottoposti ad esperimenti per la
ricerca di base, a test sui farmaci e sulla tossicità (comprese le sigarette e
i gas usati in guerra). Proseguire su questa strada, in un momento in cui le
nuove conquiste scientifiche ci consentono valutazioni di gran lunga più
affidabili, più complete e più rapide (nonché più economiche) di quelle fornite
dagli animali, significa, oltre che incaponirsi in un’inqualificabile barbarie,
sperperare risorse economiche, produrre un ritardo irrecuperabile nella ricerca
scientifica. Riferendosi alla vivisezione, Albert Einstein, che non faceva di
certo il parlamentare ma lo scienziato, premio Nobel per la fisica nel 1921,
affermò che “nessuno scopo è così alto da giustificare metodi così indegni”.
Se davvero
non è così crudele, oltre che inutile, perché non si dà la possibilità di
visitare gli stabulari, i laboratori, perché anziché operare nella segretezza
non lavora tra pareti di vetro? Entrare in un laboratorio di vivisezione è
impresa quasi impossibile, anche quando si vuole concordare la visita. I
giornalisti di Report, quando hanno registrato una trasmissione sulla
vivisezione, non sono riusciti ad entrare nei laboratori dell’Istituto
Superiore di Sanità. Non è alquanto strano per un’attività che da chi la
pratica viene considerata lodevole e ben condotta?
Ma già, è
vero, noi apparterremmo al medioevo…
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