Una lettura politico-culturale del libro (Rubbettino) di Valter Vecellio
* sintesi dell’intervento di Giuseppe Moscati *
«Chi sono i suoi amici politici?» chiede un giovane Roberto Gervaso a Marco Pannella[1] e lui: «Tutti i socialisti laici, libertari, umanisti». E allora ecco almeno un buon motivo per spiegare – forse prima a me stesso che a voi – il motivo per cui mi trovo a parlare di Pannella attraverso gli occhi di Valter Vecellio. D’altra parte è proprio quest’ultimo a scrivere: «“Cugini”, e forse qualcosa di più, radicali e socialisti; e per questo, spesso, i rapporti sono conflittuali, come si addice ad ogni buona famiglia, senza risparmiarsi nulla»[2], dove il minimo comun denominatore rimane quello del socialismo libertario in virtù del quale abbiamo conquistato «quel poco o quel tanto che in questo Paese si è riusciti a fare nel campo dei diritti civili, di libertà, delle regole che ampliano il ventaglio delle nostre possibili scelte e “governano” la nostra vita»[3]. In questo senso possiamo guardare a Marco Pannella come a un infaticabile attivatore del “potenziale democratico” che spesso rimane compresso e mai del tutto esploso, dalle diversificate forme: radicali, appunto, socialiste, socialdemocratiche, “progressiste”, liberali…
Colpisce prima di tutto la paradossale inscindibilità Pannella-Partito Radicale («Pannella è il Partito Radicale, il Partito Radicale è Pannella»[4]). Se è vero che il leader radicale ha una sua statura politica ben definita, una longevità politica davvero impressionante e un carisma tale da farsi considerare come un battitore libero nato, è vero anche che risulta impossibile svincolarlo del tutto dal contesto concreto della lotta socio-politica di un partito che è, sì, da sempre minoritario e tuttavia ha messo la firma – l’espressione calza a pennello considerando qui la centralità dell’elemento referendario per l’intera vicenda radicale italiana – sulla gran parte delle conquiste civili e democratiche nostrane.
Leggendo più da vicino i temi radicali che bene emergono da questa biografia, è utile individuare innanzitutto cinque punti che costituiscono la parte sostanziale del programma politico pannelliano:
1) il ripensamento critico del ruolo dei partiti (no allo Stato dei partiti, cioè no alla partitocrazia) e relativa valorizzazione della dignità del Parlamento (Stato di diritto);
2) la tutela dell’autonomia del cittadino, rinforzata dallo strumento del referendum (no alle ingerenze dello Stato);
3) la battaglia di laicità per uno Stato non confessionale (no alle ingerenze della Chiesa);
4) la difesa di un’informazione libera (Radio Radicale come felice esperienza di democrazia diretta);
5) la coniugazione di diritti civili e libertà (valore della Costituzione), che Vecellio considera gli architravi del pensiero pannelliano[5].
Ripartirei proprio da quest’ultimo punto per sottolineare un aspetto cui tengo in maniera particolare. Tanto i diritti civili che la libertà sarebbero contenitori vuoti se non fossero gli uni e l’altra ricercati per mezzo di una strategia nonviolenta. Non a caso “per mezzo di”: come ci ha insegnato Aldo Capitini – con buona pace del cinico Principe di Machiavelli –, se il fine aspira a essere veramente nobile ha da sostanziarsi imprescindibilmente di mezzi altrettanto nobili.
Pannella è in primis l’uomo dei mille digiuni, ma tutti digiuni – questo è un elemento cui prestare attenzione – non di mera protesta, bensì (pieni) di proposta. Ma, verrebbe da dire, non solo digiuni: egli è anche l’uomo dei sit-in, delle manifestazioni, delle contro-inaugurazioni... Del resto egli è uno che, per sua stessa ammissione (intervista a Panorama, 1975), fa politica sui marciapiedi. Prevalentemente e preferibilmente.
Tornando al tema della laicità, passaggio obbligato di ogni politica che voglia farsi disincantata e responsabilmente adulta. Le forze radicali, insieme a quelle socialiste e a quelle realmente progressiste (e non solo a parole e per vuoti proclami) in Italia, non hanno mai dimenticato questa imprescindibile e ardua battaglia per una laicità integrale. Eppure Pannella, questo emerge molto nitidamente dal libro, l’illuminista Pannella, il Pannella della libertà di ricerca è anche colui che sente il fascino di una figura come quella di Romolo Murri, un cattolico ‘inquieto’ e sacerdote non a caso scomunicato[6] che gli suggerisce che la laicità integrale e autentica, lungi dal ridursi a un acuminato laicismo, è soprattutto quella che libera, non quella che esclude o azzera chi non la pensa come noi.
[1] L’intervista è stata pubblicata in R. Gervaso, Il dito nell’occhio, Rusconi, Milano 1977; ora in V. Vecellio, Marco Pannella. Biografia di un irregolare, Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2010, pp. 96-98 (qui citazione da p. 97).
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