In merito al possibile arrivo in Umbria di un punto vendita IKEA sono state sollevate obiezioni o avanzate preoccupazioni dalle associazioni di categoria del commercio, dalla legacooperative, da alcuni sindacati e da parti politiche sulla carta agli antipodi come Forza Nuova e RC. Sarebbe paradossale che nella nostra regione, la multinazionale svedese ricevesse lo stop per motivi di carattere ideologico e in base una visione autarchica dell'economia. Ci si deve di certo impegnare per far sì che rappresenti davvero una opportunità di lavoro per molti concittadini e che vi sia la massima compatibilità ambientale, ma porre ostacoli paventando la conseguente crisi della piccola impresa umbra del settore non sembra accettabile. Innazitutto per le stesse aziende nostrane che hanno solo da guadagnare da una possibile sfida sul piano della qualità, in termini di investimenti a medio lungo termine. Ruolo delle amministrazioni locali dovrebbe essere quello di valorizzare l'artigianato non con modalità di chiusura, ma sburocratizzando e offrendo spazi e occasioni per promuovere a partire dai centri storici quella che va considerata una risorsa sulla quale investire per rilanciare la competizione internazionale dell'impresa umbra. Inoltre resterebbe inspiegabile, o forse lo è fin troppo, la schizofrenia nel permettere il diffondersi frenetico e spregiudicato di centri commerciali intorno a Perugia in questi anni (emblematico anche per l'impatto sulla viabilità è stata l'Ipercoop di Collestrada) e ora scandalizzarsi e proibire nel caso dell'IKEA, presente addirittura anche in Cina .
Tommaso Ciacca, della Direzione Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni
Liliana Chiaramello, segretaria di Radicaliperugia.org
Francesco Pullia, della Direzione Nazionale di Radicali Italiani
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